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L'Inter è in costruzione. La mentalità no

di Lapo De Carlo

“Presidente manca amalgama!” “Manca amalgama? E noi lo compriamo!”. La frase attribuita a Massimino, celebre presidente del Catania, riassume in pieno lo stato attuale delle cose nerazzurre. Dopo anni di magra però riesce difficile restare composti, persino dopo alcune sconfitte in amichevole, perché credi di intravedere foschi presagi, perché qualcuno strilla e twitta che Kondogbia è sopravvalutato, Miranda è lento, Montoya anonimo, Mancini vergognoso e tu hai più voglia di credere a loro piuttosto che a una fede crollabile. Sì, perché in assenza di partite ufficiali questo pre-campionato lo ricorderemo come un avvertimento inascoltato o l’esempio di quanto siano fallibili e risibili le convinzioni agostane.

Ma è inevitabile che qualche  elemento risulti più evidente di altri e sintomatico di situazioni non facilmente risolvibili. L’Inter non segna mai. In quattro amichevoli di lusso le occasioni sono capitate e questa è la notizia migliore ma, come lo scorso anno in campionato e coppa, vengono fallite azioni incredibili in modo davvero preoccupante con giocatori che mancano il bersaglio per mancanza di freddezza, precisione e quel cinismo che rende grande una squadra. Al contrario nei pressi dell’area avversaria, tra centrocampisti e attaccanti la tendenza è quella di darla al compagno che ceca un altro compagno che però ne vede smarcato meglio un altro e poi sbaglia. Nella gara col Galatasaray si sono sommate un discreto numero di scelte sbagliate, figlie di una mancanza di cattiveria che proviene da lontano. E questo non è un dato trascurabile perché rivela una mentalità superficiale, approssimativa, inadeguata al tipo di aspettativa che gli stessi giocatori hanno verso una stagione importante per tutti. Mancini spinge la squadra a costruire, a tenere il gioco ma non ha una squadra così forte per potersi permettere di essere dominante. Perciò all’avversario di turno non resta che aspettare un errore e fare bella figura.

L’Inter non ha un fulcro, un gruppo da cui ripartire, che rappresenti il carisma e la forza di una squadra nei momenti difficili. Dopo un gol preso i giocatori hanno l’aria di chi dice all’altro: “non guardare me”. Non sono uno di quelli che reclama gli italiani all’Inter ma un nucleo di giocatori forti della stessa nazione sì. E’ bello vedere il meltin pot interista ed è anche un bel messaggio all’ipocrisia dei patriottismi pelosi, quelli che fanno sarcasmo verso l’Inter mai italiana e che quando ti vogliono piazzare un discreto o buon giocatore tricolore lo valutano 20 milioni (Bertolacci), 30 milioni (Romagnoli), 8 milioni (Baselli). Poi si stupiscono che si vada a comprare all’estero. Tuttavia manca proprio un gruppo coeso e riconoscibile che sia un punto di riferimento. Troppi giocatori d’esperienza silenziosi (Palacio) o mugugnanti (Handanovic) o con le mostrine senza essere un simbolo (Ranocchia).

Kondogbia ha solo 22 anni è costato una cifra importante, ha un plotone di istigatori pronti a insinuare che non valga il prezzo insieme ad altri che evidentemente non lo hanno mai visto giocare. Ma è un  centrocampista di grande personalità, dalle movenze erculee e con la predisposizione alla presenza gladiatoria. Ma non ora, non in questa fase di amichevoli dove pure si nota la volontà. Mi convince la posizione di Kovacic a patto che si prosegua in quello che non deve essere un esperimento ma la certezza. Non importa cosa dicono i tifosi, tanto quelli che hanno da polemizzare su Kovacic lo faranno sempre. E’ una questione più filosofica che di conoscenza del calcio. Mi sono rassegnato a vedere questo tipo di discussioni su giocatori di talento massacrati storicamente dalla stessa parte di pubblico e critica che ne reclama attitudini da fuoriclasse le quali, se non evidenziate, a loro dimostra che sono scarsi. Le vie di mezzo sono per questa nutrita categoria manichea una perdita di tempo.  

Non so quanto sia giusto parlare troppo dei singoli in questo periodo e credo che il valore di un giocatore non sia una scienza esatta. Per questo ritengo che Brozovic e Montoya parlino una lingua diversa dal resto della squadra. Il croato è puntualmente impalpabile per motivi che dipendono forse più dal modo in cui gioca la squadra che dal suo talento.
Non ha grande personalità, non fa mai cose trascendentali e cerca di ragionare ma pensa sempre troppo e si comporta come un tizio che si trova per caso in un autostrada con la bicicletta. Montoya al momento fa il compitino, ha un bel cognome, viene dal Barcellona ma si comporta come se giocasse in quel modello di gioco. Il paradosso della serata è stato Miranda superato da un Podolski che ha servito a Sneijder il gol della vittoria. Ma voglio tranquillizzare chi non ha visto la partita, il tedesco ha giocato con lo stesso rendimento visto all’Inter.

In definitiva i progressi ci saranno ma temo che la costante sarà la mancanza di mentalità vincente, di decisione sotto porta, di forza dopo i gol presi, di tenacia nelle partite da sbloccare, di rabbia nel pressing da fare continuamente e non istericamente. Non sono cose che si possono creare facendo rivoluzioni. 


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