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Nessuno è fesso, tutti stanno cercando di capire

di Mattia Zangari

'Cca nisciuno è fesso', per dirla alla Antonio Conte, ma sulla lotta scudetto nessuno sembra averci capito qualcosa dopo le prime sei giornate di campionato. E’ in questo caos che il tecnico del Napoli, usando un aforisma tipicamente partenopeo, ha voluto togliersi dalle spalle il peso mediatico che lo accompagna in ogni sua esperienza rispetto alle aspettative di vittoria associate alla squadra che allena. Che ora, a sorpresa viste le premesse, occupa il primo posto della classifica. Da quel 3-0 a Verona che aveva fatto vergognare il salentino, gli azzurri sono stati i più continui, pur beneficiando di un calendario - Antonio dixit - non impegnativo, se si eccettua lo scontro diretto con la Juve, terminato a reti inviolate. ‘Scontro diretto’ lo ha definito Conte, per quale obiettivo non è dato saperlo, visto che anche il collega bianconero Thiago Motta gioca a nascondino sul tema. Da settimane, l’italo-brasiliano va ripetendo che la sua squadra deve ragionare di partita in partita con l’ambizione di chi vuole migliorarsi. La parola ‘scudetto’ resta un tabù per la Vecchia Signora post-allegriana, che ha uno score singolare in questa Serie A: tre vittorie per 3-0 con avversarie morbide (Verona, Como e Genoa) e altrettanti pari senza reti con sfidanti più toste come Roma e Napoli, oltre all’Empoli, una della sorprese di questo avvio. Il dato che salta all’occhio è soprattutto uno: i sei clean sheet, conditio sine qua non per vincere in Italia. Certo è che pareggiare la metà delle gare disputate in campionato non depone a favore della Juve, che comunque resta immune da sconfitte allargando il discorso anche all'Europa. Non male per una squadra che sta tentando una nuova via per fare calcio dopo il recente passato. 

Sul gradino più basso del podio si sistemano le due milanesi, a pari punti dopo aver percorso traiettorie diverse che si sono incrociate nel derby. Partita che ha cambiato di segno i giudizi soprattutto sul Milan, riabilitato dal 2-1 meritato imposto all’Inter, che con la sconfitta non ha fatto altro che confermare - secondo la maggior parte della critica - di essere la più forte in Italia, che però non si applica come era accaduto nella stagione magica conclusa con la seconda stella. Punti di vista legati semplicemente all'arco temporale di una partita, prospettive che cambiano da un week-end all’altro, a volte anche nel giro di tre giorni. Se c’è la Champions, il rischio di contraddizione aumenta. Già, la Champions a 36 squadre. Una competizione in cui è difficile trovare l'orientamento verso la qualificazione, un tutti contro tutti dove ogni squadra affronta otto avversari diversi ma la classifica è unica. Un mostro ibrido che condiziona ancor di più i tornei nazionali rispetto al passato, un accenno di Superlega ma meritocratica secondo i criteri dettati dalla UEFA.

Intanto, in attesa di capire come si svilupperà questo format nuovo di pacca, si aggiungono partite a un calendario già intasato di suo (tra poco un’altra sosta per dare spazio alle nazionali), senza contare che chi non arriva nelle prime otto deve provare ad accedere agli ottavi tramite i playoff (andata e ritorno). Uno svantaggio per chi partecipa alle Coppe di fronte al quale Conte, al di là dei valori delle rose che sono tutti da verificare dopo un mercato che ha rivoluzionato quasi tutte le big eccetto l’Inter, non può far finta di nulla. Sì, perché ‘Cca nisciuno è fesso’. Neanche i tifosi che conoscono bene la strategia comunicativa del Comandante. 


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