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Perdere così è da polli

di Daniele Alfieri

Per dirla con un Mancini d'annata, siamo stati dei polli, anzi dei pollastri. Dopo quattro vittorie in campionato e una striscia di sette risultati utili consecutivi, con tanto di vittoria più pareggio imposti al Barça e interrotta solo lo scorso mercoledì dal ko in Baviera con le riserve contro il Bayern, l'Inter torna sul pianeta Terra e fa i conti con i soliti difetti proprio contro l'avversario storico e meno adatto per fornire una lezione. Perché così il conto è doppiamente salato. I nerazzurri scendono in campo con la formazione tipo (assente solo Bastoni reduce dalla febbre e con Brozovic in panchina) e il solito piglio arrembante, forti anche del turnover applicato giustamente da Inzaghi per l'ultima partita del girone di Champions, utile solo a far tastare il palcoscenico europeo anche a chi ha giocato meno. Ma stavolta manca qualcosa e lo si denota sin dai primissimi minuti: gli analisti parleranno di imprecisione e mancanza di cattiveria nel concludere, in una parola il gol. Se la squadra era riuscita a farne quattro a Firenze e a Plzen, tre al Camp Nou e altri tre alla Samp, lo zero alla voce marcature nel tabellino dell'Allianz Stadium indica che qualcosa si è inceppato proprio nella serata del derby d'Italia.

Nel primo tempo l'Inter riesce con facilità a mettere sotto la Juve, che non si vergogna a restare chiusa nella propria metà campo provando raramente a spingersi in avanti. È il piano di Allegri, difendersi (i bianconeri con sette reti subite rimangono la migliore difesa in A) per tentare di colpire l'avversario di serata, il più forte del campionato secondo il tecnico, nei casi in cui questo manchi di concentrazione e conceda delle occasioni. Le chance nei primi quarantacinque sono difatti tutte per l'Inter, ma se nelle puntate precedenti la squadra di Inzaghi sbagliava a non uccidere il match, stavolta non riesce nemmeno ad aprirlo. Lautaro, Dumfries, Dzeko, si fa fatica a decidere quale fra tutte le chance raccolte dai nerazzurri sia la più clamorosa. Szczesny ringrazia e si va all'intervallo sullo 0-0. Alla ripresa Rabiot di testa in area fa suonare il primo campanello d'allarme, l'Inter c'è e replica con la traversa di Calhanoglu. I nerazzurri poi subiscono ciò che nel primo tempo erano riusciti almeno a evitare: la beffa in contropiede. Sul corner in attacco per la squadra di Inzaghi salgono tutte le torri, la Juve si invola sulla sinistra con Kostic e alla prima vera palla gol non sbaglia.

Dopo l'1-0 di Rabiot non si ha traccia nemmeno della solita reazione da parte di un'Inter rimasta tramortita dall'inatteso quanto immeritato svantaggio. Il raddoppio di Danilo viene annullato dal VAR e da lì la gara si mette anche sui nervi. La Juve la gestisce con intelligenza e acume tattico, Inzaghi prova a ribaltarne l'inerzia con i cambi (doppio e poi triplo), ma Lautaro dopo il digiuno all'Allianz Arena rimane a secco anche allo Stadium. Szczesny ipnotizza il Toro imbeccato da Correa, nel finale Dzeko sbaglia l'assist decisivo per Brozovic, Kostic per Rabiot invece no. Il raddoppio, stavolta regolare, è la sintesi perfetta della serata di Torino. L'Inter sciupa e si perde proprio nel momento in cui deve soltanto concludere la giocata e mettere la palla in porta, la Juve vola sulle ali del proprio esterno sinistro, approfittando in contropiede degli spazi lasciati liberi dall'avversario e punendo gli errori commessi. I nerazzurri tornano a casa con il quinto ko in tredici partite, superati in classifica e adesso settimi a meno undici dal Napoli. Inzaghi vede giustamente nei gol sbagliati e in quelli regalati gli "episodi" da correggere per evitare altre serate come questa. Anche lui sa che in questo campionato non può esserci tempo per il rammarico, perché già dopodomani si torna in campo contro il Bologna e la squadra è chiamata alla reazione da tre punti immediata. Rimane la lezione, la più dura da mandare giù, perché perdere così è da polli.


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