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L'Inter ha perso tanti giocatori forti, allora perché si parla di scudetto come grande obiettivo della società?

di Mattia Zangari

"Abbiamo perso tanti giocatori forti". Federico Dimarco ha usato parole precise come i suoi cross di mancino per fotografare quello che sta succedendo in questa strana estate interista. Così atipica che dall'altra parte del mondo, in Giappone, i nerazzurri, alle 12.20 italiane odierne, si troveranno di fronte una squadra della Saudi Pro League, l'Al-Nassr, che, oltre ad annoverare tra le sue fila tale Cristiano Ronaldo, ha da poco messo al centro del suo scacchiere tattico Marcelo Brozovic. Uno dei play più forti d'Europa da qualche anno a questa parte, salutato a denti stretti da Piero Ausilio, con un "Grazie, ma è il passato", dopo aver incassato appena 18 milioni di euro, briciole per le cifre che circolano. Martedì prossimo sarà la volta di un altro ritorno al passato, l'incontro con il PSG di Milan Skriniar, perso a zero con tanto di vendetta di Nasser Al-Khelaifi che un anno prima offriva 50 milioni di euro per comprare un giocatore in scadenza di contratto. Chissà se, poi, in Champions League i destini si incroceranno con André Onana, neo portiere del Manchester United, ceduto per realizzare una plusvalenza irrinunciabile da un club che al 27 luglio si presenta in tournée con Di Gennaro, Filip Stankovic e Alessandro Calligaris. Già, perché ha salutato pure Samir Handanovic, una delle poche certezze (anche nel male per i tifosi che cercano sempre capri espiatori) di questi anni in cui è successo tutto il contrario di tutto. Oltre all'ex capitano ha fatto le valigie anche un altro pilastro dello spogliatoio, Danilo D'Ambrosio, a cui sarebbe piaciuto restare ma che evidentemente la dirigenza non ha potuto accontentare. In Viale della Liberazione nascono tante idee, spesso spente dal corso degli eventi, per cui è quasi impossibile capirne la bontà: per esempio, sembrava dovesse arrivare Cesar Azpilicueta al posto di D'Ambro, invece la ricerca di un altro braccetto è ancora in corso. Idem quella del nove, numero che Marcus Thuram ha ereditato da Edin Dzeko, altra uscita molto sottovalutata dalla critica. La casella del quarto attaccante è ancora vuota, liberata da quel Romelu Lukaku che doveva essere l'acquisto 'condiviso da tutta l'area sportiva', a detta del diesse. Inzaghi non ne aveva fatto mistero nella conferenza stampa di presentazione della nuova stagione, ora invece dovrà fare i conti con il terzo scenario diverso nei tre anni di gestione nerazzurra: perdere Lukaku in piena preparazione, averlo a mezzo servizio solo per pochi mesi e ora trovarselo come avversario perché, con buona probabilità, finirà alla Juve. Una doppia beffa, se così andasse, che obbligherebbe tutti a riscrivere i pronostici scudetto. Non Steven Zhang che, per stessa ammissione del tecnico piacentino, ritiene la seconda stella "il grande obiettivo della società". 

Inzaghi, ottimista di natura e abituato a fare bene anche in situazioni complesse, non ha fatto una piega, dicendo con voce flebile, da Osaka, che "stiamo cercando di prepararci e rinforzarci al meglio. Abbiamo speranza di vincere il titolo". Molto lontano dai toni duri usati da Antonio Conte nel luglio 2019, quando parlò di ritardo sul mercato. Anche lì di mezzo c'era Lukaku, su cui Suning puntò forte spendendo più di 70 milioni di euro. Sempre il belga fu il simbolo del ridimensionamento due anni dopo: via per 115 mln al Chelsea, dei quali solo una piccolissima parte reinvestiti, mentre nel 2022 fu ripreso in leasing. Il resto è cronaca dei nostri giorni, che verrà consegnata alla storia il 1° settembre, quando suonerà il gong su questa sessione di mercato. 


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