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Perché l'Inter non ha la mentalità

di Lapo De Carlo
Sta per tornare il campionato e l'Inter si appresta a gestire un altro mese vissuto pericolosamente. L'elemento cardine che sta per affrontare però riguarda il futuro che avrà De Boer. Da quando è arrivato sembra che, per l'ennesima volta, non ci sia una visione condivisa sul ruolo dell'allenatore, delle tempistiche di cui avrebbe bisogno e sulla reale efficacia del tipo di gioco che sta tentando di mettere in pratica. Di certo il rendimento, più che altalenante dell'Inter di inizio stagione, sta contribuendo a seminare più dubbi che certezze. Le domande che molti si pongono sono riguardanti l'effettiva capacità che può avere o no il tecnico nerazzurro nel portare l'Inter nelle prime tre posizioni in classifica, la validità del suo metodo e la capacità o meno di capire e interpretare il nostro calcio, evitando se possibile, di giocare partite a rischio massimo come quella con la Roma. Il guaio è che oggi, pur con una società decisamente più forte economicamente e con un progetto decisamente ambizioso, stiamo rivivendo gli stessi tipi di problemi avuti in precedenza con le gestioni di altri allenatori. Le stesse noiose accuse sulla presunta incapacità dell’allenatore, gli stessi slogan sulla sua inadeguatezza, le stesse voci che puntualmente il giornale di riferimento rilancia, dopo essere stato imbeccato da qualcuno in società. La scorsa settimana mi era stato rinfacciato da qualcuno di voi una virtuale contraddizione nella lettura di questa stagione. L'oggetto sarebbe che io avrei detto che questa squadra è da terzo posto, salvo dire tre settimane dopo che si perde troppo. Non colgo alcuna contraddizione ma spiego meglio il concetto che si rifà banalmente ad un potenziale che confermo: è da terzo posto. Dunque? Dunque esiste un’evidente carenza di mentalità che può essere una pericolosa ancora per le ambizioni dell'Inter. Ribadisco che da parte di tutto l'ambiente dovrebbe maturare rapidamente quella volontà forsennata, smodata, feroce di voler vincere ogni singola partita. Al contrario sopravvive questa forma di giustificazionismo verso impegni più o meno importanti: in Europa League si è perso? Che vergogna ma in fondo chi se ne importa di quella coppetta. In campionato perdi la prima col Chievo? Massì in fondo appunto è solo la prima, poi perdi con la Roma? Beh ma in fondo la squadra non ha giocato poi tanto male… Si vuol lottare per qualcosa di importante ma non si può fare con questa approssimazione. E alla fine l'unico che viene messo in croce è sempre solo allenatore. Non c'è tecnico al mondo che possa ottenere gioco, risultati e continuità senza l'aiuto della società e la conseguente responsabilizzazione dei giocatori, i quali sembrano sempre dei corpi estranei rispetto agli insuccessi di cui non sembrano mai avere una reale colpa. Se l'Inter ad esempio perde o pareggia, invece di annotare un impegno parziale o discontinuo da parte del collettivo, il massimo che si riesce a ottenere è un generale accanimento verso il capro espiatorio di turno: una volta è Ranocchia, l'altra Kondogbia, poi Medel, infine D'Ambrosio e, perché no, Murillo. Non credo che l'Inter abbia mai perso partite per colpa di un solo giocatore, più che altro per il generale atteggiamento/assenza di mentalità con la quale la squadra affronta, ormai da anni, alcune partite. Di certo, almeno questo è quello che sostengo io, non può essere sempre e solo deputata all'allenatore di turno la responsabilità di un impegno che improvvisamente viene a mancare in alcuni match con la consueta frase fatta: ”ma se non è l’allenatore chi è che deve motivare i giocatori?”. La mia risposta è che devono essere i giocatori stessi, caricati dalla presenza forte della società. Una cosa che accade al Bayern, al Barcellona, alla stessa Juventus, modelli societari ai quali l’Inter si dovrebbe ispirare. Ad oggi siamo ancora naif. Sono sicuro che De Boer abbia della responsabilità (in negativo) nella preparazione di diverse partite disputate in questa stagione. Alcune letture tattiche inadeguate, alcune sostituzioni non lucidissime, alcune formazioni particolarmente anomale e probabilmente anche una palese scarsa conoscenza sul valore o la tipologia degli avversari affrontati. Tutto giusto ma non leggo e non sento mai grandi pressioni e critiche verso giocatori che vengono pagati anche di più e che scelgono clamorosamente le partite in cui dare il massimo, a discapito di altre in cui non hanno letteralmente voglia di scendere in campo. De Boer avrà anche il compito di preparare bene le partite ma se non c'è il coinvolgimento diretto di società e giocatori e se non si sente la presenza della società costantemente, quotidianamente, quella continuità tanto attesa rischia di non arrivare mai, continuando regolarmente a cambiare allenatori su allenatori, con l'ottusa convinzione che alla fine la responsabilità sia sempre e soltanto loro.
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