L'estro del Mancio, nel bene e nel male. Ma è ufficialmente finito il piattume
Una vittoria, due pareggi e due sconfitte in campionato. Una vittoria sofferta ed un pareggio che l'arbitro non ha voluto fosse sconfitta, in Europa League. Questo il bilancio di Roberto Mancini dopo poco più di un mese dal suo ritorno all'Inter e con la sosta natalizia a dire stop per un paio di settimane. E allora sarebbe giustificato pensare, anche ad alta voce: dov'è il miglioramento? Era necessario il cambio tecnico, investendo tanti soldi su un allenatore invece che su dei giocatori? La risposta è si. Comunque, si.
In poco più di un mese il mondo Inter è cambiato notevolmente nonostante la squadra comandi ancora la classifica più triste, quella della parte destra. Roberto Mancini, forte di un palmares carico di vittorie e maturato soprattutto grazie all'esperienza in Premier League, sta cercando di trasformare l'Inter in una squadra propositiva, capace di scendere in campo senza paura, con la mente sgombra. Il materiale tecnico a disposizione, al momento, non è certo funzionale alla “mission” del tecnico di Jesi, ma proprio per questo, intanto, si sta lavorando per la costruzione di un gioco offensivo e divertente che restituisca alla gente nerazzurra la voglia di tornare allo stadio. Mancini è stato un grandissimo calciatore, fantasioso ed estroso. Una da Inter, insomma anche se le strade tra il Mancio giocatore ed il club milanese non si siano mai incrociate, pur sfiorandosi.
E' successo quando ha deciso di intraprendere la carriera di allenatore, ottenendo subito risultati importanti sulle panchine di Lazio, come vice di Eriksson, Fiorentina e ancora Lazio. Moratti coronò il suo sogno, vestendolo di nerazzurro, anche se nelle vesti di tecnico e non più di fuoriclasse sul campo. Ma la fantasia e l'estro del Mancio ebbero modo di manifestarsi anche in panchina, con un bottino di tre scudetti consecutivi, due Coppe Italia e due supercoppe Italiane, prima del traumatico addio, figlio delle dichiarazioni post Inter-Liverpool. Mancini aveva però consegnato a Josè Mourihno una squadra che finalmente sapeva cosa volesse dire vincere, dopo troppi anni di oblio, anche a causa delle note vicende extra-campo. L'estro e la fantasia sono ingredienti che il Mancio sta usando in maniera ancora più sostanziosa nella sua seconda versione nerazzurra.
Proprio perchè, non avendo a disposizione i fuoriclasse di un tempo, il tecnico sta cercando di costruire almeno un copione da grande squadra. Ma tutti i grandi artisti hanno dovuto fare i conti con le famigerate stecche, quelle che regalano fischi impietosi dai loggionisti. Succede quando è il più bravo a sbagliare. Parliamoci chiaro, la formazione partorita da Mancini contro la Lazio era l'emblema di un estro esagerato e quindi negativo. Se la squadra aveva vinto e trovato un certo equilibrio a Verona sponda Chievo, seppur senza esaltare, perchè cambiare togliendo un ruba palloni come Medel e proponendo un 4-1-4-1 con Dodò terzino, Kuzmanovic davanti alla difesa, Kovacic e Guarin centrali a metà campo con Palacio e Nagatomo ai lati e Icardi unica punta. La Lazio, dotata di giocatori tecnici e veloci, maestri nel ripartire, ci ha messo poco ad andare sul 2-0 sfruttando la vena di un nuovo campione chiamato Felipe Anderson. Mancini giustificava le scelte in sala stampa con un laconico: “Si può giocare con Medel o senza Medel. L'importante è l'atteggiamento”. Ecco, anche a costo di incappare in una figuraccia, il tecnico vuole una squadra che non si adagi su determinate sicurezze, prima mentali e poi tecnico-tattiche. Vuole una squadra che sappia muoversi da grande, sempre e comunque.
Ma siccome il calcio alla fine è un gioco anche semplice, ecco che l'ingresso di Medel al minuto 44, il cambio di modulo, il ritrovato equlibrio, i gol di Kovacic (spettacolare) e Palacio (bentornato Trenza), hanno portato l'Inter ad agguantare il pareggio con una spettacolare rimonta che con un pò più di fortuna e con un Marchetti meno in palla, avrebbe regalato tre punti. Ma anche con il pareggio, i fischi ascoltati al termine del primo tempo si sono trasformati in applausi, i tifosi dell'Inter sono tornati ad emozionarsi, l'elettroencefalogramma non è più piatto. Con Roberto Mancini ora si va allo stadio con nuovi stimoli, prima si conosceva l'intera trama del film al primo fotogramma e il cinema era sempre più vuoto. Ora sosta, poi mercato di gennaio.
Il Mancio attacca anche con la società, chiede due esterni forti e magari un centrocampista. Mancano i soldi? C'è il rischio di sbattere la testa contro i fastidiosi paletti imposti dal Fair Play Finanziario? Estro e fantasia, allora. Anche in sede di mercato, argomento che il tecnico non evita, anzi. L'Inter di Mancini ancora non decolla per quanto riguarda i risultati, ma tanto è cambiato rispetto a poco più di un mese fa. Si respira aria fresca che fa ben sperare, anche se la ripresa del campionato coincide con la Befana in casa della Vecchia Signora. Solo un caso? Intanto buon Natale a tutti, belli e... brutti. Quindi anche a milanisti e juventini.
Maurizio Pizzoferrato