Oratorio a Roma, è tornata la crisi Inter. A Torino con cattiveria
Domenica scorsa, e non me ne vogliano gli amici interisti, né tantomeno i direttori di gara in questione, la sfida tra Roma e Inter è stata falsata. Rocchi sul campo e Fabbri al Var non hanno assegnato un penalty netto, anzi nettissimo, per il fallo di D’Ambrosio su Zaniolo. Un rigore enorme per i giallorossi. E qui concordo con Nicchi quando parla di “errore inconcepibile”. Ma attenzione: non si tratta dell’abbaglio più grosso di questo inizio di Serie A.
Quello per onestà intellettuale lo associo alla parata di Dimarco in Inter-Parma. Si era sullo 0-0. I ducali avrebbero giocato il resto della gara in 10 contro 11. E soprattutto l’ex Inter non avrebbe siglato il gol partita nei minuti successivi della gara. Allora però non ci furono titoloni di giornali che parlarono di furti. No. Né tantomeno proteste eclatanti (o eccessive) dei vertici nerazzurri. E addirittura Nicchi sostenne solo che “gli errori dovevano essere accettati serenamente”.
Con tutto il rispetto e l’ammirazione possibile che posso avere di un grande professionista, in questo caso mi permetto di dissentire da almeno una delle sue dichiarazioni. Perché la dicotomia di trattamento, almeno a livello mediatico, è eclatante. Reputo più grave non vedere una parata rispetto ad un fallo di gioco. E la scusante non può neanche essere quella per cui l’Inter avrebbe dovuto comunque sconfiggere un avversario sulla carta più forte. Anche perché poi un pensiero simile potrebbe essere venuto fuori anche dopo Sassuolo-Inter: quando, e anche in questo caso nessuno gridò allo scandalo, Mariani non indicò il dischetto per un chiaro fallo su Asamoah. Per quale motivo tutti quelli che allora tacquero sono venuti fuori adesso? Troppo comodo. E a convenienza. La critica più incisiva la si sarebbe potuta esprimere sull’atteggiamento dei nerazzurri. Come ha detto Spalletti nel post gara: “è facile dire di essere bravi e belli, ma poi lo si deve dimostrare sul terreno di gioco”. Ed è questo il nodo cruciale della situazione.
A Roma l’Inter avrebbe dovuto vincere. O quantomeno giocare una gara diversa. La sensazione percepita era di una squadra che si sentiva più forte rispetto all’altra ma non è riuscita a portare a casa il bottino pieno. Avrebbe potuto perdere e si è specchiata troppo in se stessa. A Londra, come scritto nel precedente editoriale, io avrei puntato a segnare, proprio per delle logiche di passaggio del turno che richiedeva almeno una rete affinché poi, anche in caso di sconfitta col Tottenham, dipendesse ancora tutto dalla Beneamata. Contro i giallorossi invece avrei giocato quella partita attenta e senza forzare troppo che è venuta fuori a Wembley. Pareri personali.
Col senno di poi è facile parlarne ma credo di essere una delle poche persone che non ha apprezzato Roma-Inter. Il motivo è semplice: quando entrambe le squadre lasciano troppi spazi ai rivali e ognuna può segnare da un momento all’altro c’è qualcosa che non va. Da vedere si tratta di partite magari anche spettacolari. Ma nell’analisi di un professionista le associo, almeno per alcuni tratti, alle partitelle degli oratori. Senza tattica e disciplina può vincere un singolo incontro, ma alla lunga sei destinato a rimanere con un pugno di mosche.
Sono convinto che tale modus operandi non verrà riproposto in futuro, perché altrimenti squadre tecnicamente e tatticamente quasi perfette come la Juventus potrebbe avere vita facile. Ed ecco arrivare proprio la sfida contro i bianconeri, che tanto per cambiare è stata preceduta dal classico crisi Inter. Signori miei: il Biscione è terzo con 5 punti di vantaggio (che poi con tutta probabilità è come se fossero 6) sulla Lazio quarta. In piena corsa in Champions League. E se le cose dovessero andare come all’andata (e come sinceramente sarebbe giusto) i nerazzurri sarebbero agli ottavi della competizione. Crisi è quando non vinci 3-4-5 partite di fila contro squadre nettamente più scarse, giochi male, lo spogliatoio è disunito. Ora è un momento di appannamento. O forse quello in cui si cerca l’ultimo e definitivo step, di un team pronto a vincere il campionato.
Ma perdonatemi, io questo me lo aspetto nella prossima stagione, non ora. Se poi dovesse arrivare prima, tanto meglio per i supporter meneghini. Ma ad oggi parlare di Inter che vuole vincere lo scudetto e magari anche la Champions mi fa sorridere. Poi tutto può succedere, ma oggettivamente ci sono team molto più attrezzati. Uno di questi lo si incontrerà stasera. E qui mi aspetto una prova da uomini. Il risultato conta in modo relativo, è la prestazione lo snodo determinante. Si deve solo dimostrare di avere la voglia e la convinzione giusta di poter mettere in difficoltà chiunque nella partita secca. Questo sì. Altrimenti tutti coloro i quali hanno attaccato preventivamente Spalletti e i giocatori nerazzurri, verranno fuori con un insopportabile: “E ma io l’avevo detto”… Sai che bello per Icardi e compagni zittirli con una prova sontuosa in quel di Torino?