.

Non è ancora una squadra, ma è tornato lo spirito bauscia. Quello che piace

di Maurizio Pizzoferrato

Gli episodi hanno indirizzato la vittoria di domenica sera all'Olimpico contro la Lazio. Gli interisti hanno il diritto di poter ammettere qualcosa a favore senza vergognarsi di nulla, a differenza di altri. E quindi a testa alta e petto in fuori registriamo, a parte la sacrosanta doppia inferiorità numerica dell'avversario per due espulsioni inevitabili causa regolamento, il fuorigioco attivo di Medel in occasione del pareggio su punizione di Hernanes e un fuorigioco sbandierato erroneamente a un Candreva proiettato pericolosamente verso Handanovic. Di contro all'Inter manca un rigore per fallo solare di Ciani su Icardi. Applausi alla Lazio per non aver mollato un centimentro fino alla fine, sostenuta alla grande dai suoi innamorati. Punto. Ora veniamo a noi.

Il successo maturato all'Olimpico risulta importantissimo per questo rush finale. Sarà difficilissimo centrare l'obiettivo Europa, ma il fatto di giocare ancora per qualcosa e non solo per l'onore della maglia, servirà a Mancini e dirigenza anche per capire l'effettivo valore di alcuni elementi in vista della prossima stagione che, a detta del tecnico, dovrà vedere l'Inter in lotta addirittura per lo scudetto. In sei mesi manciniani ci sono stati enormi progressi, ma ancora non è stata formata una Squadra. Le partite contro Fiorentina, Udinese e Lazio, avversarie che hanno terminato il confronto in nove uomini, ne sono la conferma, a prescindere dal fatto che contro la viola si sia perso e invece siano arrivati i tre punti nelle altre due occasioni.

L'Inter è ancora prigioniera dei suoi umori, subisce gli eventi più che indirizzarli. A volte la fa franca perché, e qui si vedono i progressi, alcuni giocatori si stanno convicendo di valere di più di quanto si pensasse e finalmente tentano la giocata. A Roma lo ha fatto Kovacic nel secondo tempo, lo sta facendo da più partite Hernanes. Ma è la struttura mentale che ancora manca. Quella che ti fa giocare da Squadra, sempre. E che quindi offre ai tifosi una logica, sempre. E non solo a sprazzi. Emblematico che contro la Lazio, il gol vittoria sia stato realizzato in contropiede, con l'avversario quindi in attacco, anche se in nove uomini. Questa stuazione porta a dire che quest'Inter possa fare meglio contro le grandi che giocano e lasciano spazio, piuttosto che contro le piccole che, specialmente a San Siro si schierano tutte dietro la linea della palla.

A mio avviso, anche questo dato dimostra come la squadra non abbia ancora la mentalità e la capacità di gestire le partite come vorrebbe Mancini. Io preferirei sempre giocare in casa, affrontando un Torino, un Parma o un Chievo che stanno lì ad aspettare. Perché vuol dire stazionare per gran parte del match nella metà campo avversaria e quindi con l'inerzia a favore. Ma per scardinare i bunker occorre da subito far pesare all'avversario di turno la voglia di vincere, il peso della maglia e dello stadio e soprattutto il talento dei singoli. Ormai il possesso palla è quasi sempre a favore dei nerazzurri, ma ancora troppe volte è una palla che va indietro invece di scorrere veloce nella zona che fa male all'avversario, manca il coraggio di osare, di vincere i duelli individuali, di imporre la forza d'urto.

Sembra chiaro che oltre a una crescita mentale, serva anche per la prossima stagione un grande centrocampista che sappia iniziare l'azione, che detti i tempi di gioco, che sappia inserirsi in zona gol. Medel schierato davanti alla difesa è sempre tra i migliori e risulta quasi insostituibile, ma la sua caratteristica migliore è quella di ruba palloni con tanto cuore e grinta, non certo di costruttore della manovra. Queste cose le sanno Roberto Mancini e la società, quest'ultima assolutamente preparata alle contromosse da opporre alle sanzioni comminate dall'Uefa in ossequio al financial fair play.

Sanzioni che, nonostante analisi catastrofiste da parte di qualcuno sempre pronto a drammatizzare, sono invece assolutamente in linea con le aspettative della dirigenza dopo mesi di incontri ed esposizioni di strategie per rendere al più presto virtuoso il bilancio nerazzurro. Non si tratterà di una passeggiata di salute, ma le parole cariche di ottimismo di Michael Bolingbroke dopo l'annuncio dell'Uefa non sono aria fritta e soprattutto dovrebbero rilassare la tifoseria perché non fanno presupporre lacrime e sangue, ma sforzi importanti per consegnare a Mancini una squadra di qualità e competitiva. Lo hanno capito: le casse si riempiono con le vittorie, non arrivando quinti, sesti o noni. E per vincere, servono i vincenti.

Tornando al presente, è iniziata un'altra settimana di passione per il popolo nerazzurro dopo quella che ha preceduto il derby. Sabato alle 18 non sarà l'ora dell'aperitivo a Milano. Al Meazza arriva la Juventus, già campione d'Italia. Forse con il morale alle stelle per aver raggiunto anche la finale di Champions League o delusa per aver lasciato la pelle sotto i colpi del Real Madrid nella bolgia del Santiago Bernabeu. L'importante è che sia bolgia anche a San Siro per quella che non sarà mai una partita insignificante. A maggior ragione ora, dopo il blitz dell'Olimpico. Non siamo ancora una Squadra, ma è tornato lo spirito bauscia. E questo già piace a chi ha l'Inter nel cuore.


Altre notizie