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La mentalità europea non esiste

di Alessandro Cavasinni

Giorni e giorni a dibattere sul "bel gioco" e sul "dominio", chiedendosi se sia meglio essere "belli" o "efficaci", spargendo ovunque statistiche più o meno insensate come quelle sul possesso palla e sui tiri in porta. E poi è arrivato il giorno del match: Inter-Cagliari 1-0, rete di Darmian nel finale. La partita manifesto delle ragioni di Antonio Conte e dei torti di tutti quelli che si riempiono la bocca solo di slogan e banalità.

L'Inter è entrata in campo con l'intento di comandare la partita, proponendosi con Eriksen-Sensi ai lati di Brozovic e Sanchez con Lukaku in prima linea. I nerazzurri hanno chiuso la partita di San Siro con il 53,3% di possesso palla, per lo più nella metà campo avversaria. Eppure stavolta i primi della classe hanno creato sporadiche occasioni da rete, a differenza di quanto fatto in altri contesti, non ultimo il tanto vituperato successo sul Sassuolo. Lukaku è stato imbrigliato molto bene dalla retroguardia di Semplici, Sanchez ha avuto poco margine di manovra, agli esterni non è stato concesso lo spazio di affondare e così i due più pericolosi sono stati proprio Sensi ed Eriksen con conclusioni da fuori. Più di loro lo è stato Darmian, già velenoso nel primo tempo con un'incursione da destra e poi abile a ribadire in rete il cross basso di Hakimi nell'azione decisiva. E il Cagliari? I rossoblu si sono chiusi con ordine con un 5-3-2 molto serrato, non disdegnando un possesso basso mirato a mandare a vuoto il pressing nerazzurro. Handanovic ha compiuto una parata in tutto il match, quella sul velleitario tiro da fuori di Nainggolan, ma questa non è una novità. La differenza è che la strategia dei sardi ha disinnescato a lungo le volontà interiste. Conte poi ha azzeccato i cambi e, quasi per inerzia, sono arrivati i tre punti. Insomma, gara non troppo dissimile da altre già viste in Serie A (Samp, Udinese, Torino...) e dalle due di Champions con lo Shakhtar Donetsk.

E qui subentra il discorso sulla famigerata "mentalità europea". Cosa significa? Chi ce l'ha? Esiste davvero? Come detto, nei gironi di UCL, lo Shkahtar ha fatto la figura del Cagliari (e non è un'accezione per forza negativa), costringendo l'Inter a un doppio 0-0 che, di fatto, le è costata la cocente eliminazione dal torneo. Lo stesso Shakhtar che se l'era invece giocata a viso aperto pochi mesi prima prendendo bastonate sui denti. Cos'è la mentalità europea? È forse quella che ti fa prendere gol in contropiede a Valdebebas all'85' dopo aver rimontato dallo 0-2 oppure quella che ti fa arrivare in finale di Europa League? Il Barcellona è europeo, il Bayern è europeo, il Psg è europeo, ma anche il Newcastle, il Wolfsburg, il Getafe e il Krasnodar lo sono. Il Real Madrid visto nel Clasico è forse il più grande esempio rivelatore: lascia il possesso al Barça e lo infila con ripartenze feroci. Occhio: si parla di ripartenze di qualità, di giocate, di tecnica, di combinazioni. Oppure ci volete convincere che Zidane si è improvvisamente convertito al catenaccio?

Nel calcio non esistono le ricette che ti assicurano la vittoria. Non esiste un bel gioco e un gioco di merda (per dirla alla Cassano). Puoi vincere un Europeo giocando come l'Olanda del 1988 oppure come la Grecia del 2004, puoi vincere una Champions come il Barça di Guardiola o come l'Inter di Mourinho. La bellezza ci può essere ovunque, e non solo in chi vince. La verità è che a determinare tutto è l'alchimia tra ambiente, giocatori e allenatore. Puoi pensare di fare il Manchester City di Guardiola se in panchina hai, appunto, Guardiola e se in campo hai i De Bruyne e i Bernardo Silva, non se hai i Longstaff e gli Hayden. E non è necessariamente un discorso di soldi, ma di caratteristiche e di intelligenza nello sfruttarle. Ci sono i percorsi, gli obiettivi, le pressioni, i fatturati, le aspettative, le reputazioni. Ridurre tutto a un dibattito superficiale è deprimente. Così come continuare a criticare aprioristicamente l'Inter di Conte. Che una mentalità ce l'ha eccome, anche bella definita. E se a qualcuno non piace, pazienza. Ma non vi inventate le essenze universali per giustificare quello che resta un gusto personale.

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