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La paura ne fa 80(mila)

di Christian Liotta

I tifosi interisti, in queste ore, potrebbero provare a fare un esercizio: chiudere gli occhi, svuotare la mente da ogni pensiero e lasciarsi andare ai ricordi. Andate a ritroso nel tempo provando a trovare la risposta a questa domanda, dal sapore un po’ esistenzialista: da quanto non si trovavano ad affrontare un clima così? Da quanto tempo non vivevano non così tanta attesa, sotto certi aspetti anche con tanto scalpitare e tanta ansia, una partita che se non vale davvero una stagione, poco ci manca? Facile scommettere che in molti risponderebbero in automatico con una data ben precisa: Madrid, 22 maggio 2010. La notte dell’apogeo, di Diego Milito che ubriaca Martin Demichelis e Daniel Van Buyten infilzando per due volte il Bayern Monaco, dell’urlo liberatorio di Javier Zanetti che alza al cielo la Coppa dei Campioni.

A voler essere più di manica larga, si potrebbe citare anche il derby dell’aprile 2011, quello dove l’Inter di Leonardo poteva operare un clamoroso sorpasso al vertice sul Milan. Una serata finita però molto male, tra il gol di Pato a freddo, quello di Thiago Motta mortificato dall’assenza della goal line technology, il brasiliano rossonero che vive una delle sue ultime serate di gloria italiana stendendo definitivamente i nerazzurri, il colpo di grazia del tifoso interista Antonio Cassano. Una serata insomma nata male e finita peggio, che è meglio non rimembrare. Però, alla fine, la conclusione è sempre la stessa: tanti, troppi anni sono passati senza che il popolo interista abbia più rivissuto serate che contano, serate che valgono una grande conquista, una vittoria da scolpire nella roccia, un obiettivo finalmente centrato senza tanti proclami finiti poi puntualmente al vento.

E poco importa se alla fine qui per l’Inter c’è in palio solo il quarto o il terzo posto: Inter-Juventus di questa sera è una partita che vale una stagione. È cruciale in primo luogo per il campionato in sé, perché tutta Italia vuole capire se ci sarà questo incredibile ribaltone al vertice della classifica, e logicamente tutta Italia o quasi sarà con gli occhi incollati allo schermo, con i tifosi del Napoli in particolare che proveranno a spingere col loro fiato le vele nerazzurre; è importante per gli uomini di Massimiliano Allegri, reduci da un sogno europeo sfumato nella maniera più incredibile e soprattutto da due passi falsi consecutivi in campionato (perché un pari a Crotone non può non essere definito tale, abbiate pazienza) e alle prese con una situazione psicologica per certi versi mai vissuta in questi lunghi anni di dominio, con un avversario che a un certo punto sembrava non crederci più e che invece si è visto riaprire in maniera del tutto inaspettata le porte del sogno. E con un tecnico che deve a tutti i costi scacciare gli incubi di un passato che ritorna, di una nemesi storica risalente a quel 2012 dove uno scudetto che sembrava già cucito sulle maglie del suo Milan volò via dopo un derby perso con l’Inter, che diede il la al nuovo ciclo vincente bianconero. Che a San Siro, contro l’Inter, potrebbe vedere la sua pietra tombale. E rimane da capire anche il tipo di influenza che hanno avuto sui giocatori bianconeri gli incitamenti, per così dire, ‘particolari’, ricevuti nei giorni scorsi a Vinovo.

Ma senza star troppo a pensare all’avversario e cercando di eludere l’ormai banale retorica dell’eterna rivalità bianconerazzurra, Inter-Juve di questa sera è importante in primissimo luogo per l’Inter di Luciano Spalletti: che contro i bianconeri si troverà di fronte l’ostacolo forse più insidioso da affrontare nella retta d’arrivo nella corsa alla conquista di quell’obiettivo fatidico che è la Champions League, nella quale Lazio e Roma non perdono nemmeno un colpo e la sfida del 20 maggio contro i biancocelesti di Simone Inzaghi all’Olimpico potrebbe essere un vero e proprio spareggio come anche una gara senza significato. Tutto passa inevitabilmente anche da questa serata, contro una squadra ferita che arriverà sicuramente con una carica agonistica ben al di sopra della media, determinata a ritrovare se stessa e a dare un calcio a dubbi e malelingue. Ma impossibile non pensare che anche l’Inter non abbia i suoi bravi motivi per conquistare questi tre punti d’oro: per l’orgoglio innanzitutto, per confermare la tendenza che vede i nerazzurri sempre a punti negli scontri con le altre grandi del campionato, per continuare a inseguire quel benedetto obiettivo che mancare per l’ennesima volta farebbe male al morale oltre che ad ogni altra cosa. Anche se, detto per inciso, coi toni da tragedia greca coi quali viene dipinto l’eventuale accesso all’Europa League si sta un po’ sfidando il senso del pudore, anche considerando il fatto che allo start del campionato non erano in pochi a inserire l’Inter ben al di sotto delle prime file.

Un risultato positivo sarebbe la ciliegina sulla torta del tecnico di Certaldo. Che in conferenza stampa ha parlato in maniera chiara: innanzitutto, spiegando che per lui nessuna delle due squadre giocherà per il pari, pur non essendo un risultato almeno potenzialmente non da buttare via, e soprattutto respingendo ogni timore eventualmente dovuto all’affrontare una Juve arrabbiata per gli ultimi risultati. Perché in questo senso, c’è una rabbia ancora maggiore che deve prevalere, quella di una squadra che da sette anni rimane a bocca asciutta e che non ne può più di vivere questa situazione indegna del proprio blasone. Ferocia, il termine usato da Spalletti: ferocia che deve spingere i suoi uomini nella gara che, ormai la storia è nota, può valere una stagione o quasi.

Per questo e per altri motivi, questa è la sera dove le luci a San Siro tornano a farsi più sfavillanti che mai. E dove lo stadio Giuseppe Meazza indosserà l’abito da cerimonia probabilmente più bello mai portato nella sua storia recente: saranno 80mila, numero approssimato per eccesso visto che ormai, tra una modifica strutturale e l’altra, sono ormai lontani i tempi in cui la capienza dell’impianto meneghino, così come recitavano gli album della Panini, era di 85.847 spettatori. Ma ci sarà comunque il tutto esaurito, in ogni settore della tribuna e anche a bordocampo, con muro dei 5 milioni d’euro di incasso sfondato a poco più di 24 ore dal fischio d’inizio di Daniele Orsato e tante iniziative studiate ad hoc dal club e dai tifosi, a partire dalla maestosa coreografia annunciata dalla Curva Nord, che ha chiesto ben due mesi di tempo per la preparazione.

Il tutto con un unico obiettivo: creare un vero e proprio muro nerazzurro, un miedo escenico incredibile che, se è vero come è vero che la Juventus è comunque più abituata a gestire e a fare proprie le partite da ‘dentro-o-fuori’, ed è forse questo l’aspetto che può incutere maggiore timore all’Inter, può essere altrettanto vero che la spinta di un San Siro possa davvero essere l’uomo in più, in barba anche alle frasi fatte del pubblico che ‘non fa mai un goal’. Stasera ci saranno tutti per suonare la carica, a partire dal nuovo trombettiere, una figura più che mai riaccolta con estremo piacere. E a tutti loro, Spalletti affida il compito più importante, quello di spingere la squadra verso la vittoria cercando di dimenticare, per quanto possibile l’avversario.

Saranno quindi 80(mila) per 90 minuti e più. I numeri della paura.

Ma da fare.

Non da avere.

 


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