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La mentalità di chi non si acContenta

di Stefano Bertocchi

"Ci sono tantissime cose positive, bisogna sempre vedere chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno e chi mezzo vuoto: alcuni hanno interesse a vederlo vuoto e a creare problemi all’Inter. Di sicuro noi dobbiamo proseguire per la nostra strada sapendo che gli altri hanno rispetto nei nostri confronti". Era lo scorso 30 giugno quanto Antonio Conte, ai microfoni di InterTV, commentava con queste parole le critiche piovute sulla sua Inter alla vigilia della goleada nerazzurra contro il Brescia. Quasi un mese esatto dopo - e con la fine del campionato distante ormai solo tre partite - il tecnico interista ha guadagnato ancora i titoli delle prime pagine a suon di dichiarazioni dalla duplice valenza, subendo poi lui stesso l'accusa di vedere "il bicchiere mezzo vuoto".

Dopo lo scialbo 0-0 di San Siro contro la Fiorentina, l’ex ct della Nazionale ha infatti commentato a SkySport, e senza troppi giri di parole, l’ipotetico secondo posto in campionato del Biscione: "I ragazzi sanno che ad ogni partita devono dare il massimo, senza pensare o programmare. Per noi è importante ogni partita, deve essere un test per dimostrare che il lavoro che stiamo facendo sta dando dei frutti. A volte raccogli di più di quanto semini, ma penso che questa squadra abbia raccolto di meno. Mancano tre partite e i ragazzi sanno che non vogliamo accontentarci, al di là del fatto che l'obiettivo Champions è stato raggiunto con ampio margine. Vogliamo giocare in maniera onesta, abbiamo il Genoa che gioca per la salvezza, poi il Napoli che lotta per il quinto posto e infine l'Atalanta. Ma è tanto per vedere la crescita della squadra, il risultato non conta tantissimo. Il secondo è il primo dei perdenti, poi c'è chi si accontenta anche di questo, ma per me il secondo posto non ha significato".

"Il secondo è il primo dei perdenti", quindi. Perché Conte ragiona e si sazia solo con i trofei, con le vittorie, con i primi posti. È sempre stato uno che non si accontenta e lo dimostra ancora una volta, in un’annata particolare e anomala come quella attuale, condizionata dal lungo stop causa Covid-19, dalle porte chiuse, dalle partite ravvicinate in estate, dai tanti infortuni. Uno scenario insolito che ha complicato il cammino nerazzurro verso la vetta ma che ha anche rallentato la marcia della capolista Juventus, come dimostra lo stop di Udine nel pomeriggio in cui a Torino pregustavano già i festeggiamenti in piazza in barba agli assembramenti. 

Un eventuale secondo posto in campionato nella stagione in corso, fatta di tanti alti e bassi, di sprint, di stop e di punti persi con annessi rimpianti (vedi anche il cammino in Champions League e in Coppa Italia) sarebbe comunque tutt’altro che da buttare. Perché a differenza delle stagioni spallettiane in cui l’Inter è tornata a "riveder le stelle" negli ultimi minuti delle sfide dell’Olimpico contro la Lazio ("la riprende Vecino") e di San Siro contro l’Empoli (gol e addio di Nainggolan e brividi last minute), quest’anno il pass per l’Europa che conta è stato strappato in netto anticipo, senza troppi affanni e superando già a tre partite dal termine il bottino di punti (ora sono 73) collezionato dal tecnico di Certaldo (72 - a pari punti con la Lazio - nella stagione 2017/18, 69 - a +1 dal Milan - nell’annata 2018/19). E, soprattutto, è stato accorciato il divario dalla vetta e limato leggermente il gap, che ancora esiste, con la Juventus. Il tutto con tre partite ancora da giocare e con un’Europa League da azzannare, fatta di gare secche e di un percorso (almeno sulla carta) fattibile per una squadra come l’Inter. 

Conte vede il bicchiere mezzo vuoto anche se è mezzo pieno, perché ha un solo obiettivo in testa: vincere e riportare l’Inter a vincere, detronizzando la 'sua' Juventus e scippando una volta per tutte lo scettro della Serie A. Perché c’è chi, contestualizzando la stagione e il progetto, si accontenterebbe anche di un secondo posto in base al concetto di 'step by step'. E chi, come Conte, ha la mentalità di non acContentarsi mai. 

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