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La frustrazione di chi non ha cucito lo Scudetto sul petto

di Simone Togna

Parlare, o meglio, scrivere di calcio in un momento storico di questo tipo non è assolutamente semplice. Visto però che è il mio lavoro, sono ben contento di poter continuare a svolgerlo in libertà e senza alcun tipo di pressione. Cosa che ovviamente i tanti colleghi ucraini (e credo pure russi) non possano perseguire a causa del conflitto bellico in atto. Non spetta a me esprimere opinioni, anche perché questa non è la sede più opportuna, ma mandare un caloroso abbraccio a tutti quelli che in questo momento stanno soffrendo, non per la sconfitta della propria squadra del cuore, ma per accadimenti ben più importanti, mi sembra il minimo. E quasi un dovere civico (che ovviamente viene esteso in ogni parte del mondo dove la Pace attualmente non esiste).

Passiamo però oltre. C’è un Genoa-Inter che sa tanto di partita decisiva, o meglio di una gara che i nerazzurri devono assolutamente vincere dopo il solo punto ottenuto negli ultimi tre turni di campionato. Ieri Inzaghi in conferenza stampa ha fatto bene a gettare acqua sul fuoco, sottolineando come in ogni caso l’Inter resti il miglior attacco della A (almeno per quanto riguarda i numeri) e ribadendo come creda nelle qualità dei suoi calciatori, già vincitori, tra l’altro, di un trofeo, quella Supercoppa Italiana contro la Juventus che in molti si sono già dimenticati. Sarebbe tuttavia sbagliato far finta di nulla. Il mister, dopo il Sassuolo, ha giustamente sottolineato un pessimo approccio alla sfida con i neroverdi. Un'attitudine da non ripetere se si vuole vincere, per davvero e non solo a parole. Il momento di difficoltà è evidente. E le critiche, quelle intelligenti e mosse con cognizione di causa, sono pertinenti e scontate. Ma che si evitino disfattismi esagerati e si ricordi quanto di buono guadagnato in precedenza.

L’Inter fino al 70esimo del Derby era la super favorita, con merito, per il titolo finale. Quella scesa in campo contro Scamacca & Co. è stata presa a pallate nella prima frazione di gioco e non ha scusanti per quei terribili 45 minuti. Ma adesso esiste la possibilità di far vedere a tutti che davvero si sia trattato di un episodio. I detrattori dei campioni d’Italia parlano di crisi Inter e qualora non dovesse arrivare il bottino pieno a Marassi, il Derby della prossima settimana sarebbe più infuocato che mai. La buona notizia però è che presto l’infermeria nerazzurro si svuoterà nella sua totalità. E il tecnico piacentino potrà contare (anche e per davvero) sui nuovi acquisti Gosens e Caicedo, oltre che su Correa, quel jolly d’attacco che quando è in giornata (e soprattutto sano e arruolabile) è capace di strappare applausi scroscianti. La mia speranza è che da qui al termine della stagione i nerazzurri, ma vale anche per le rivali Scudetto, restino il più possibile al completo. E non ci siano ulteriori stop a ridurre la rosa di chi compete per il Tricolore (per un discorso che vale ovviamente anche per la lotta europea o per quella della salvezza).

Attenzione: in ogni lavoro c’è chi è più bravo, e chi lo è meno. Vale per i giornalisti, come per gli allenatori. O per i preparatori atletici e i medici. Non è quindi una colpa, bensì un vanto, se una squadra ha meno infortuni di un certo tipo rispetto alle concorrenti. E non parliamo di quelli relativi ad episodi sporadici o al covid (che non è un infortunio, ma che non ti permette di scendere in campo), ma di tutto quanto concerne un lavoro di un certo tipo per garantire ai propri tesserati di esprimersi al meglio. Nello sport, come nella vita, si deve riconoscere la bravura altrui e saper chiedere eventualmente scusa. E godere delle disgrazie altrui esplicita solo frustrazione, inadeguatezza, insicurezza, risentimento e astio per quello che non si ha, ma si vorrebbe avere. Come uno Scudetto cucito sul petto.

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