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No coraggio, no Inter

di Lapo De Carlo

Assistere a uno Juventus-Inter di questo tipo è stato personalmente inedito. Nessun dolore, nessuna forma di rabbia. Nemmeno per i gol subiti conditi comicamente da incertezze, superficialità o errori di posizione. Nessun sussulto, solo un'occhiata a quell'Inter senza vita e senza classe che si comportava da perfetta provinciale, facendo il compitino contro una Juventus neppure irresistibile. Niente fino al 20° del secondo tempo. Da quel momento si realizzava una vicenda che è il simbolo dell’attuale guida tecnica. E di quello che poteva fare perché il derby d’Italia fosse tale. Facciamo un passo indietro.

Siamo a pochi minuti dall'inizio  e ancora spero che la formazione dell’Inter non sia quella prevista. Capisco che le assenze di Cambiasso, quella forzata di Guarin e quella burocratica di Hernanes diano a Mazzarri meno opzioni. Ma da giorni si parlava della possibilità che giocassero insieme Taider e Kuzmanovic, che per caratteristiche sono due incontristi, delegando a Kovacic il compito di costruire il gioco. In campo pure Jonathan e per l’ennesima volta Palacio, unica punta, assistito da Alvarez. Il resto avrebbe dovuto farlo l’ispirazione degli interpreti. L’undici titolare invece viene confermato, in tutto e per tutto. E in quel momento ho attivato il chip della rassegnazione. In definitiva l’allenatore non ha sbagliato formazione. Ha fatto quella più logica, quella più equilibrata, ma è proprio questo che fa la differenza in un grande club come l’Inter tra un bravo tecnico e uno grande. L’intuizione, l’effetto sorpresa e soprattutto il coraggio. La capacità di sorprendere e di trasferire un sogno a una squadra. Invece è da mezza stagione che guardo a un Inter più attenta a non tradire gli equilibri di quanto non veda una squadra che cerca di andare oltre i propri limiti.

Ed ecco che Mazzarri decide di fare la cosa giusta quando la partita non ha più senso. Mette Milito vicino a Palacio e toglie Kuzmanovic, sostituisce D’Ambrosio per Jonathan e infine Ruben Botta per Kovacic. Da quel momento l’Inter gioca a calcio. Contrariamente a quello che molti di voi penseranno, non è perché la Juventus arretra il baricentro e inizia un processo di distrazione di massa. E’ solo che ha di fronte un avversario improvvisamente  più tecnico e insieme più imprevedibile. E ha preso un gol da Rolando, rischiando di prenderne un altro da Palacio.
Quel vago senso di frustrazione che traspare in questi minuti, di poco successivi al termine della partita, emerge perché leggendo le dichiarazioni pre-gara, in cui si parlava di “provare a giocare la partita”, confidavo in una squadra propositiva, che non aveva nulla da perdere. Ma non è stato così.

E allora mi viene da chiedere al mio allenatore di fare qualcosa di interista, di osare, di capire quanto la ricerca degli equilibri abbia ucciso la spontaneità del gioco, mortificato il poco talento e appiattito l’identità. Il calcio non è solo una questione di schemi a cui i giocatori devono adattarsi. E’ più facile il contrario.
Io penso ad esempio che ieri l’Inter avrebbe reso di più con un 4 3 3 che liberasse Kovacic dal compito ingrato di fare da raccordo tra i due reparti trovandosi sempre in inferiorità e senza compagni da servire in verticale. Ma se Mazzarri è convinto che non sia il caso va bene. In quanto a tattica ne sa più di me e tutti noi messi insieme. A me basterebbe che provasse a mettere in discussione anche le cose imparate negli anni di gavetta e l’affermazione come allenatore al Napoli, perché se “il bello deve ancora venire”  sarà solo quando capirà che l’Inter va gestita da Inter e non come l’esperienza del passato gli ha insegnato.

Per il resto ho sofferto vedere i patimenti di Kovacic, non a suo agio, richiamato continuamente dalla panchina e sbagliando il movimento che ha portato al primo gol della Juventus. Mi è dispiaciuto vedere un Alvarez con poca grinta e senza idee e soprattutto Palacio che al di là dei buoni movimenti ha fatto tre errori che ognuno può decidere quanto siano costati. Non segna più ed è sempre solo in avanti. Bravo invece Taider che ha trovato ritmo, grinta e tempi di gioco come non si era abituati a vedere. Milito è ancora lento e ci vorranno ancora delle partite per vederlo lucido. D’Ambrosio ha fatto il suo dovere in una partita compromessa ma ha mostrato di essere solido.
La vera rivelazione è però Ruben Botta. Non solo per i colpi e i preziosismi quasi mai fini a se stessi, piuttosto per la personalità con cui è sceso in campo. In alcuni momenti lo si vedeva persino dare indicazioni o incoraggiare i compagni come fosse un veterano.
Il campionato dell’Inter riparte la prossima settimana dal Sassuolo. Ora Mazzarri sa di avere una squadra con un Hernanes e un D’Ambrosio in più, un Ranocchia (rimarrà in nerazzurro) e un Guarin da rigenerare (ma è nell'interesse del colombiano giocare bene in vista dei mondiali), un Kovacic su cui insistere sferzandolo e proteggendolo da un ambiente che si appresta a massacrarlo col consueto processo di ridimensionamento.
Coraggio Mazzarri. Stupisca se stesso e gli interisti.


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Domenica 15 dicembre