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Lukaku e 3-5-2 religioso: l'acqua di Mönchengladbach lava il peccato originale di Conte

di Mattia Zangari

Novanta minuti e oltre da vivere come nell'epoca delle radioline, oggi affidandosi ai cellulari, aggrappati a un destino non strettamente dipendente dalle proprie azioni. Questo lo scenario nel quale si troverà mercoledì sera l'Inter, nella prima delle sei giornate dell'enigmatico girone B di Champions League in cui verrà garantita la contemporaneità tra i due campi. Una delle tante anomalie di un raggruppamento senza padroni né squadre materasso, come peraltro aveva suggerito da subito la sfida inaugurale, la spiazzante vittoria corsara conquistata dallo Shakhtar Donetsk al 'Di Stefano' di Valdebebas ai danni del Real Madrid. Un 2-3 frutto di una partita in cui i campioni di Spagna sono stati a lungo in balia degli ucraini, 'salvati' nell'extra time del secondo tempo per un fuorigioco attivo di Vinicius jr. sul gol di Valverde ravvisato solo al monitor dall'arbitro Jovanovic. Praticamente la stessa situazione vissuta dai nerazzurri martedì sera, quando l'interferenza di Embolo sul tiro vincente di Plea ha spinto Makkelie a invalidare il 3-3 che avrebbe esiliato Antonio Conte dall'Europa. Una condanna troppo dura da emettere anche per lo spietato Dio del Calcio che, pur offeso dalla hỳbris del tecnico della Beneamata, l'ha saputo perdonare lavando il suo peccato originale con la pioggia di Mönchengladbach. Tempo per la vendetta divina ce ne sarebbe ancora, ma a questo punto viene difficile prevedere su chi si abbatterà. Una vittima possibile potrebbe essere Zinedine Zidane, tracotante quanto basta da non potersi aspettare favori dal cielo nella partita da dentro o fuori con il Gladbach. Nell'ennesima finale di questo avvio di stagione – così Zizou chiama ogni partita da un mese a questa parte – il paradosso è che potrebbe bastare un pari per qualificarsi. Una 'x' non semplice da 'biscottare' anche dando per scontato il successo dei padroni di casa a San Siro. I precedenti suggeriscono che è meglio non fidarsi (Psv e Barcellona insegnano) e più in generale il giocare per non farsi male finendo per suicidarsi sarebbe una beffa almeno pari al danno di immagine subito dalla prima storica eliminazione ai gironi per i blancos.

Insomma, conviene puntare più su se stessi che su Eupalla, anche perché – che esista o meno e tifi per questo o quell'altro club – il guadagno come nella 'scommessa di Pascal' non è per nulla assicurato e la perdita potrebbe essere troppo grande. Sempre rimanendo in tema, questa campagna continentale ha insegnato a Conte che è meglio essere agnostici, evitando di sconfessare il proprio credo per inseguire chissà quali utopie di gioco celestiale. La reputazione in campo continentale, già macchiata da svariati insuccessi e in ultimo da una finale persa con il Siviglia ad agosto, non può essere cambiata in due mesi inseguendo precetti che non compaiono nel Vangelo secondo Antonio. A una partita dal verdetto finale, tra difetti di mira, sfortuna e torti arbitrali assortiti, gli errori che hanno avuto maggior peso specifico nel computo totale sono quelli di lettura del condottiero (mai) seduto in panchina: l'atteggiamento garibaldino della squadra che va avanti al grido 'meglio un 5-4 di uno 0-0' hanno sortito effetti devastanti sulla classifica. Si pensi al gol del 2-1 subito in casa coi tedeschi o al sorpasso definitivo nella tana madridista, due peccati mortali per la dottrina contiana, il cui comandamento principale sempre stato 'primo: non subire gol'. Missione riuscita solamente tre volte quest'anno, un dato che suffraga la tesi di noi comuni mortali secondo cui è deleterio difendere con 50 metri di campo alle spalle quando hai centrali non rapidissimi e dannoso pensare che dei centrocampisti assaltatori possano diventare fini palleggiatori.

Un'evidenza contro la quale Conte ha sbattuto la testa per due mesi, fino alla prestazione deprimente nel match di ritorno col Real. Che ha giocato a torello prima di andare in vantaggio al 7', per poi sfruttare la superiorità numerica dal 33' per la sciagurata reazione da doppia ammonizione di Vidal contro l'arbitro. Il punto più basso della stagione nerazzurra, un evento dopo il quale si è aperto un bivio inevitabile con due strade da seguire: stagione da comparsa o annata da protagonista. In 180', l'Inter ha imboccato di nuovo la strada maestra ed è riuscita a salire al secondo posto in classifica battendo il Sassuolo, oltre a sopravvivere a morte sportiva quasi certa in Champions con una prestazione che ha riportato le lancette dell'orologio alla bolla tedesca in cui si sono disputate le F8 di Europa League. In mezzo tante deviazioni inutili, il famoso 'percorso' che in realtà è sembrato più che altro un giro panoramico senza una meta precisa. Dopo mille peregrinazioni l'Inter è tornata al punto di partenza, tempo perso che forse solo il pass per gli ottavi di finale restituirà. L'unica cosa certa è che – salvo alcune variazioni sul tema – per Conte non esiste altro modulo all'infuori del 3-5-2. Una religione che, dopo questo avvio di stagione in cui ogni nuovo esperimento è miseramente fallito, ha fatto proseliti anche a Milano: tanti scettici hanno aderito fedelmente al nuovo-vecchio credo nella speranza che questo porti nuova gloria. Senza mancare di rivolgere le preghiere più sentite al profeta del verbo contiano Romelu Lukaku

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