L'Inter è una cosa seria. Radja avvisato, mezzo salvato
Partiamo subito con il commento sulla notizia che regala le prime pagine all'Inter, come spesso accade, nel bene o nel male. La società ha punito Radja Nainggolan, reo di essersi presentato in ritardo all'allenamento mattutino, seduta che seguiva il pareggio-sconfitta di Verona sponda Chievo, gara a cui il Ninja aveva partecipato per circa un'ora lanciando, a mio avviso, buoni segnali, dopo le troppe assenze per infortunio. Non era la prima volta che il belga non brillava per puntualità, fatto sta che il club ha deciso di applicare un sacrosanto regolamento interno nonostante l'entità della punizione estrometta di fatto Nainggolan dalla sfida di mercoledì contro il Napoli, squadra che occupa il secondo posto con otto punti di vantaggio sui nerazzurri.
Tafazzi si è impossessato della Pinetina? Non è da folli rinunciare in una gara così importante al giocatore acquistato in estate per fare la differenza? No, se le “marachelle” non sono coperte da vittorie e grandi prestazioni. Il libro del calcio racconta che molti grandi campioni siano stati direttamente proporzionali a comportamenti non integerrimi. Pensiamo a Diego Armando Maradona o, rimanendo a ciò che più sta a cuore, al pianeta Inter. Qualche eroe del Triplete nerazzurro ne combinava di cotte e di crude, ma il Vate di Setubal, alias Josè Mourinho, non infieriva sul piano disciplinare, perché
sapeva che poi in campo si sarebbe scritta una storia leggendaria.
Nonostante siano passati “solo” otto anni, quella storia sembra preistoria, nel frattempo la Beneamata ha disputato stagioni anonime, abbiamo assistito a cambi di proprietà e tanti, troppi, cambi di allenatori. Da quando si è insediata Suning le cose stanno migliorando. Molto lentamente, purtroppo, ma stanno migliorando. Si è tornati in Champions League, si sta per uscire dal settlement agreement imposto dal Financial Fair Play, il pubblico accorre al Meazza numeroso, si respira un futuro roseo. Ma il futuro roseo si costruisce con un presente che non può più ammettere errori grossolani. Radja Nainggolan non è Maradona e nemmeno uno di quelli che ha fatto impazzire di gioia i tifosi dell'Inter in quel maggio 2010. Il belga è un grande giocatore che però in carriera non ha vinto nulla e se a 30 anni suonati non avesse l'ambizione di alzare finalmente un trofeo con una squadra storica come l'Inter, allora bisognerebbe ridiscutere molte cose.
Chi scrive è stato e continua ad essere un convinto sostenitore dell'operazione che ha portato l'ex romanista all'Inter, sono certo che con lui in campo in buone condizioni fisiche, la squadra sarebbe ora agli ottavi di Champions League e molto più in alto in campionato. Ma se salti quasi tutta la preparazione estiva per infortunio, poi non puoi pensare di recuperare facendo la “solita” vita che lui giustamente rivendica. Anzi, viva la sincerità. Però se esageri non capendo il momento, metti il tuo lavoro, profumatamente pagato, in secondo piano. Il ritardo reiterato all'allenamento è poi la logica conseguenza di un modo di pensare sbagliato e, vista la situazione, la decisione del club non fa una grinza.
Ora è facile scrivere e dire che il provvedimento abbia solo un nome e cognome: Giuseppe Marotta. E' facile pensare allo sgabello punitivo di Bonucci prima di una importante gara di Champions della Juventus. Non corriamo. Marotta è bravo e contribuirà sicuramente all'aumento all'Inter di quella cultura del lavoro decisiva per il raggiungimento di grandi obiettivi. Ma alla Pinetina lavorano altri validi dirigenti e la decisione credo sia stata presa di comune accordo. Anche con il benestare dell'allenatore, primo sponsor di Radja Nainggolan. Detto questo, la grande società che sceglie di far esplodere un caso, sa anche farlo rientrare prima possibile. Traduzione: a meno che non emergano fatti più gravi nelle prossime ore, penso ad un Nainggolan in campo e decisivo, sabato 29 dicembre ad Empoli.
La stagione è ancora lunga, l'Inter deve tornare in Champions e provare a vincere Coppa Italia ed Europa League. Ma anche solo per provare, serviranno i migliori interpreti e la squadra ha bisogno di Nainggolan come Nainggolan ha bisogno dell'Inter per tornare un grande giocatore. Sempre che ne abbia ancora voglia. Chiuso il capitolo, andiamo ad analizzare quanto successo nel Bentegodi semivuoto, sia perché pochi sono i tifosi del Chievo, sia per l'assenza voluta degli ultrà dell'Inter che protestavano contro i 50 euro più diritti di prevendita, necessari per poter accedere al settore ospiti. Una protesta che avrà un seguito se i padroni del vapore non smetteranno di pensare al calcio solo come business, dimenticando che la giostra prima o poi si fermerà definitivamente senza la passione popolare.
Il campo ha detto che l'Inter ha buttato nel cesso due punti come troppe altre volte è successo. Gara giocata discretamente, si passa in vantaggio, si fallisce a più riprese il raddoppio, ma poi permetti in pieno recupero al Chievo di pareggiare meritatamente. Si, meritatamente, perché l'ultima in classifica messa bene in campo dall'interista Di Carlo, ha lottato fino alla fine mettendo a nudo tutti i limiti di mentalità che ancora condizionano il rendimento dei nerazzurri. Il goffo calcio d'angolo battuto da Marcelo Brozovic poco prima della puntura dolorosissima di Pellissier, è un po' la fotografia di come spesso l'Inter non sappia vincere partite già vinte.
In un momento come quello, mai devi pensare di poter regalare la palla all'avversario, il tuo cervello deve avere solo un obiettivo, la vittoria. E invece, anche l'ottimo Brozo, nell'attimo decisivo ha evidentemente peccato di concentrazione ed è scivolato. Oltre alla poca cattiveria sotto porta e all'incapacità di segnare il gol che chiude match del genere, a questa Inter manca una giusta lettura delle partite nei momenti cruciali. Spalletti ha riproposto nel finale di gara Matias Vecino e l'uruguaiano, forse eccitato dal fatto di essere tornato abile dopo il fastidioso infortunio, ha giocato come se si fosse a inizio gara, tentando sempre una difficile verticalizzazione per Icardi e il subentrato Lautaro Martinez, invece di far girare il pallone come sanno fare le grandi squadre in vantaggio a pochi minuti dal termine.
L'unico errore compiuto da Skriniar e de Vrij con la complicità di D'Ambrosio con conseguente rete di Pellissier ci può stare nel contesto di una partita. Imperdonabile, ad un certo punto, mettersi a specchio con il Chievo, accettando un pericoloso ping pong che logicamente favoriva la squadra meno tecnica, ma più tonica. I dati positivi riguardano la conferma di Mauro Icardi come attaccante totale, anche se lo preferisco come killer d'area di rigore, e il ritorno al gol di Ivan Perisic che, dopo la rete segnata, è tornato a giocare come da tempo non faceva. Ma il risultato condanna l'Inter che nelle ultime quattro trasferte ha racimolato solo due punti.
Fortunatamente non c'è nulla di gravissimo, la squadra è terza con cinque punti di vantaggio sulla Lazio, quarta. Ma sono diventate sedici le lunghezze di distacco dalla Juventus e otto dal Napoli, prossimo avversario. E' vero, solo un pazzo poteva pensare allo scudetto e arrivare secondi o terzi nulla cambia nella sostanza, ma molto cambia nella forma. Abituarsi a guardare lontanissimi, avversari tradizionali quando il girone di andata non è ancora terminato, non fa bene al processo di crescita e alla costruzione di una mentalità vincente. Tornare comunque in campo mercoledì nel primo boxing-day italiano, sarà un bene per non rimuginare troppo sul gol del quarantenne Pellissier. E Inter-Napoli, nel solito Meazza strapieno, ha sempre il suo fascino.
Intanto Buon Natale.
Anche a chi interista non è.