L'olandese sprovveduto
Mettendo da parte la separazione da Roberto Mancini, divenuta non più rinviabile visti i tempi e le circostanze, il mondo Inter si prepara a scoprire Frank De Boer.
Diciamocelo chiaro: la dirigenza – Thohir in primis – non è che ci stia capendo molto in questo frangente. E i tifosi sono ovviamente disorientati. Per quanto si potesse detestare il Mancio (ma poi perché?), cambiare così un allenatore a meno di due settimane dall'inizio del campionato resta un salto nel buio. Ancor di più se si considera che per guidare la squadra viene scelto un tecnico che fin qui ha allenato solo in Olanda. Se una scelta doveva esser fatta, andava fatta un paio di mesi fa, dando così la possibilità al nuovo allenatore di preparare il lavoro al meglio e non di corsa, come sta succedendo adesso. Se le crepe erano davvero così ampie, bisognava intervenire tempestivamente. Invece si è trascinato il moncone fino al rischio cancrena: molto male. Il paziente non è morto, ma resta agonizzante. Presto si capirà se la cura a base di tulipani rimediata in fretta e furia farà effetto.
In ogni caso, già se ne sono dette tante su De Boer. Troppe, direi. Solito ritornello da chi magari ha visto appena un paio di partite del suo Ajax. E allora giù con i luoghi comuni, una serie quasi interminabile. De Boer è stato descritto come il tipico allenatore olandese, di quelli che pensano solo ad attaccare ma che poi non portano risultati. Abbiamo letto di un De Boer "fanatico del 4-3-3", di un allenatore "senza esperienza sufficiente" e che "non è adatto alle pressioni del calcio italiano". Insomma, la solita lunga sequela di congetture di chi guarda a malapena la Serie A e magari butta l'occhio su qualche Real-Barça.
Frank De Boer è un uomo intelligente prima di essere un signor allenatore, e questo già depone a suo favore a ogni livello di discorso. Ha vinto quattro Eredivisie di fila con l'Ajax, una squadra con tanti giovani e non certo fatta di campioni affermati. Chi lo conosce bene, lo descrive come un tecnico preparato e meticoloso, senza dogmi, che non avrà difficoltà nell'adattarsi all'Inter e al calcio italiano. La dimostrazione è proprio quanto prodotto con l'Ajax durante la sua gestione. Altro che "fanatico del 4-3-3": De Boer ha variato spesso e volentieri l'assetto tattico, utilizzando nell'ultimo anno soprattutto il 4-2-3-1. Rispetto alla consuetudine dei Paesi Bassi, spiccava l'accortezza difensiva e una predisposizione alla gestione del risultato. Aspettiamoci - perché sono queste le intenzioni - un'Inter aggressiva, con maggior possesso palla, dedita alla manovra offensiva, ma non per questo ingenua davanti ad Handanovic. Poi, chiaramente, starà anche (e non poco) a chi scenderà in campo.
Chi se lo ricorda da giocatore, d'altronde, non potrà che concordare: nasce terzino sinistro, diventa centrale dai piedi buoni, talvolta utilizzato anche da playmaker proprio per la sua ottima visione di gioco (ve lo ricordate il lancio chirurgico per Bergkamp contro l'Argentina a Francia '98?). Per certi versi, un allenatore lo è sempre stato, così come un leader vero. Caratteristiche che possono renderlo l'uomo giusto in un momento così complesso in casa Inter.
E, in fondo, basterebbe ricordare quello che di lui diceva José Mourinho qualche tempo fa dopo averlo incrociato in Champions League: "Frank è molto intelligente. Ha cambiato il modo di giocare dell'Ajax, mettendo in campo una squadra compatta, che ha saputo stare anche in undici uomini dietro la linea del pallone e ripartire con contrattacchi velenosi. E' molto difficile affrontare una squadra così bene organizzata".
No, l'olandese non è affatto uno sprovveduto.