Per ora giudicare oltre il risultato
La sconfitta di Roma, seguente al pareggio interno con il Bologna e al secondo deprimente ko in Europa League in casa dello Sparta Praga, non aiuta ad alimentare sogni di gloria in casa Inter. In Coppa la Benemata sarà costretta ad un serie di vittorie per sperare in una qualificazione che prima che iniziasse il girone sembrava poco più di una formalità, mentre in campionato la squadra è scivolata al settimo posto a sette punti dalla Juventus, peraltro battuta al Meazza. Ma sono solo tre i punti di distacco dalla seconda posizione occupata dal Napoli. Insomma il cartello con su scritto “lavori in corso” è ancora ben presente alla Pinetina e non poteva essere altrimenti dopo gli accadimenti dell'estate che hanno visto un cambio di panchina a pochi giorni dal via della stagione ufficiale.
Gli alti, pochi, e i bassi, troppi per i gusti del tifoso, sono comunque nell'ordine delle cose, solo un visionario poteva pensare ad una partenza a razzo per una formazione che sta tentando di cambiare pelle per quanto riguarda il gioco, anche rispetto al suo Dna. L'Inter, nella storia, non è mai stata “bella” a vedersi, nemmeno quelle vincenti ed entusiasmanti, per rendimento, di Herrera, Trapattoni, e Mourinho. Ha fatto eccezione quella del primo Mancini, che però forse accontentava gli esteti prima di iniziare a vincere gli scudetti, quando in squadra agivano palleggiatori alla Veron e non i corazzieri alla Vieira e Ibrahimovic. L'Inter si è quasi sempre distinta per una difesa di ferro e tanti campioni da centrocampo in avanti, in grado di risolvere le partite a prescindere dal modulo. Poca poesia, molta prosa. Negli ultimissimi anni, dopo le gioie che ci ha regalato il Triplete, abbiamo purtroppo assistito a partite e campionati che non hanno offerto ne i risultati sperati, ne un gioco piacevole. Il dato è certamente conseguente alla mancanza di certi campioni che la dirigenza non poteva più permettersi, ma anche per l'incapacità da parte del tecnico di turno di trasmettere un'idea, di dare un'identità alla squadra.
Negli ultimi mesi molte cose sono cambiate. In positivo l'ingresso di Suning, colosso cinese che garantisce la risorse necessarie per tornare a sognare e l'arrivo di grandi giocatori come Banega, Candreva, Joao Mario e, speriamo lo sia, Gabriel Barbosa detto Gabigol. Via Roberto Mancini, che però a mio avviso ha lasciato una base importante su cui lavorare, visto che la squadra della scorsa stagione ha riassaporato per metà campionato l'ebrezza del primo posto ed è arrivata quarta come da pronostico dopo Juventus, Napoli e Roma, ora siede sulla panchina nerazzurra il signor Frank de Boer, olandese di nascita e olandese nel credo calcistico. La società, con questa scelta, sembra voler vincere una sfida affascinante, vedere un'Inter competitiva, in Italia, giocando come i grandi club europei. In Italia, dove però alla fine festeggia ancora chi incassa meno gol, no chi ne segna di più. De Boer lo capirà presto, sicuramente la partita dell'Olimpico è stata finora la dimostrazione più chiara di quanto appena scritto.
Spalletti, alla vigilia lo aveva detto: “Preferisco che ci vengano ad attaccare per avere campo aperto”. E infatti il giallorossi hanno avuto ragione aspettando l'Inter e giocando sulle sponde di Dzeko e la velocità dell'imprendibile Salah. Sembrava un pò la Roma di Rudi Garcia che innescava Gervinho. A giochi fatti, possiamo tranquillamente dire che De Boer abbia sbagliato a scegliere Santon invece del veloce Nagatomo per arginare Salah e nell'aver chiamato in causa nel finale uno spento Jovetic fuori ruolo, il quale ha anche commesso l'inutile fallo che ha regalato la punizione letale alla Roma. Ma la gara ha detto molto altro. Ha detto che l'Inter sta diventando una squadra che gioca bene a calcio. I nerazzurri sono andati in gol con Banega e vicini al gol in almeno altre quattro occasioni sempre al termine di azioni manovrate che riempivano gli occhi. E questo, nonostante l'unico a meritare un voto alto sia stato Banega. Joao Mario, non al meglio, insufficiente. Candreva, insufficiente. Icardi insufficiente. Perisic, così così. Quindi ha funzionato l'idea di squadra da centrocampo in avanti, con manovre figlie delle idee dell'allenatore e che noi interisti non vedevano da tempo.
C'è invece ancora molto da lavorare per trovare un equilibrio necessario che non sottoponga la difesa ad un continuo uno contro uno. Questo non è successo solo contro i velocisti della Roma e quindi si tratta di un difetto strutturale da correggere al più presto. Ma io dico che il progetto merita fiducia, supporto e pazienza. Quando hai giocatori di qualità, quando sai che altri ne potrebbero arrivare a gennaio, devi sapere leggere oltre il risultato nella fase di costruzione. La vittoria in rimonta con pressing alto per novanta minuti contro la Juventus non può essere stata frutto di un caso, non si è vinto 1-0 su autogol dopo essere stati schiacciati. Quel modo di arrivare alla vittoria è il testo scritto da Frank de Boer sul quale bisogna studiare in continuazione fino alla recita a memoria. Utopia? Forse. Ma è il caso di insistere.