La realtà supera la fantasia (del calcio italiano)
"Il calcio si deve adeguare alla realtà". Il fatto compiuto dell'emergenza Coronavirus che sta dilagando in tutta Italia, come ha sottolineato ieri Giovanni Malagò, costringe la Serie A e le leghe a essa inferiori a rimettere i piedi sul mondo reale, lontani da quel sogno di evasione perenne in cui vive in tempi normali. Sì, perché le vite parallele dello sport più bello del mondo e la quotidianità di tutti i giorni si sono intersecate da più di un mese per colpa di un'epidemia non preventivata, anche se chi governa le sorti pallonare non vuole farsene una ragione. Nemmeno di fronte all'evidenza che è emersa dal comitato scientifico del governo italiano che nella serata di martedì ha suggerito un periodo di pausa di un mese allo sport nazionale, almeno per quanto riguarda la presenza di pubblico. Il caloroso consiglio delle 'porte chiuse', poi ratificato dal decreto legge a firma Giuseppe Conte, è arrivato probabilmente in ritardo, comunque qualche ora dopo l'appello di Salvador Illa, Ministro della Salute spagnolo, di tenere lontani i tifosi dagli stadi per Valencia-Atalanta di Champions e Getafe-Inter di Europa League, in programma il 10 e 19 marzo. Misure adottate per fini precauzionali in un contesto di incoerenza preoccupante: mentre le autorità discutevano sul da farsi, il belpaese ospitava eventi a porte chiuse (Olimpia Milano-Real Madrid di basket, con gli spagnoli nel capoluogo meneghino dotati di kit anti-contagio) e a porte aperte (tutta la Serie B). In mezzo a queste contraddizioni, una terza via per non farsi mancare niente: il rinvio ordinato dal Prefetto di Torino, Claudio Palomba, della gara di ritorno di Coppa Italia tra Juve e Milan, fissato in calendario a porte socchiuse il giorno successivo e con la squadra di Stefano Pioli già in città. Non è stato da meno Marco Valentini, omologo di Palomba a Napoli, nel posticipare a data da destinarsi l'altro penultimo atto della Coppa che oggi avrebbe dovuto mettere di fronte Inter e azzurri. Le motivazioni sono identiche: è stato evidenziato il probabile afflusso di tifosi per i quali non sarebbe stato possibile individuare con esattezza la provenienza, con conseguente concreto rischio per la pubblica e privata incolumità connesso al possibile ulteriore diffondersi del virus COVID-19.
Una conclusione a cui, invece, non si era arrivati lo scorso week-end, quando il via libera alla disputa di Lecce-Atalanta al Via del Mare è stato garantito dal passaggio al termoscanner a cui sono stati sottoposti i tifosi bergamaschi prima dell'accesso ai tornelli del settore ospiti. Una soluzione raffazzonata con la quale non si sono scongiurati al cento per cento i rischi del contagio. Errore di sottovalutazione del problema che il giorno prima sembrava talmente insormontabile dal costringere la Lega Calcio a far slittare - con una decisione presa in fretta e furia - il big match scudetto Juve-Inter e altre 4 partite al 13 maggio. "La decisione è mia per statuto, ma i club coinvolti sono stati sentiti telefonicamente, per cui sappiamo bene le posizioni di ognuno, difficilmente conciliabili. Noi agiamo con senso di responsabilità per tutelare i tifosi e il diritto di tutti ad assistere alle partite, compresa l'esigenza dei broadcaster di trasmettere immagini di stadi pieni e festosi", ha dichiarato Dal Pino, ponendo l'accento più sull'immagine del brand Serie A che sull'incolumità dei cittadini. Calpestata la crisi sanitaria con decisioni discutibili, il numero uno della Lega Calcio ha messo a repentaglio oltretutto la regolarità del campionato con dei rinvii che rendono la vita impossibile a squadre come l'Inter, che potrebbero avere un calendario talmente intasato dagli impegni infrasettimanali europei da non poter fisicamente scendere in campo per completare le 38 partite del torneo. "Campionato falsato" in due parole – utilizzate anche da Beppe Marotta – con l'aggravante di aver "giocherellato con il calendario" perdendo tempo prezioso ai tempi del Coronavirus, come ha fatto notare Steven Zhang, tornando calmo dopo il messaggio in cui aveva fatto esplodere tutta la sua ira contro Dal Pino definendolo "il pagliaccio più grande e oscuro che io abbia mai visto".
In questo circo, fatto di clown e acrobati che non divertono più nessuno, è ovvio che lo show debba andare avanti per la ragion di stato rappresentata dal Dio denaro. Fermare il carrozzone sarebbe ancor più deleterio a livello economico per tutte le componenti, giocare nel silenzio di uno stadio vuoto, invece, è dall'inizio il minore dei mali di fronte alla nota causa di forza maggiore. Situazione già evidente giovedì scorso, ma che il calcio – distaccato dalla realtà – non ha voluto accettare. La falsa illusione di una regressione improbabile del virus ha messo a nudo le fragilità di un sistema di comando a cui è impossibile affidare anche solo le sorti del calendario di un torneo. Figuriamoci il futuro dell'intero movimento.