L'importanza di chi resta
L'Inter del "Conte bis" ha delineato i suoi obiettivi, reali e concreti, sul mercato. Ufficializzati Hakimi e Kolarov, trattenuti Sanchez e Sensi, resta da mettere davvero le mani su Vidal e capire se e cosa è possibile tentare per Kanté, il vero sogno del tecnico. Resta, in realtà, anche da capire il futuro di due cavalli di rientro come Perisic e Nainggolan (che dopo aver espiato i loro "peccati" lontano da Milano potrebbero avere la loro seconda chance, con il belga, in particolare, che potrebbe portare il uso contributo di muscoli e carisma a un centrocampo di qualità e da battaglia) così come resta da definire il futuro, nerazzurro o meno, di Brozovic. Il grosso del mercato si sviluppa attorno a questi nodi senza dimenticare l'importanza di un attaccante che possa rappresentare un'alternativa affidabile a Lukaku.
Se si parla di cose importanti, però, non meno lo sono coloro che rimangono e che continueranno a rappresentare pilastri di una squadra che punta a migliorarsi e ad alzarsi dal gradino dei secondi posti. Perché se è vero che per migliorarsi si pensa alla qualità dei nuovi arrivi, non meno essenziale è poter continuare a contare su chi ha dimostrato affidabilità, crescita, potenzialità. Da De Vrij eletto miglior difensore della Serie A, a Bastoni che ha sorpreso tutti alla sua prima stagione ad alti livelli; da Barella che ha dimostrato di aver fatto molto più di un salto di qualità a Lautaro che finalmente, al primo anno da titolare dopo il tirocinio da vice-Icardi, ha messo in tavola le carte del suo talento e dei suoi gol. Perché una squadra che vuole migliorarsi è anche una squadra che non si priva dei suoi gioielli.
Detto che gli incedibili non esistono più nel calcio di oggi, e di fronte a un Barcellona capace di esprimere tutta la sua potenza economica e il suo fascino calcistico probabilmente non sarebbe stato incedibile nemmeno Lautaro, il fatto che il Toro sia vicinissimo alla permanenza e al rinnovo è notizia assai positiva. Perché in una sola stagione ha fatto miglioramenti impressionanti e la sua età fa pensare che altri e ulteriori ne possano arrivare, perché con Lukaku ha un affiatamento e un'intesa come è raro trovare nelle coppie d'attacco e perché le partite di gloria dei nerazzurri hanno sempre coinciso con le migliori prestazioni offerte dai due attaccanti titolari (e questo semmai è un problema che il tecnico dovrà porsi e risolvere: come segnare, vincere e imporsi anche nelle fasi di Lu-La calante quando cioè l'argentino e il belga non sono nella loro giornata migliore, tipo la finale di Europa League).
Un'altra permanenza possibile, anzi auspicata, è quella di Eriksen che in nerazzurro di fatto deve ancora esplodere. Avere un giocatore così in rosa senza saperne sfruttare le qualità è un delitto di lesa maestà. Vero che un allenatore deve avere a disposizione giocatori che ritiene funzionali ma vale anche il contrario: tanta bellezza calcistica, come quella disegnata dalle giocate del danese, costringe un allenatore a trovargli il modo e il tempo di esprimerla e di far sì che la squadra ne benefici. Eriksen non può essere l'innesto del secondo tempo quando le partite sono già indirizzate ma deve essere il punto fermo di una squadra che vuole unire ai muscoli e alla cattiveria agonistica di certi suoi centrocampisti, i piedi educati e ispirati di altri. Tra questi ci sono anche quelli di Sensi, uno che di fatto lo scorso anno ha giocato fino al 6 ottobre per poi sparire tra infortuni, ricadute e mancanza di condizione. Ad agosto Conte si è giocato l'Europa League puntando tutto sul gruppo più affidabile possibile e senza valutare esperimenti e cambi di rotta, anche perché il ritmo serrato delle partite non lo consentiva. Ma la nuova stagione che inizia non può prescindere dal talento danese arrivato a gennaio e trovatosi, suo malgrado, tra difficoltà impreviste e poco spazio per imporsi.
Così come da quello dell'ex Sassuolo ritrovato e pronto a formare con Barella una coppia duratura e di gran belle speranze, per l'azzurro oltre che per il nerazzurro. Così come era giusto dare a Conte la possibilità di portare avanti un progetto che ha dato dei frutti e che comunque è stato portato avanti tra le mille difficoltà di un'annata tragica e anomala, così è doveroso puntare ancora su chi ha fatto vedere lampi di luce nonostante, appunto, tutte le difficoltà: perché l'Inter del primo Conte ha fatto vedere di saper vincere e persino giocare bene (quel primo tempo a Barcellona non è stato un caso e non può essere cancellato). Per questo sono doverosi i rinforzi che portano esperienza, carisma e doti calcistiche. Ma altrettanto doveroso è puntare si chi c'era ed è rimasto. Pronto a riprovarci e persino a migliorarsi.