Nella lunga attesa, è tempo di ballottaggi. Con un appuntamento a lunedì
La settimana del derby è frizzantina, e coi gomiti sul bancone del bar trovi due amici in pausa caffè che si punzecchiano tra risate e spallate d’intesa. Uno dei due è brizzolato, ma ha il volto tutto sommato giovane, e capisci che i capelli gli si sono ingrigiti precocemente a furia di sofferenze: è interista. L’altro, invece, è pacioccone, un po' vanaglorioso, e le guance rubiconde gli si gonfiano ogni qual volta si esalta, il che avviene con una frequenza sconcertante. Quest’ultimo, il milanista, risolve la contesa nella presa in giro finale, ride con fragore e le guance allora gli si gonfiano fino all’impensabile; il brizzolato sta già pagando i due caffè, perché è avanti in classifica. È un’ansia bella, un prurito piacevole, e la settimana sembra non finire mai; poi, di colpo, è domenica sera, e in realtà il tempo è volato. Stavolta, peraltro, la lunga strada per il derby si è estesa all’inverosimile, nutrendosi della pausa per le nazionali e rubandole la scena, complice anche la poco coinvolgente Italia di Ventura. È un periodo di tempo indefinito in cui si susseguono pronostici, quote, luoghi comuni, dichiarazioni degli addetti ai lavori ripescate ad hoc per rendere il clima più effervescente; soprattutto, però, è tempo di formazioni, e i tifosi tracciano la propria, mentre i giornalisti provano a capire se uno dei due tecnici abbia intenzione di tirare fuori il proverbiale coniglio del cilindro. Il presente vede un Milan che non ha ancora trovato un’identità precisa e rinsaldata dai risultati, mentre l’Inter appare senz’altro più facile da leggere, e i dubbi di questa lunghissima vigilia si sono ridotti sostanzialmente a due. Questo è il tempo dei ballottaggi, signori, perché l’undici del derby rischia di restare impresso nella memoria, nel bene o nel male. Mai sottovalutare, dunque, il tempo dei ballottaggi.
NAGATOMO E DALBERT – Il testa a testa tra Nagatomo e Dalbert non era nelle aspettative della stagione nerazzurra. Il brasiliano, infatti, ha una storia e un costo, e si riteneva con generale serenità che il suo apporto si sarebbe fatto concreto e tangibile in tempo perché l’ex Nizza si mangiasse ogni dubbio sul suo conto entro questa fatidica data. Si è fatto un gran parlare della sua vocazione offensiva, fin troppo garibaldina per i tatticismi ipercomplessi di quella gigantesca scacchiera che è una partita di Serie A. Dalbert, infatti, inizia il suo ciclo di lezioni private presso il professor Spalletti, ben coadiuvato dal prudente collega Martusciello. L’effetto di ipercompensazione lo vede dunque scendere in campo con un atteggiamento assai guardingo, quasi come chi esce di casa a prendere la posta e non si allontana troppo dalla porta che ha lasciato socchiusa. Il guaio, però, è che il brasiliano ha destato dubbi anche in fase difensiva, con un paio di lisci e di giocate poco adatte al contesto fin dalla gara con la Spal. Dal Pacifico, forse, Nagatomo ha fiutato l’aria di Milano, e si è affrettato a tornare in Italia mercoledì, con un giorno d’anticipo sul programma che prevedeva il suo rientro per la giornata di ieri. Il giapponese è ormai un volto noto, un libro aperto: sulla dedizione alla causa del ragazzo, non potrebbe nutrir dubbi neanche il suo più furioso detrattore; di contro, quando la palla gli capita tra i piedi lì dietro, siamo tutti in apnea. Ma tant’è. Un ballottaggio difensivo deve tener conto anche dell’avversario, e la quasi certa presenza di Suso desta preoccupazione e brutti ricordi. Un giocatore come lo spagnolo, abile come sono le migliori ali moderne a giocare a piede invertito, tende a fare un movimento se si vuole ripetitivo, ma micidiale. Ogni qual volta Suso viene dentro il campo e punta l’area, il suo mancino può essere arginato con maggior fortuna da chi, come Nagatomo, è destrorso e veloce nello stretto. L’affetto esclusivo che Dalbert nutre per il suo piede sinistro e le scarse sicurezze che il suo apporto ha finora garantito lasciano supporre che difficilmente Spalletti lo preferirà al più collaudato giapponese; intanto, il brasiliano continua a prendere ripetizioni, come pure gli è capitato nella sosta, e tutti si attendono che prima o poi possa trarne un vantaggio tangibile.
GAGLIARDINI E VECINO – Partiamo da un assunto, mutuato dai numeri prima che dalle impressioni: appare davvero difficile che Spalletti rinunci a Borja Valero per il derby. Lo spagnolo è sicuramente appannato e meno trascinatore del previsto, con molti tromboni che, nei tempi morti della sosta, si sono affrettati a suonare per lui tristi musiche da giocatore in declino; la sua qualità, tuttavia, è irrinunciabile per una squadra che già di suo fatica ad esibirsi in geometrie che non siano elementari. L’incertezza, dunque, si limita alla coppia Gagliardini-Vecino, visto che qualche metro più avanti la sfortuna di Brozovic ha risolto ogni dubbio inerente alla presenza di Joao Mario. Che a Spalletti Vecino piaccia di più, anche questo pare fuor di dubbio: l’uruguaiano conosce Borja come le sue tasche, ha un piede niente male e un passo che gli consente di muoversi con tutta agevolezza in verticale. Gagliardini, invece, è per il tecnico la classica diga, più che l’interno di fisico e qualità che si era intravisto nel primo periodo milanese. Le incertezze in merito al suo ruolo e il primo vero impatto con una realtà assai poco incline al perdono quando la sbornia è finita, un calo di forma fisica dovuta alle risicate vacanze: Gagliardini è oggi in una bolla di mediocrità, tant’è che l’autorevole e spigliato centrocampista dell’anno scorso pare spesso incapace di gestire il pallone con tranquillità. Chi scrive aggiunge umilmente che l’ex Atalanta sta mostrando una sostanziale difficoltà a giocare a due, cosa che gli capita con beffarda assiduità in nerazzurro così come nelle prove fin qui poco più che opache che Gagliardini ha fatto registrare in Nazionale. Il ragazzo è probabilmente un interno, uno di quelli che han bisogno di un Cambiasso o un Thiago Motta dietro le spalle per sentirsi in fiducia e iniziare a martellare, mentre sull’altro lato un collega svolge lo stesso compito; col tempo e l’esperienza, poi, come accaduto a Marchisio, lo vedremo magari trasformarsi in quel centrocampista totale che oggi non è. Vecino, dunque, resta senz’altro più affidabile, più letale in zona gol, e ha dalla sua il vantaggio della sicurezza, che si sarà senz’altro nutrita delle buone prove con cui si è disimpegnato in Nazionale: ecco perché, anche in questo caso, potrebbe accadere che Spalletti semplicemente opti per la soluzione più rassicurante, com’è giusto e ovvio che sia per una gara del genere. Solo le traversate oceaniche di Vecino, e il fatto che Gagliardini abbia avuto modo di allenarsi un paio di volte in più coi compagni, potrebbero suggerire al tecnico che l'azzurro offra maggiori garanzie. Le urne, in ogni caso, saranno aperte fino a domenica sera, e c’è da giurare che l’esito dei ballottaggi si chiarirà non prima di quel momento. In fondo, abbiamo aspettato abbastanza, possiamo attendere ancora. I due amici, domattina al bar, troveranno comunque da parlare e ridere, mentre giocheranno in anticipo il loro personalissimo derby. Il milanista gonfierà le guance, l’interista farà per offrirgli ancora il caffè, ma stavolta sarà bloccato dal suo socio, perché la classifica in questi casi smette semplicemente di esistere, e subentra quatta quatta la scaramanzia. Appuntamento a lunedì, chi perde paga.