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L'Inter rovina il Natale ai tifosi

di Lapo De Carlo

Come ogni anno, generalmente tra novembre e dicembre, l’Inter dilapida le illusioni, appallottola le promesse e si incarta nella sua mediocrità, dispiacendosi per i suoi risultati deludenti senza troppa enfasi, con dichiarazioni standard: “Ci rifaremo la prossima partita” e proseguendo professionalmente, in uno sport che necessita anche di emotività. 
La partita con il Chievo ultimo in classifica avrebbe potuto andare peggio solo con una sconfitta ma la percezione è più o meno la medesima.
Una partita giocata contro un avversario che nel secondo tempo ha messo l’Inter all’angolo, costringendo Spalletti a urlare e sbracciarsi, inascoltato, mentre la squadra restava lunga e si faceva sorprendere da ogni attacco, costringendo i centrali a interventi d’autore. 
Il gol preso con tutta la difesa mal posizionata e il centrocampo assente, è il simbolo di una partita giocata con quell’approssimazione che è il vero marchio di fabbrica dell’Inter di questi anni. 
Per tutta la gara la squadra di Spalletti ha perso palloni banali, ha avuto un numero quasi sospetto di malintesi, con movimenti da una parte e palla dall’altra, contrappesati da recuperi e anticipi degli stessi sui padroni di casa. A tratti la squadra ha giocato persino un buon calcio, d’altronde in casa dell’ultima è auspicabile vedere qualche triangolazione e un possesso palla che superi i trenta secondi. 
Finito il primo tempo in vantaggio si è dovuto attendere qualche minuto della ripresa per lasciar cadere le braccia lentamente, mentre i ragazzi in campo si lasciavano soverchiare dal Chievo. 
La beffa, arrivata dopo una partita in cui sono state fallite almeno tre occasioni per raddoppiare, dovrebbe far riflettere ma non è più sufficiente.
Negli ultimi due mesi l’Inter più “convincente” l’abbiamo avvistata in trasferta con la Lazio e in casa col Genoa e col Frosinone. Il resto è stato un demoralizzante cupio dissolvi della Champions League, sommato a prestazioni sotto traccia in campionato, compreso il successo sull’Udinese della scorsa settimana.
L’Inter è terza in classifica, con 5 punti di vantaggio sulla quarta e questo non mette nelle condizioni di aprire processi, anche perché la tabella di marcia per tornare in Champions è rispettata. 
I 7 punti in meno rispetto allo scorso anno raccontano un campionato diverso, con la squadra sempre al terzo posto, 1 punto dietro al Napoli, 2 dietro alla Juventus. Descrivono tuttavia un problema mentale di un gruppo che ogni anno da 8 anni, infila un tunnel e ne esce dopo ben tre mesi, quando i giochi sono fatti.
Oggi l’Inter scende in campo senza una vera identità, gioca pedestremente, con scrupolo verso i movimenti ma con giocatori che non si divertono. Fanno i loro movimenti con cura ma si distraggono spesso durante la partita, perché giocano con la testa, applicazione professionale e scarsa ambizione.
La squadra non entusiasma, non si infiamma e reagisce solo in casi disperati. Se un qualunque avversario, dal Chievo al Barcellona, aumenta l’intensità l’Inter reagisce con metodica passività e i giocatori in campo abbassano ulteriormente il loro livello mentale e persino tecnico.
Non c’è più nemmeno la certezza di una grande prestazione contro squadre di alto livello, con l’eccezione della partita vinta in casa della Lazio. Il derby vinto è stato bruttino, con la Juventus una gara ordinaria, con la Roma priva di 6 titolari, senza cattiveria e ora il Napoli a San Siro. C’è qualcosa della squadra di Spalletti che ricorda il modo di scendere in campo che aveva quella di Mazzarri. Per intenderci parlo dell’approccio alle gare, la prudenza di giocatori che scelgono mediocremente di appoggiare all’indietro, di fare il passaggino in orizzontale, di corricchiare subendo l’inerzia della gara senza metterci mai niente di personale. 
Spalletti ha delle colpe che si riassumono nel modo in cui i giocatori vivono la partita e la mettono in pratica. Gli equilibri, la tattica, l’attenzione ai particolari sono cose importanti ma mai quanto il divertimento che questa Inter non dà e non sente.
La mediocrità parte dalla testa perché c’è più talento di quanto questa Inter indolente, apatica mostri. Fa più rabbia questo di una squadra priva di doti. 
La società ha il compito, ora che ha ricavi più importanti e meno vincoli con l’Uefa, di fare una squadra da combattimento, arrabbiata, motivata, cattiva e non un gruppo bolso, con giocatori discreti, anche di talento che veste il nerazzurro come una divisa da ufficio ministeriale, una tuta da lavoro. Se ti accontenti non sei da Inter.

Buon Natale a tutti voi.


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