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L'ingiocabile bella Aurora. Che si punge ancora e si intrappola da sola

di Egle Patanè

Mentre il termine ingiocabile trova un posto nel dizionario Treccani come neologismo 2025, l’Inter continua ad essere sempre più 'giocabile' e battibile. A Riad la squadra di Chivu incassa il sesto ko stagionale, saluta il primo potenziale trofeo seguendo la scia dei cugini del Milan e rientrando 24 ore dopo i rossoneri nella grigia Lombardia prima che la Supercoppa venga assegnata secondo il principio di base che vede campioni d'Italia e vincitori della Coppa Italia deputati alla contesa con buona pace di formule amene nate per esportare il prodotto e che poi consegnano alle telecamere un pubblico dalle idee poche e confuse. Nell’atto finale della competizione i protagonisti saranno difatti gli stessi che la vecchia formula avrebbe decretato: vincenti della Serie A vs vincenti della Coppa Italia. In finale vanno Napoli e Bologna, Milan e Inter indossano l’abito di Bonnie e Clyde: 2,4 milioni d’incasso a testa e via di fuga verso Milano. 'Prendi soldi e scappa, via di qui, lontano dai guai' direbbero Noyz e Salmo, ma i guai dei nerazzurri non spariscono lasciando l’Arabia e al contrario la partenza in anticipo rispetto agli auspici dal Medio Oriente sancisce un guaio bello evidente: l'Inter non riesce ad essere più temibile e quell’aura di imbattibilità che si era costruita con gli anni non gode più dello stesso bagliore. E pensare che un anno fa si parlava di ingiocabilità, non a torto in taluni casi. Casi che col tempo hanno cominciato ad essere sempre meno frequenti nei big match, statistica che all’alba del 2026 sembra non essere più una coincidenza.

Certo, regge ancora a favore dei ragazzi di Chivu l'evergreen alibi dell’imprevedibilità che i rigori impongono, alibi che però tende a perdere intensità e valenza tenendo conto dei numeri: tre rigori su cinque sbagliati, e non per particolare merito del portiere. Nota a piè di pagina che non vale il piè di pagina, ma una sottolineatura a penna rossa che la dice lunga, specie tenendo conto che a sbagliare dagli undici metri sono stati due veterani su tre. Se il tiro di Bonny lascia ancora la debole, debolissima, attenuante della 'finta mal riuscita' che s'infrange comunque contro la mollezza del tiro, quelli di Bastoni e Barella non trovano giustificazioni a nessuna latitudine del globo: uno più inspiegabile dell’altro e di sicuro uno più inguardabile dell’altro. Mezzo sbilenco il primo, totalmente fuori misura e lontano dallo specchio della porta il secondo, i tiri dei due italiani trascinano con sé il peso dell'eliminazione. Un'altra, ancora ai rigori, dopo quella di due stagioni fa in Champions League contro l’Atletico, quando a sbagliare furono Lautaro e Klaassen. Non sbaglia stavolta il Toro, che al contrario calcia un gran rigore ma si ritrova ancora una volta costretto a uscire dal campo a testa bassa e la rabbia che monta mentre gli avversari comprensibilmente esultano, e diremmo bene. Il Bologna conquista difatti la prima semifinale di Supercoppa della sua storia e si conferma bestia nera di un'Inter che inizia a sembrare avvezza a scivoloni contro i rossoblu che costano e non poco. La squadra di Italiano conquista la finale riuscendo a fare ciò in cui i meneghini non sono riusciti: 'fregare' l’avversario con astuzia e trascinarlo verso il punto debole. 

I rossoblu nei primi minuti subiscono l’arrembante Inter che segna immediatamente, gioca, ma si lascia tradire da una probabile punta di eccessiva sicurezza di sé e finisce con lo scivolare su bucce di banane disseminate in giro da sé stessa. A scrivere l'episodio X che cambia il match è ancora una volta, per qualche strano scherzo del destino che scherzo non è più, e di sicuro non fa ridere, Yann Bisseck. Il tedesco si macchia dello stesso letale errore costato lo scorso anno una fetta di scudetto nel match contro la Lazio e con un tocco di braccio in area di rigore consegna il gol del pari al Bologna che dal dischetto manda il chirurgico Orsolini al 'toc toc alle telecamere' d'esultanza. Tanto basta a inguaiare l'Inter che non trova più varchi verso la porta di un sontuoso Ravaglia che diventa insuperabile per una sera e non lascia passare nulla murando ogni tentativo dei nerazzurri che ancora una volta s'innervosiscono sbagliando eccessivamente in maniera crescente con lo scorrere dei minuti. Nervosismo e frenesia che danno origine a errori che, come fusi avvelenati pungono letalmente la 'bella Aurora', caduta nel sortilegio descritto nella fiaba di Charles Perrault e dei fratelli Grimm (o, per i più 'modernisti', nella trama del film Maleficent) e intrappolata tra il bosco di rovi che pian piano sembra crescere intorno a sé stessa, sigillandola all'interno di un castello che Chivu ha il dovere di proteggere dal suo interno come lo stesso ha dichiarato nel post partita quando ha spiegato il perché di alcune sue scelte. Ma il tecnico romeno ha il dovere anche e soprattutto di tagliare, ancora una volta, alle radici la foresta di interrogativi che sempre più folta si sta intrecciando attorno alla sua creatura: bella sì, ma talvolta evidentemente fin troppo 'naif' e di sicuro addormentata. 


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