La coperta corta di una squadra forte
di Maurizio Pizzoferrato
La vittoria con gli sceriffi ci voleva perché, oltre ad alimentare le speranze di poter finalmente accedere agli ottavi di finale di Champions League dopo tre eliminazioni consecutive, ha confermato che la squadra di Simone Inzaghi, nonostante la partenza del signor Romelu Lukaku, disponga di una produzione offensiva che garantisce gol ad ogni gara. E segnare molto contribuisce ad aumentare le chance di vincere le partite, strappando anche l'applauso al popolo che paga. Ma in Italia, è storia, gli scudetti si vincono incassando il meno possibile, con il noioso ma indispensabile equilibrio tra i reparti e le fasi di gioco. Questo, all'Inter, sta mancando e finora quasi tutte le squadre che hanno affrontato i nerazzurri hanno avuto vita facile nel ripartire per poi andare a fare male.
Inzaghi spiega come sia importante non sbagliare tecnicamente nella metà campo avversaria in modo da non perdere il pallone e favorire così il capovolgimento di fronte, ma l'errore è fisiologico e quindi servirà intervenire prima possibile su altre situazioni. Le soluzioni le può trovare solo un tecnico preparato come lui, come da anni ha dimostrato di essere nonostante la giovane età, il campo di allenamento l'unica sede per andare a dama. Anche all'inizio della scorsa stagione l'Inter di Antonio Conte aveva provato a giocare con il trequartista e in maniera spavalda andando a pressare alto. Ricordiamo che anche in quel periodo si incassarono troppe reti con gli avversari che ripartivano senza trovare la dovuta opposizione.
In occasione di Sassuolo-Inter del 20 novembre 2020, gara vinta dai nerazzurri per 3-0, ci fu la svolta tattica con il ricorso al 3-5-2 classico, baricentro della squadra basso, sfruttando poi la capacità di andare in campo aperto da parte di Lukaku e Hakimi. Ma i due ora vestono altre maglie e al centro dell'attacco nerazzurro c'è Edin Dzeko, campione senza età, ma con caratteristiche opposte a quelle dell'ariete belga. Lukaku sfruttava il fisico, la potenza e la velocità per smistare sugli esterni o puntare la porta avversaria. Dzeko invece gioca a pallone, abbina i compiti della prima punta a quelli di regista offensivo, ma non essendo in grado di garantire strappi continui, ha bisogno di avere più compagni possibili accanto e quindi la squadra alta.
Che fare, quindi? Lo capiremo solo vivendo anche se, già domenica, avremo una pericolosa prova del nove. A San Siro arriva la Juventus di Allegri, il risultatista per eccellenza. I bianconeri sono partiti in modo osceno in campionato, ora giocano quasi sempre peggio dell'avversario, ma hanno preso gusto a vincere per 1-0. La difesa, storicamente il reparto più solido dei rivali di sempre, è tornata a mordere e poi ci pensano i colpi dei solisti a sbrigare la pratica. Non hanno più il signor Cristiano Ronaldo che garantiva una trentina di gol a stagione, l'acciaccato Dybala dovrebbe andare in panchina, però i vari Cuadrado, Chiesa e gli stessi Morata e Kulusevski hanno la chiave per mettere a nudo l'attuale problematica tattica dell'Inter. La speranza, per chi abbia a cuore le sorti della Beneamata, è che i nerazzurri riescano a giocare con la stessa intensità sia in fase di possesso che in fase di copertura della propria metà campo. Insomma servirà la cosiddetta partita perfetta. O quasi.
Fatto sta, che al di la delle disquisizioni tecnico-tattiche, domenica sera si gioca Inter-Juventus. Il derby d'Italia. La Partita. Nonostante i prezzi folli, San Siro, aperto al 75% della capienza, risponderà con 57 mila spettatori. Il primo vero sold-out dopo il lockdown. Bonucci ha acceso la sfida alla vigilia dicendo che l'Inter è campione d'Italia per demeriti della Juve e non per meriti dei nerazzurri. Vidal, ex di turno, ha risposto: “Mi viene da ridere, Domenica vedremo chi è il più forte”.
Arturo, già in gol nella sfida della scorsa stagione, forse prenota il bis?
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Sabato 14 dicembre