.

L'Inter è favorita per lo scudetto. Allegri o Vidal, a chi bisogna credere?

di Mattia Zangari
Dici Crotone e pensi allo scorso 1° maggio, alla gara dello Scida con la quale l'Inter ipotecò il 19esimo scudetto, poi celebrato senza bisogno della calcolatrice davanti alla tv il giorno dopo grazie al pari tra Sassuolo e Atalanta. I gol di Christian Eriksen e Achraf Hakimi fecero esplodere di gioia Antonio Conte e prepararono la festa per le vie di Milano di Romelu Lukaku, re per acclamazione popolare nel lungo pomeriggio tinto di nerazzurro in cui Steven Zhang si distinse come primo tifoso sventolando il bandierone sul tetto dell'Headquarter di Viale della Liberazione. Un'era geologica fa, non tanto per gli 88 giorni trascorsi, quanto per tutte le grandi rivoluzioni che si sono succedute dal match ball tricolore alla sfida amichevole vinta ieri con risultato tennistico contro gli Squali. Per i noti motivi, sono stati depennati dalla distinta i nomi del danese e del marocchino, ma è riapparso quello di Big Rom, simbolo anche della nuova era targata Simone Inzaghi. Il vero segno di continuità tra la scorsa stagione e quella che deve iniziare, costellata da tanti punti interrogativi e da uno strano punto esclamativo, messo martedì da Massimiliano Allegri: "L'Inter è la favorita, di solito lo è chi vince", ha detto il tecnico della Juventus per scaricare la metà del peso della responsabilità che ha sulle spalle sul rivale più accreditato alla vittoria finale. Il più classico del gioco delle parti, dove nessuno si sente avvantaggiato rispetto agli altri, un po' per maniavantismo, un po' per la difficoltà di leggere un campionato che presenta tante novità. Tutte le big possono vincere, almeno sotto l'ombrellone, nessuna ha le credenziali per definirsi nettamente migliore delle altre. A mercato ancora aperto, nell'immobilismo generale, è allora preferibile andare sul sicuro mettendo le fiches sui campioni in carica, pur indeboliti, e i bianconeri, quarti a stento due mesi fa ma teoricamente rafforzati dall'esperienza del tecnico più vincente della Serie A in attività che va a sostituire il debuttante Andrea Pirlo.

Previsioni molto approssimative, fondate più sulle lezioni del passato che sugli indizi che (non) può fornire la stretta attualità. Logica conseguenza di una pre-season più che mai anomala, dove i nerazzurri - costretti ad annullare la tournée americana – per trovare il ritmo partita hanno dovuto organizzare in fretta e furia un allenamento congiunto con la modesta Pergolettese (8-0) e un test non proprio prestigioso con i calabresi, utile soprattutto a dare minutaggio agli internazionali che alla spicciolata si stanno unendo al gruppo. Già, perché al tramonto di luglio, ne mancano ancora tre all'appello: Barella, Bastoni e Lautaro, tre titolari che hanno sublimato un'annata da sogno vincendo un titolo anche con le rispettive Nazionali. Conteranno anche questi elementi quando si proverà a disegnare il volto del torneo che sarà, che ora ha la forma dell'entusiasmo dell'inedito (Sarri e Mourinho) da una parte e della sicurezza del vecchio dell'altra (l'Allegri-bis, le conferme di Pioli e Gasperini).

L'Inter, neanche a dirlo, è il caso di specie che si mette a metà strada: il tricolore cucito sul petto fa da contraltare ai pochi (almeno numericamente) ma significativi cambiamenti tra campo e panchina. Che Inter sarà non lo sa nemmeno Inzaghi, e l'impressione è che neanche i prossimi test daranno una mano a capire il vero livello della squadra. Ci si accontenta degli avversari trovati per caso sul percorso, in attesa di misurarsi dal 22 agosto con quelli noti almeno nel nome perché 13 squadre su 20 hanno cambiato guida tecnica. Dopo nove anni di egemonia bianconera, bissare il successo avviando un ciclo appare impresa complicata per i nerazzurri. Che dovranno conoscere se stessi prima di preoccuparsi di chi, nel caso, potrebbe detronizzarli solo dopo aver trovato una nuova identità. Intanto, visto che manca quasi un mese al via, bisogna scegliere a chi credere. Agli avversari come Allegri che fanno la faccia da poker, a quelli che fanno proclami scudetto senza crederci troppo o agli interisti come Vidal che parlano implicitamente di obbligo di conquistare la seconda stella? Impossibile capirci qualcosa ora, soprattutto quando le valutazioni sono leggere come la stagione in cui vengono fatte.
Altre notizie