La mosca bianca non spalma. Va bene. Ma se pago, pretendo
Fosse stata Nutella su una fetta di pane non ci sarebbe stato nulla da ridire, ma quando si parla di soldi il termine ‘spalmare’ assume connotati poco gradevoli. Premetto, non essendo stato presente sul posto nel momento in cui ci sarebbe stata la nuova proposta contrattuale per Wesley Sneijder, non metto neanche la mano sul fuoco circa il suo rifiuto a ridursi l’ingaggio spalmandolo su più stagioni. Ma considerando le strategie dell’Inter per i contratti e i recenti tagli al personale, non mi sorprenderebbe se tale offerta fosse veritiera così come reale fosse il conseguente rifiuto.
Partiamo da un concetto basilare: Sneijder sta bene a Milano, non ascolta altre sirene (ma esistono?), non fa polemica (lascia che se ne occupi Yolanthe) ed è appena tornato in gruppo dopo la lesione muscolare di fine settembre, pronto a riproporsi per un posto da titolare. Non è un bad-boy, tanto per intenderci, anzi. La nota stonata è però il suo rendimento: alzi la mano chi, dopo la finale di Madrid del 22 maggio 2010, ha più visto il vero Sneijder con la maglia nerazzurra (con l’Oranje è stato eccezionale in Sudafrica). Qualche sprazzo di talento, qualche assaggio del campione che è. Ma assai di rado quello che dovrebbe e potrebbe essere.
Non sorprende, così, che il numero 10 da tempo non venga considerato più un incedibile, per quanto all’esterno i messaggi trasmessi dal club e dai compagni siano opposti. Si pensi all’estate 2011, quando si aspettava solo una buona offerta per salutarlo e alla fine a fare le valigie e contro ogni strategia preventivata è stato Eto’o. Per la disperazione di Gasperini. Solo sotto Leonardo e le sue idee di calcio bailado il folletto di Utrecht è tornato a emozionare il tifoso, ma passata la festa anche la sua vena artistica è tornata virtualmente in cantina. Non è un caso che ciclicamente, tra un infortunio e l’altro, circolino voci su un suo possibile addio con destinazione Russia, sempre ostinatamente smentite dal diretto interessato, dal suo entourage e dai russi stessi. Se tutto fosse rose e fiori, in quanti si azzarderebbero a ipotizzare un suicidio tecnico dell’azienda Inter?
È evidente, e l’ultimo mese e mezzo lo ha dimostrato, che Sneijder oggi non è più fondamentale per la squadra di Stramaccioni, che si è liberata da una pericolosa dipendenza. È un valore aggiunto, è stimatissimo (Cassano lo adora), ma non è più l’ago della bilancia. Meglio così, per l’allenatore, i giocatori, il tifoso e la dirigenza. Che, partendo da questo assunto e in totale sintonia con altri recenti casi, vorrebbe ridurre l’oneroso stipendio di Wesley portandolo da 6 a 4 milioni netti ma allungando il contratto di altre due stagioni (2017). Diciamolo, non è di quelle offerte che non si possono rifiutare, ma non è neanche un’onta personale da lavare col sangue. Che all’Inter la musica sia totalmente cambiata è palese e il fatto che solo un giocatore percepisca così tanto stona parecchio. Lecito dunque che anche lui si adegui ai nuovi parametri, visto che all’estero non esistono reali acquirenti. Per il bene delle casse societarie, quello attuale è un contratto non più sostenibile. Quindi, la soluzione più ovvia è spalmarlo, alleggerendo i prossimi bilanci e garantendo all’olandese due anni in più di lavoro.
Al contempo, è giusto sottolineare come carta canta, e se al siffatto contratto qualcuno dell’Inter ha posto una controfirma, questo va rispettato. Volenti o nolenti. E se Sneijder si rifiutasse di cambiare le carte in tavola, ne avrebbe tutto il diritto. Peggio per chi, sulle ali dell’entusiasmo, è stato poco accorto e ha accettato di versargli certe cifre pentendosene con il senno di poi. Il taglio degli stipendi troppo alti è ormai una prassi, non solo in nerazzurro. È una decisione imposta dalla criticità del contesto finanziario, soprattutto italiano. Non se ne scappa se si vuole sopravvivere. In questo ambiente, Wes è una mosca bianca ma ha tutti i diritti di mantenere la sua colorazione. Però, se davvero sta bene a Milano (Twitter o non Twitter), anche lui dovrebbe fare un passo verso la società che lo ha ‘rispolverato’, gli ha fatto vincere tutto e oggi gli chiede un favore.
Moralmente, è un sacrificio giustificabile. Se in campo è storicamente restio a farlo (ci sono tanti allenatori disposti a testimoniare), Sneijder potrebbe sacrificarsi per i colori che tanto ama prendendo esempio da alcuni dei suoi compagni che nutrono eterna riconoscenza per la famiglia Inter. Ma, ribadisco, non è obbligato a farlo. E se rifiutasse, quanto meno d'ora in avanti cercasse di tornare ai suoi livelli e si meritasse questo stipendio fuori misura, dimostrando di essere una mosca bianca anche sul rettangolo di gioco. L'etichetta di Godot è stata già assegnata dall'avvocato a Del Piero, quindi l’olandese non si faccia attendere. Anche perché, soprattutto a Milano, vige la legge del pago, pretendo.