Nel posto giusto, ma al momento sbagliato. E in colpevole ritardo
La gara contro la Sampdoria di questa sera non è una gara come le altre per il tifo nerazzurro e non perché significhi qualcosa per la lotta delle zone alte della classifica, ma perché porrà di fronte, idealmente, gli allenatori più vincenti dell’ultima decade interista: uno sulla panchina, a dover cercare di tirare fuori dalle sabbie mobili la squadra, e l’altro in tribuna a osservare e a farsi osservare da una miriade di occhi lucidi che lo acclameranno e che, verosimilmente, renderà la partita un semplice spettacolo di contorno. E’ chiaro che si sta parlando di Roberto Mancini e di José Mourinho che il fato, nelle vesti di Moratti, ha voluto si incontrassero in occasione di una delle sfide che più hanno elevato il personaggio Mourinho nell’ideale dei tifosi nerazzurri, quell’Inter-Sampdoria che tutti ricollegano al gesto delle manette del tecnico portoghese.
Sarebbe bello parlare della partita e di come potrebbe evolvere la classifica in caso di vittoria, ma come spesso accade quando di mezzo c’è l’uomo da Setubal i riflettori si spostano prepotentemente su di lui, lasciando la penombra a tutti gli altri presenti. Forse solamente Ronaldo (quello Vero e non l’imitazione portoghese, per cui mi auguro applausi scroscianti e a scena aperta) gli può rubare un po’ la scena, per non più di qualche minuto. Questo ritorno a San Siro, fra i tifosi interisti che lo hanno elevato al rango di divinità era quello che tutti attendevano da anni, da quasi sei ormai, da quella notte fra il 22 e il 23 maggio del 2010 in cui uno stadio gremito in ogni ordine di posto aspettava di vedere quella Coppa sollevata dal Capitano di mille battaglie e da quel condottiero, che però non si presentò mai a quell’appuntamento lasciando nei tifosi un po’ di delusione e senso di abbandono tipico di chi ha dato tutto per una persona, la quale, però, non ricambia. Mourinho è per gli interisti come una fidanzata, quella che hai amato alla follia, che non potrai mai dimenticare perché solo con lei ha vissuto sensazioni indimenticabili. E alla quale perdoneresti tutto pur di averla nuovamente con te o per non perderla mai più.
Tutto vero, tutto condivisibile, ma il portoghese a Milano torna con colpevole ritardo, perché la favola non doveva concludersi con lui che abbraccia Materazzi fuori dal Bernabeu prima che si allontanasse su di un Audi nera con la targa spagnola: doveva concludersi con lui e Zanetti che alzano alle 6 del mattino quella Coppa tanto bramata facendosi abbracciare idealmente dai tifosi accorsi a San Siro. Era questo l’happy ending che avrebbe chiuso perfettamente la favola di Mourinho all’Inter, e invece no perché su quel campo con Pupi c’era Angelomario Moratti, non José. Adesso lo Special One torna a San Siro, in ritardo e nel momento peggiore della squadra e per l’allenatore a cui è già succeduto in passato, alimentando false speranze e sogni che sono irrealizzabili. E questo non è giusto verso chi lo ha difeso e protetto per 3 anni contro tutti e contro tutto.
E’ bello che torni, ma gli si devono fare degli appunti: arriva con sei anni di ritardo, come è stato ampiamente spiegato in precedenza, e che, al di là di tutti gli eventi di quella stagione, non ultima il meeting con la dirigenza dei blancos dopo la finale, presentarsi al Meazza sarebbe stato un atto di gratitudine e rispetto verso chi a Madrid non c'era e attendeva la squadra a San Siro; il secondo è quello di aver alimentato a parole e, non ultimo, con la sua semplice presenza a Milano in questo periodo delicato, sogni irrealizzabili, illudendo migliaia di tifosi che forse un domani vorrebbero vederlo nuovamente su quella panchina, quando in realtà sta già affinando il suo accento scozzese per diventare Sir Alex FerMouson. I sogni saranno stati infranti dalle parole dello Special One che ha negato qualsiasi ritorno all'Inter, ma che per qualche mese serpeggiavano nelle menti degli interisti che quasi si erano autoconvinti di questa possibilità. Che abbia detto adesso che non verrà all'Inter, adesso, non cancella il fatto che abbia alimentato sogni e fantasie irrealizzabili. Scrivere queste cose genera un dolore tremendo, è come infliggersi una coltellata in pieno petto, però non è possibile non ammettere, pur a denti stretti, che un po’ è così. Una precisazione è dovuta e doverosa: chi vi scrive non pretendeva che Mourinho rimanesse all’Inter a vita, perché è un professionista e allenare il Real Madrid è un traguardo per chiunque faccia quel mestiere, ma in questi sei anni mi sono sempre chiesto perché a Stamford Bridge ci tornava anche quando era seduto su altre panchine e invece a Milano è venuto solo per allenare in un Milan-Real Madrid.
Se il sentimento di amore verso l’Inter e gli interisti è così vero e forte, perché non dedicar loro anche solo una sera in questi sei anni? Per una volta dovrebbero essere gli interisti a dire por qué José, por qué? Nessuno può, né vuole dubitare del suo amore per questi colori che ha difeso, ma insomma non credi, José, che i tifosi avessero il diritto di festeggiare anche insieme a te? Non potevi mettere da parte il tuo orgoglio per una volta e pensare prima agli altri che a te stesso? Quando dice di non aver mai trovato del tempo per tornare se non prima di questo fine settimana, racconta una mezza bugia perché non sempre il Real e il Chelsea giocavano in contemporanea con l'Inter e per uno come lui un posto a San Siro lo si sarebbe sempre trovato. Queste risposte non fanno altro che confermare quanto tu sia in grado di ammaliare con la tua proprietà di linguaggio tutti, pur non essendo essa verosimile né ragionevole. Ma i tifosi, quelli che erano e sono i tuoi adepti, la accetteranno senza proferir parola perché, in fin dei conti, ad uno come te si è disposti a perdonare tutto.
Sappi una cosa però: in quegli occhi che ti ammireranno e scruteranno questa sera le lacrime non saranno solo di gioia e di emozione nel rivederti, perché qualcuno rivivrà nella propria mente le immagini delle 6 del mattino del 23 maggio e lì tu non ci sei. I dotti lacrimali esprimeranno a modo loro anche rabbia e amarezza, perché nemmeno a una divinità come te tu si può perdonare tutto. Il popolo interista ti aspetta a San Siro, il posto giusto, nel momento sbagliato e tremendamente in ritardo.