(Non) è solo un gioco
"E’ solo un gioco" è la frase che utilizzano le poche persone che non comprendono a fondo ciò che rappresenta il calcio nelle vite di chi lo considera "la cosa più importante tra le meno importanti", per citare una frase celebre di Arrigo Sacchi. Mettendo tutto nella prospettiva giusta, visto gli ultimi accadimenti nel mondo tra guerre e attentati terroristici, il caso scommesse che ha turbato questa infinita sosta per le nazionali va inquadrato come il più classico evento che ci ricorda che questo sport non ha vita propria, ma va collocato all’interno della realtà di tutti i giorni. Il fatto di sapere che almeno due calciatori della Serie A 'puntassero' dei soldi sul calcio, dal punto di vista del tifoso, è l’ennesima perdita dell’illusione che già altre volte è stata sperimentata con altri scandali ben peggiori. Non è un 'un alto tradimento', come nella definizione del Ministro dello Sport Andrea Abodi, perché gli sportivi in genere non sono obbligati a dare l’esempio, ma è un comportamento che, fino a che non verranno chiarite le posizioni di tutti i coinvolti, genera il sospetto che quello che è stato messo in scena sul rettangolo verde non sia del tutto autentico.
Uno scenario ancora tutto da dimostrare che, per esempio, nel caso di Nicolò Fagioli non è si è verificato. Nella giornata di martedì, infatti, la Procura Federale ha comunicato di aver raggiunto un accordo con lo juventino a seguito del quale lo stesso verrà sanzionato con una squalifica di 12 mesi, 5 dei quali commutati in prescrizioni alternative, e una ammenda di 12.500 euro, per la violazione dell’art.24 del CGS che vieta la possibilità di effettuare scommesse su eventi calcistici organizzati da FIGC, UEFA e FIFA. Insomma, non è stato commesso un illecito, ovvero Fagioli non ha alterato il risultato di nessuna partita. Ha patteggiato e la sua pena è stata sensibilmente ridotta.
Da capire cosa succederà a Sandro Tonali, l’altro indagato, che nella deposizione durata quasi tre ore resa al Palazzo di giustizia di Torino avrebbe confermato tutto quanto già detto alla Procura federale, ovvero di aver scommesso sul calcio e anche sul Milan. Di preciso non si sa cosa, un dettaglio trascurato in malafede dai tribunali dei social che vogliono per forza un colpevole da condannare senza conoscere la gravità di ciò che è stato commesso. Diverso, infine, il caso di Nicolò Zaniolo, la cui linea difensiva è diversa dai precedenti due: il centrocampista dell’Aston Villa finora avrebbe fatto sapere che ha scommesso su blackjack e poker, il che non lo esporrebbe a rischi dal punto di vista sportivo.
Nel frattempo, in questo caos mediatico in cui il racconto va avanti a soffiate pagate, smentite e minacce di querela, ogni tanto spunta la parolina magica ‘ludopatia’, che in realtà tecnicamente si chiama 'disturbo da gioco d’azzardo’, per cercare di banalizzare una questione molto più complessa. Per capirne la portata, citiamo il sito di Sky Sport: "La priorità degli inquirenti ha come obiettivo principale la scoperta della rete di siti e agenzie di scommesse clandestine legate alla criminalità organizzata. Organizzazioni che gestiscono milioni di euro in modo illegale e che tramite questo sistema riciclano ingenti quantità di denaro sporco". No, non è solo un gioco.