Manchester-Inter: un grido disperato, uno schizzo di formazione e altre indicazioni
Il caldo e l'umidità di Singapore non possono offrire sentenze e nemmenno giudizi da prendere troppo seriamente. All'esordio nell'International Champions Cup, alla sua seconda amichevole dopo il Lugano, l'Inter trova un Manchester United quasi in formazione-tipo e con una condizione, una brillantezza e un'idea di base certamente superiori. Conte, in una sorta di gioco degli opposti, disegna, con la formazione di partenza, poco più di uno schizzo dell'Inter che vorrebbe.
Con Icardi lontano migliaia di chilometri, Nainggolan in tribuna, Politano e Lazaro infortunati, Perisic in panchina e il sogno di mercato del tecnico (Lukaku) seduto triste e sconsolato sull'altra panchina, quella avversaria, ecco che la formazione iniziale nerazzurra pare quasi un grido disperato. Ma dignitosissimo, forse persino oltre le aspettative, almeno all'inizio.
Ne è l'esempio Dalbert che nel ruolo di quinto a tutta fascia non sfigura in entrambe le fasi e, anzi, spesso si fa trovare nella posizione giusta secondo l'impostazione classica dello schema contiano che prevede l'esterno già alto e pronto a galoppare verso l'area avversaria non appena il play (ovvero Sensi) entra in contatto col pallone.
Dall'altra parte Candreva è più timido, forse solo più attento alla fase difensiva mentre il centrocampo, a parte Sensi che si conferma quel metronomo capace di dettare tempi e giocate che mancavano, fatica con la pesantezza di gamba di Brozovic e Gagliardini. Mancano del tutto gli inserimenti delle mezze ali (anche in questo caso probabilmente più dedite alla fase di non possesso), mancano capacità e fiato per attaccare l'area e la profondità come il tecnico, nelle sue idee, vorrebbe.
La condizione fisica non ancora buona e il caldo di Singapore sono molto più di un alibi. Per questo pretendere pressing alto, uscite rapide e scatti somiglia a un miraggio nel deserto e, onestamente, non potrebbe essere diversamente. La migliore notizia per Conte nei primi 45 minuti è la tenuta difensiva con il trio D'Ambrosio-De Vrij-Skriniar sempre attento e poco propenso a concedere spazi e uno-due allo United se non in un paio di occasioni. In avanti, il gran lavoro di Esposito che va a dare fastidio ai massicci centrali inglesi, ripiega, spesso raddoppia in aiuto a Dalbert e fa salire la squadra, fa capire perfettamente la centralità del centravanti e perché Conte, se potesse, andrebbe a prendere Lukaku e Dzeko sulle proprie spalle, uno in Estremo Oriente e l'altro negli Stati Uniti, e li porterebbe alla Pinetina a piedi.
Il secondo tempo certifica, anzi rafforza, l'idea di superiorità indiscutibile dello United. I Red Devils sfiorano il vantaggio in tre occasioni e alla fine lo trovano dopo la rivoluzione di Solskjaer che cambia 10/11 di formazione trovando nei giovanissimi Chong e soprattutto Greenwood (quest'ultimo in gol dopo una respinta non impeccabile di Handanovic e dopo essersi liberato agilmente dalla leggera marcatura di Joao Mario) brillantezza, coraggio, gamba, incurisoni e giocate decisive.
L'Inter cala e si abbassa, a poco o nulla serve l'ingresso di Perisic che va a fare coppia d'attaco con Esposito. Risulta impalpabile, in un momento di difficoltà della squadra, anche l'esordio di Barella. Della ripresa nerazzurra restano giusto un paio di situazioni di confusione nell'area inglese provocate da calci piazzati e poco più, se non l'attesa del 90' nel tentativo di non veder peggiorare il passivo, davanti a un avversario più forte e più in forma. Almeno a luglio. Al momento mancano chili, esperienza e qualità in attacco, manca la definizione degli esterni titolari (lo stesso Conte alla viglilia ha definito Perisic un osservato speciale) e il rodaggio dei centrocampisti (Brozovic è ancora indietro di condizione, Barella è appena arrivato e Sensi deve semplicemente ambientarsi e prendere confidenza). Le parole del tecnico prima della gara non risuonano fuori luogo: l'accelerata al mercato serve, così come la definitiva decisione su chi è dentro e chi è fuori. Per poi continuare a lavorare a testa bassa, senza distrazioni e senza proclami. Un allenatore come Conte merita di avere le armi giuste per provare a combattere.
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