Pinamonti e Gabigol. Il primo fa sperare, ma il secondo dov'è?
L'Inter ha dato l'addio all'Europa League con una vittoria beffa. Sarebbe bastato vincere in Israele con l'Hapoel Be'er Sheva per passare ai sedicesimi di finale della competizione, nonostante un cammino deprimente nel girone. Sarebbe bastato mantenere la giusta concentrazione in Israele dopo aver terminato il primo tempo in vantaggio per 2-0. E invece la Beneamata saluta prematuramente una Coppa che quest'anno era oggettivamente alla portata visti i nomi delle squadre che andranno avanti. Il fallimento europeo è stato sancito dai tifosi della Curva Nord che contro lo Sparta Praga hanno lasciato il secondo anello verde desolatamente vuoto, vestito solo da un lungo striscione che invitava la squadra a vergognarsi per aver perso quattro partite su cinque, prima, appunto, dell'inutile successo contro lo Sparta. La gara di giovedì sera ha comunque regalato una piccola emozione a chi ha avuto il coraggio di vederla o dallo stadio o davanti alla Tv.
Mi riferisco alla prova di Andrea Pinamonti, diciassettenne attaccante proveniente dalla Primavera, interista doc, che Stefano Pioli ha schierato in campo dal primo minuto. Lo stop volante e l'assist offerto ad Eder in occasione del primo gol dell'italo-brasiliano sono stati due cioccolatini per palati fini, come quello dei tifosi dell'Inter. Mi pare chiaro che ora il ragazzo non debba passare per un possibile salvatore della patria, giocare una partita pressoché amichevole in uno stadio semivuoto, nonostante si trattasse di Europa League, non è la stessa cosa di quando la contesa vale tre punti al cospetto di avversari più forti e motivati di quelli affrontati giovedì. Ma sarebbe bello se una volta tanto qualche giovane e bravo calciatore che storicamente sforna la primavera nerazzurra non serva solo a vincere il campionato di categoria o il torneo di Viareggio, ma diventi, nei tempi che necessita la crescita fisica e mentale di un giovane, poi punto di forza della prima squadra.
Deve essere questo il primo obiettivo di chi guida il settore giovanile di un club, costruire campioni validi per il futuro della società. Vincere campionati di categoria, tornei di Viareggio e Next Generation serve a poco se poi, chi ha contribuito a tali successi, non venga valorizzato in casa e si lasci emigrare troppo velocemente. Una maggiore attenzione a quanto accade nel campo accanto della Pinetina, contribuirebbe inoltre a far crescere potenziali titolari muniti di quello sprito di appartenenza da sempre invocato e magari a impedire esborsi economici assurdi per nomi esotici che rischiano di essere solo delle figurine che alla fine non portano nulla in bacheca. Una filosofia del genere dovrebbe comunque trovare la collaborazione di critica e tifosi e sappiamo che il Meazza non è uno stadio facile per chi ha anche bisogno di sbagliare, per crescere.
Detto questo, rimane assodato che all'Inter, per tornare a vincere qualcosa di importante, servano anche e soprattutto campioni affermati, come quelli che nel 2010 ci portarono sul tetto d'Europa e del Mondo. Ce ne sono ora nella rosa nerazzurra? La risposta è no visti i risultati, al netto dei discorsi sull'importanza di una società forte e che debba essere più presente nel quotidiano. Ma Suning prima o poi troverà la chiave giusta per non essere solo una potenza dal punto di vista economico, ma anche una guida degna per un club blasonato come l'Inter. È solo questione di tempo, perché sulla buonafede e sull'impegno degli azionisti di maggioranza provenienti da Nanchino non credo ci possano essere dubbi. Ma è ora di capire, anche in vista dell'imminente mercato di gennaio, chi siano veramente i giocatori in grado di tentare una rimonta in campionato per un terzo posto che pare verosimilmente impossibile, ma che è obbligatorio tenere nel mirino e nella mente visto che il cammino è ancora molto lungo.
Come sarebbe ora di capire perchè Gabriel Barbosa, detto Gabigol, non possa mai avere una chance, anche solo per dimostrare che non sia pronto, come va di moda dire ora quando si pone la questione. Faccio cronaca. Il ventenne attaccante brasiliano, che comunque ha vinto un'Olimpiade con la Nazionale verdeoro e per due volte il campionato paulista con la maglia del Santos, viene acquistato per poco meno di trenta milioni. Forse ripiego di Gabriel Jesus, catturato per gennaio dal City di Guardiola, ma comunque presentato a Milano come avvenne vent'anni fa per un certo Luis Nazario da Lima, in arte Ronaldo. Iniziato il campionato, Frank de Boer disse di aver visto raramente in allenamento un giocatore così, in grado di dribblare a testa alta, in funzione della squadra. L'esordio di Gabigol avviene alla settima giornata, esattamente al minuto 71 della partita interna con il Bologna, terminata 1-1. Una ventina di minuti giocati senza infamia e senza lode, tutto spostato sulla destra dell'attacco nerazzurro. Da rivedere. Appunto. Ma quando? Perché è sparito dai radar, scatenando molteplici illazioni che quando si tratta di Inter diventano trattati internazionali? Chi sta leggendo potrebbe legittimamente rispondere: sei tu il giornalista, diccelo, perché. Giuro, non lo so.
Intanto Pioli ieri ha portato a pranzo la squadra in un posto vicino la Pinetina, già frequentato in passato. Un pranzo utile per cementare il gruppo in vista di Inter-Genoa. C'era Gabriel Barbosa o non era pronto nemmeno per mangiare insieme ai compagni?