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Niente Inter in Nazionale, uno schiaffo alla storia. Ma basta con il tifo contro

di Maurizio Pizzoferrato

Domani sera gli azzurri d'Italia voleranno a Rio de Janiero con un volo charter in partenza da Roma-Fiumicino. Nel mirino, il Mondiale in Brasile. Lo chiamano il Mondiale dei Mondiali, esserci rappresenta il massimo della carriera di un calciatore. Sulla scaletta del charter azzurro salirà un solo nerazzurro, Andrea Ranocchia. E non salirà nemmeno dalla scaletta principale. Il centrale interista andrà nella terra del samba come ventiquattresimo, prima riserva insomma. Si allenerà nel ritiro dorato di Mangaratiba sino alla vigilia dell'esordio del 14 giugno a Manaus con l'Inghilterra e rimarrà poi in gruppo solo in caso di infortunio di un compagno di reparto.

Ranocchia ha perduto il ballottaggio con il collega del Parma, Paletta, che però non sta benissimo e quindi Prandelli si cautela. Non voglio entrare nel merito della scelta tecnica del Ct a cui auguro, da tifoso della Nazionale, di vincere il Mondiale. Ma inizia ad essere un pò penalizzante a mio avviso, per l'immagine dell'Inter, l'assenza di nerazzurro nel club Italia. Assenza chiaramente forzata dal fatto che da anni nella nostra squadra militino prevalentemente giocatori stranieri. Se Ranocchia dovesse tornare a casa, sarebbe il secondo mondiale consecutivo, dopo quello disastroso in Sudafrica nel 2010, senza giocatori della Beneamata tra i convocati. 

La storia azzurra è stata invece scritta in modo importante dai nerazzurri. Pensiamo a Giuseppe Meazza, il più grande. A Benito Lorenzi. Pensiamo addirittura ad Helenio Herrera che condivise la panchina azzurra con Valcareggi per otto mesi dal 1967 al 1968. Pensiamo alla Nazionale che si laureò campione d'Europa, sempre nel '68, battendo in finale a Roma la Jugoslavia. Quell'Italia arrivò in finale eliminando l'Urss a Napoli, grazie alla monetina. La lanciò verso il cielo il Capitano, il grande Giacinto Facchetti. In quale squadra giocasse mi pare inutile ricordarlo. Nella finale bis, quella che consegnò la Coppa, Valcareggi schierò Zoff; Burgnich, Facchetti; Rosato, Guarneri, Salvadore; Domenghini, Mazzola, Anastasi, De Sisti, Riva. Cinque interisti in campo, dunque.

Nel mondiale del 1970 in Messico, quello della mitica Italia-Germania 4-3 e della finale persa con il Brasile di Pelè, alla truppa si aggiunsero Bertini, Lidop Vieri e un certo Roberto Boninsegna, appena acquistato dall'Inter e che si impose per anni come uno dei migliori attaccanti del mondo. Nel 1982, l'Italia vinse il mondiale a Madrid contro la Germania, battuta per 3-1. Bordon era il portiere di riserva, Bergomi, appena diciottenne, fu uno dei migliori in campo. Altobelli realizzò il gol sicurezza, l'altro interista Oriali annullò fino a farlo diventare isterico il fortissimo Stielike. A Italia 90, il Mondiale dei rimpianti, Vicini poteva contare su Zenga, Bergomi, Ferri, Berti e Serena. Poi nel 1998 ricordiamo Di Biagio e Vieri che disputò anche l'edizione nippo-coreana del 2002. Nel 2006 fu Marco Materazzi a colorare di nerazzurro il trionfo di Berlino. L'Inter e la Nazionale sono state per anni buoni amici, complementari.

Da qualche anno non è più così, anche se non esistono colpe specifiche. E' il frutto di scelte strategie legittime, ma dispiace. Come dispiace leggere sui vari social molti tifosi nerazzurri professare il loro tifo contro una Nazionale considerata una Juventus mascherata. Per carità ognuno è libero di tifare per chi gli pare, ma l'Italia ai Mondiali è stata per decenni un'emozione patrimonio di tutti a prescindere dai colori delle maglie dei club. Che non sia più così mi pare un altro passo verso il declino anche culturale del nostro Paese. Ma questa è un'altra storia. Da interista mi auguro comunque  che nel giro di qualche anno l'azzurro torni ad essere aiutato dal nerazzurro. Farebbe bene soprattutto all'immagine dell'Inter. Intanto dai Italia, senza se e senza ma.


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