La lezione di Spalletti: c’è solo l'Inter
"E poi non rompermi i c...". Il francesismo di cui si sono serviti Elio e Graziano Romani nel 2002 per comporre l'inno 'C'è solo l'Inter' mai come oggi, a poco meno di 48 ore della supersfida contro la capolista Napoli, racchiude il pensiero dell'interista medio. Il quale, ancora in brodo di giuggiole per aver vinto al fotofinish il derby contro i cugini del Milan, ha lo stesso umore di chi si sente al settimo cielo dopo anni di vessazioni sparse e non ha alcuna voglia di sentirsi dire come deve comportarsi ("Non venite a raccontare quello che l'Inter deve fare", si diceva, appunto, nella canzone). Non è un caso che da domenica pare che il pubblico della Beneamata ha compreso alla perfezione la sua funzione ristabilendo la connessione tra storia e destino e riversando dalle tribune al campo l'orgoglio della sua appartenenza. Attraverso decibel a forma di cori anti-Milan e canti di vittoria a squarciagola che si sono tradotti in un 3-2 non replicabile in un ambiente che – Candreva dixit - non fosse quello dello "stadio più bello del mondo"
In un'atmosfera simile, nuova che sa di antico, di vecchi fasti che ritornano d'attualità, non è dato sapere se gli astri siano allineati nuovamente per la lotta al titolo - trappola mediatica da qualsiasi punti la si guardi - o più probabilmente per un ritorno nel palcoscenico che regala notti di sogni, coppe e di campioni, Quel che è certo è che Luciano Spalletti ha tracciato un solco tra passato e futuro nel quale i nerazzurri stanno vivendo un presente eccitante. A tal punto che il Napoli, la squadra che ha dettato legge finora in Serie A, sta vivendo i giorni che anticipano lo scontro di cartello della nona giornata come la gara della vita, l'appuntamento con la storia da non fallire anche a costo di declassare lo scontro da Grande bellezza tra Sarri e Guardiola come strano fastidio verso l'obiettivo tricolore. Un'ossessione talmente pervasiva dal lato partenopeo dal portare il presidente Aurelio De Laurentiis a pronunciare queste parole prima della gara di Etihad con i Citizens: "Io credo che si dovrebbero far riposare un po' quei giocatori che hanno un minutaggio più alto, per preservarli: la gara con l’Inter è alle porte ed è altrettanto importante".
'Inter is coming', insomma, come il temuto inverno nella serie 'Games of Thrones'. Lo scherzo del calendario che a ottobre mette di fronte la prima della classe contro la seconda, a sublimazione del miglior spettacolo che il campionato della Serie A possa offrire al momento, è diventato terreno fertile per la solita, stucchevole polemica di Maurizio Sarri, teorico in questo caso del maniavantismo: "Devo dire che siamo poco considerati da chi fa i criteri per la formulazione del calendario – ha detto il tecnico toscano in conferenza -. Il fatto che ci attenda la sfida col City, dopo la gara con la Roma e subito prima lo scontro diretto di sabato con l’Inter dimostra l’inadeguatezza della Lega". Parole intrise di un provincialismo senza eguali, lettere che una dietro l'altra stonano se confrontate con l'orchestra che in campo suona una musica incantevole.
Tutta questione di ritmo e di tempi musicali, tra campo e parole, nella settimana della gara verità del San Paolo: da una parte, quella dei favoriti, il rumore di sottofondo dei nemici (immaginari) rischia di coprire l'abbacinante sinfonia di Mertens e compagni: dall'altra, invece, quando parte la marcia di Icardi (potenziale carrarmato nella definizione spallettiana) e compagni si percepisce appena la voce fuori dal coro del sognatore Massimo Moratti, che dopo la sbornia stracittadina ha rivendicato per se stesso l'illusione scudetto.
Nel frattempo, divagazioni a parte, Luciano Spalletti ha mandato a memoria la più grande lezione di tutte: ha imparato che 'C'è solo l'Inter'. E non smette di ricordarlo a ogni intervista, come puntualmente ha fatto anche a chi gli chiedeva come affronterà il Napoli sabato prossimo: "Vestendo questa maglia si hanno doveri, si deve mandare un messaggio a chi c'era stasera (in Inter-Milan ndr) e a chi vuole starci al fianco". Il popolo nerazzurro, appunto, ora perfettamente sintonizzato sulle stesse frequenze del suo condottiero pragmatico.