La dura critica della ragione inzaghiana
"La miglior Inter della stagione, ma per ora va così, paghiamo al minimo episodio". Parole e musica di Simone Inzaghi che ancora una volta, dice, in concerto con il suo operato, qualcosa giusto, qualcosa meno. Contro la Roma, l'Inter gioca una partita indubbiamente più che buona, specie in relazione alle scorse uscite, ma che nei novanta e rotti minuti non basta a portare a casa i tre fondamentali punti per la classifica e soprattutto per il morale. Film già visto e che, a giudicare dal trend, saremo costretti a continuare a vedere. Un film dell'orrore senza lieto fine e senza neppure più un briciolo di suspense: gare dall’epilogo già scritto che non lasciano più spazio a immaginazione e speranze, queste ormai accantonate da tifosi, ma cosa ancora più grave dai protagonisti stessi. L'inequivocabile sensazione che questa Inter trasmette è una soltanto e inequivocabile. Arrendismo e impotenza sono i tratti somatici di una squadra che sembra ormai lontana anni luce da quel gruppo visto fino alla fine della scorsa stagione che, al netto di un secondo posto a quanto pare mai somatizzato e digerito, ha tentato l'all-in con tanto di coltello tra i denti. Velleitaria e spaesata, l'Inter di Inzaghi 2.0 sembra la copia ricalcata male di quella che fino al derby di febbraio scorso divertiva divertendosi. Di divertente è rimasto poco o nulla, in campo e fuori e le ansie sul futuro sono ormai tangibili e condivisibili e più che parlare di aleatorie angosce e 'sindrome del pessimismo' parlare di preoccupanti previsioni sul futuro non è delitto, tutt'altro. A meno otto punti dal Napoli capolista e un settimo posto che potrebbe degenerare con le gare di oggi: in caso di vittoria della Juventus con il Bologna, le squadre davanti diventerebbero addirittura sette e se lo scudetto ad oggi è ridicolo anche sognarlo, persino la qualificazione in Europa (non in Champions, ma addirittura in Conference) è fuori portata. Certo è che il tempo è ancora dalla parte di Inzaghi e della squadra, ma l'eventuale (quanto a questo puntio probabile) sconfitta con il Barcellona (da affrontare martedì prossimo) inanellerebbe l'ennesimo risultato negativo che non lascerebbe scampo a Inzaghi. Secondo i colleghi di Sportmediaset il futuro di Inzaghi resta ancora al sicuro: nessun colpo di scena dopo il ko di ieri pomeriggio, Marotta conferma la fiducia al tecnico. Una fiducia che la dirigenza e la società continuano - stando alle ultime - a ribadire ma che vacilla e non poco nell'ambiente e non appare così scontata da parte del gruppo. Risulta difficile difatti pensare che l'intera rosa si sia improvvisamente riscoperta un flop e a tal punto inefficente: sulla carta i nerazzurri restano ancora tra i più forti del campionato, una forza che non riesce però a trovare traduzione sul campo, dove al contrario persino i più banali dei compitini sembrano ricoprirsi di ardua applicazione.
Com'è possibile? La risposta non accenna a palesarsi e con buona pace di Simone, è difficile, per quanto dispiaccia, non additare all'allenatore la più grave delle colpe. La sensazione che al di fuori si tange è quella di una squadra che non trova più motivazione e persino il più ricercato dell'estate, ovvero Milan Skriniar, sembra essere diventato il clone del fratello scarso. Se con la Roma lo slovacco si è reso colpevole della sola leggerezza in marcatura che ha portato al 2-1 di Smalling, isolata ma pesante, nelle uscite precedenti non ha mai dato l'impressione di possenza insormontabile che fino a maggio scorso aveva fatto di lui il degno erede di quel Walter Samuel non a caso definito 'The wall'. Skriniar per citarne uno a caso, perché la lista dei deludenti è ad oggi inesauribile: Barella troppo nervoso, Bastoni troppo leggero e distratto (concorso di colpa nella rete di Dybala, clamorosamente resa semplice dal solito Handanovic, ma altrettanto propiziata dal buco lasciato dal difensore italiano, fuori posizione), De Vrij fin qui da dimenticare, Brozovic sotto le aspettative e via discorrendo. A far eccezione nell'alta marea di mediocrità nerazzurra è Federico Dimarco, ieri per la prima volta in gol con la maglia dell'Inter sotto il pubblico di San Siro, e unico insieme a Barella (quantomeno contro la Roma) a tentare il tutto per tutto fino all'ultima goccia di sangue e sudore. Nota di merito per l'esterno italiano che dopo la memorabile (prima in assoluto) rete con l'Italia è riuscito a trovare il gol anche con la sua amata. Non è un caso che contro i giallorossi sono proprio gli interisti di sangue ad aver reso maggiormente, ma questo è un altro discorso e ci sarà altro modo d'approfondimento.
Torniamo a Inzaghi e alla parvenza di smarrimento e disorientamento che non possono più essere ridotti ad apparenza, almeno secondo i numeri. Il 50% di insuccesso finora ottenuto non può essere casuale, e persino il meno malpensante della situazione non può non arrendersi alla matematica: i numeri parlano chiaro e, con buona pace di chi si dispiace a dirlo, il chiaro è riducibile ad una sola parola: esonero. Poco da girarci intorno, con cinque sconfitte su dieci gare giocate l'esonero apparrebbe, in ogni realtà normale, obbligato. Persino l'auspicio (dalla percentuale bassissima) di vittoria contro i blaugrana difficilmente potrebbe cambiare le sorti di un destino che già con il ko al derby sembrava iniziare a tracciarsi. "La miglior Inter della stagione, ma per ora va così, paghiamo al minimo episodio" ha continuato a ripetere ad ogni emittente a fine gara, laddove di giusto c'è la lettura di una partita che l'Inter ha effettivamente giocato meglio della Roma ma che, al netto di buoni propositi e sprazzi, ha portato a 0 punti per la seconda gara consecutiva e che per ovvi motivi non può che cozzare con la definizione di 'migliore'. A rincarare la dose di sensazione di follia è la malsana convinzione che 'giri tutto storto' per ingeneroso fato che ne sta complicando la via. Il dazio pagato al 'minimo episodio' non è certo una sfortunata contingenza di un antipatico fato, al contrario, un'accozzaglia di reiterati errori del singolo e del collettivo che portano a incredibili strafalcioni che dopo cinque sconfitte al 2 ottobre sanno di aberrante. Non resta dunque che interrogarsi su due fondamentali quesiti: fino a che punto è consentito andare avanti con questo inconcludente vittimistico quanto irrisolto andazzo? Per il bene del 'non possiamo permetterci di pagare un doppio ingaggio per un allenatore' che oggi ha, e lo dico a malincuore, tutti i numeri da esonero vale davvero la pena compromettere una progettualità lunga tre e più anni?
Per concludere: se una buona ma inutile Inter è la migliore stagionale, cosa ci aspetta da qui in avanti? Chiedo...