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La semantica del catenaccio

di Simone Togna
La Juventus è stata nettamente la squadra più forte dell’ultima decade. Nove campionati in dieci anni sono qualcosa di storico, per cui, dato che gol di Muntari e non espulsione di Pjanic su Rafinha a parte, non ci sono stati episodi così controversi e decisivi come ai tempi di Ronaldo-Iuliano o dei gol segnati contro i bianconeri che però non venivano convalidi dagli arbitri, si può solo applaudire la Vecchia Signora, che con merito si è portata a casa una miriade di Tricolori. Penso che anche il più accanito anti-juventino avrebbe poco da ridere su questa mia constatazione. Certo, potrebbe obiettare che le squadre rivali non esistevano, o meglio, che Inter e Milan anziché costruire compagini competitive, badavano più ad altro. Mentre tutte le altre non sono riuscite a contrastare la Juve. Fatti loro, insomma.

Nell’ultima stagione però c’è stata una squadra che ha dominato il campionato, vincendo lo Scudetto a mani basse, senza che ci fosse il minimo dubbio su chi fossero i migliori: l’Inter di Antonio Conte. I nerazzurri, oltre a schiacciare e scherzare contro il Milan, hanno detronizzato proprio la Juventus, e nel girone di ritorno è stata una cavalcata trionfale, fermata solo da Calvarese che ha regalato un rigore ai bianconeri per il calcio rifilato da Cuadrado a Perisic. Cose dell’altro mondo. Tutti si sono complimentati con i nerazzurri, anzi, nessuno ha nemmeno provato a instillare il dubbio su chi potesse essere la squadra migliore, ad eccezione del buon Bonucci, che probabilmente non ha mandato giù un quasi quinto posto.

Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni, ci mancherebbe, ma come Leo sostiene che la Juventus, quarta grazie al suicidio del Napoli, non abbia vinto il campionato per demeriti propri piuttosto che per bravura degli avversari, io posso dire di non essere assolutamente d’accordo. E anche ritenga un po’ una cazzata, passatemi il francesismo, questa tesi. Per una dichiarazione un po’ infantile, di quelle che: “Non gioco più e mi porto via il pallone se non fate come dico”. E la mia convinzione si rafforza ancora di più vedendo la Juventus attuale. I bianconeri, con quella volpe di Allegri in panchina, non a caso uno dei migliori tecnici italiani, non impongono il loro gioco, ma sfruttano le caratteristiche dei propri giocatori con ripartenze veloci e mirate. Il tutto con una fase difensiva da manuale, con quei professori Chiellini e Bonucci (e non lo strapagato De Ligt) che come disse Mourinho in tempi non sospetti, dovrebbero insegnare ai giovani in Università come poter essere così efficaci nel ruolo.

In altri tempi si sarebbe parlato di catenaccio e contropiede, ma oggi pare brutto utilizzare questi termini. E mentre l’anno scorso, invece che esaltare una squadra che le vinceva tutte o quasi – l’Inter di Conte – in molti mettevano l’accento su un gioco non spumeggiante, oggi quegli stessi esperti (?) sostengono che la Juve di Allegri sia cinica ed efficace. Semantica. Punti di vista. Vedremo domenica che tipo di partita sarà. La squadra che avrà la meglio, sia parcheggiando il bus, sia dominando dal primo all’ultimo secondo, otterrà quel che conta nel gioco del calcio: i tre punti nel Derby l’Italia. E gli sconfitti potranno dire di tutto, ma tanto il risultato non cambierà. Anche se sicuramente se ne sentiranno di ogni, come sempre: Inter-Juve e Juve-Inter, nella buona e nella cattiva sorte, significano anche questo.
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