La provvidenza ha il volto di D'Ambrosio. Perché snaturare Icardi?
La scorsa stagione Mauro Icardi segnò il primo dei suoi 29 gol in campionato proprio su rigore contro la Fiorentina. Era la prima giornata e poco dopo arrivò anche il secondo centro. Poco più di un anno dopo la storia si è ripetuta: Maurito va sul dischetto e sblocca lo zero a zero con freddezza e precisione. Con 5 giornate di ritardo, ma va bene così perché per un attaccante il difficile è aprire le danze e quando ciò non avviene a livello psicologico il trascorrere del tempo e della partite inizia a diventare fastidioso. Dubito che Icardi, con la personalità che ha, abbia sofferto più di tanto questo periodo di astinenza, mitigato (e in che modo!) dalla magia in Champions League. Ora anche in campionato la casella dello zero nei gol è stata eliminata e si può ripartire con ottimismo.
Icardi è un attaccante da statistiche, a questo punto pretendere da lui che svolga in altro tipo di lavoro in campo è chiaramente una perdita di tempo. Snaturare un giocatore che fa così bene la sua specialità sarebbe delittuoso, un po' come pretendere che un terzino diventi metodista. Certo, la storia del calcio racconta molte storie di profondi cambiamenti che hanno fatto la fortuna di alcuni calciatori. Ma non può essere il caso di Maurito. Contro la Fiorentina l'argentino si è visto che volte in modo efficace: dal dischetto e quando ha alimentato il triangolo chiuso brillantemente da D'Ambrosio. Due episodi chiave nei 90 minuti e passa di partita. Davvero ci si può lamentare? Finora, in campionato, il bomber di Rosario raramente è stato decisivo, al di là dell'assenza nella casella dei marcatori. E inevitabilmente, statistiche alla mano, gli è stata gettata la croce addosso dimenticando che di 5 partite lui ne ha giocate solo 3 e mezzo. Ieri sera, contro un avversario che gli ha sempre portato fortuna, è entrato in entrambe le reti nerazzurre. Facendo quello che gli riesce meglio: essere decisivo.
L'Inter ha vinto una partita dura, contro un avversario che merita solo complimenti. Bravissimo Stefano Pioli a costruire una Fiorentina che gioca così bene e lo fa con personalità nonostante un'età media non certo alta. Avesse portato a casa il risultato nessuno avrebbe potuto obiettare (ma certe dichiarazioni sull'arbitraggio a fine gara sarebbe stato meglio risparmiarsele). La squadra di casa ha espugnato il Meazza (al quinto tentativo) grazie al carattere e alla capacità di reagire, ancora una volta, all'episodio incriminato (che sfiga la deviazione di Skriniar...). Il vento sembra essere cambiato, perché rispetto alle prime partite c'è finalmente la forza mentale di raddrizzare la situazione negativa. E la terza vittoria consecutiva è servita, ancora con una certa sofferenza che comunque ha il merito di temprare il carattere. Giusto pertanto sottolineare la pesantezza di questi tre punti nell'economia di una classifica che, in attesa del resto della sesta giornata domani sera, già ha un aspetto meno inquietante rispetto a una settimana fa.
Chiosa dedicata a Danilo D'Ambrosio. Tra i tifosi in tanti lo considerano simbolo del recente ridimensionamento dell'Inter, al punto da sorprendersi del fatto che sia ancora titolare. Io non solo non mi sorprendo, ma benedico la fiducia che viene riposta nel terzino di Caivano, al punto da non mettere la mano sul fuoco sull'inamovibilità di Sime Vrsaljko quando il croato tornerà a disposizione. D'Ambrosio ieri sera è stato l'uomo della provvidenza, nobilitando una prestazione in chiaroscuro con una rete da tre punti. Non certo la prima della sua carriera nerazzurra (all'Olimpico non segnarono solo Icardi e Vecino). Non è Maicon, lui è il primo a ribadirlo, ma guai a sostenere che sia un anello debole di questa squadra. Perché nel giuoco del calcio non servono solo qualità tecniche, ma anche personalità e testa ben orientata. Né Pioli né Spalletti, che sulla panchina nerazzurra gli hanno sempre dato fiducia, sono dei folli. E se gioca così tanto forse non è solo una coincidenza.
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