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Pinne, fucile e occhiali

di Gabriele Borzillo

Finito. Chiuso qui. Calata la serranda, per quest’anno possiamo serenamente fare le valigie ed andarcene al mare. Senza particolari gioie né ricordi speciali. Ma, lo confesso, con una sorta di rabbia dentro per non aver centrato un obiettivo che era alla portata. E che non siamo riusciti a raggiungere esclusivamente per colpe nostre. Inutile starci a girare intorno, inutile prendersela con tizio, caio, con la sfiga, con l’arbitro di turno, con le tempeste magnetiche. Ad un certo punto, proprio sul più bello, si è spenta la luce; e per riaccenderla ci hanno messo un paio di mesi. Davvero, peccato.

Dodici punti in più rispetto alla scorsa stagione, quarto posto che è il miglior risultato dal 2011 ad oggi. Il bilancio, a voler guardare bene, non è del tutto negativo, anzi. Se ad inizio campionato mi avessero detto che sarei stato in testa per una quindicina di giornate e che comunque sarei entrato direttamente nei gironi di EL senza passare dall’inferno dei preliminari da giocare in Uzbekistan, perché una squadra di quelle parti ci sarebbe toccata con tutto da perdere e nulla da guadagnare, non avrei storto la bocca. Il valore della rosa questo è; le tre che ci stanno davanti hanno meritato non tanto perché più forti, l’ho detto sopra che un pochino di rabbia dentro mi è rimasta, quanto perché più capaci di amministrare le piccole crisi che inevitabilmente si creano durante una stagione agonistica e più mature nel gestire le partite in se stesse. L’Inter, in questo torneo, ha rimontato soltanto una volta ribaltando il risultato, Udinese in casa alla quart’ultima e, quando ha preso gol per prima, è riuscita a pareggiare giusto in un paio di circostanze. In tutte le altre ha sempre perso: sintomo di scarsa personalità, di immaturità, di ansia da prestazione che le squadre di un certo livello non possono pensare nemmeno lontanamente di avere.

Altro particolare non trascurabile, ma che molti si dimenticano sia per convenienza, altrimenti poi come si fa ad insultare Mancini a prescindere, sia perché la memoria può fare brutti scherzi e l’età spesso non contribuisce ad aiutarla; l’Inter, questa Inter, ha inserito nove elementi nuovi spesso e volentieri titolari. Provenienti da altri campionati. Da realtà che col calcio italico e con la pressione che qui regna sovrana hanno poco o nulla da spartire. Disabituati a leggere il loro nome in prima pagina un giorno sì e anche l’altro. A vedere quotidianamente trasmissioni televisive in cui si parla, molto più spesso si sparla, di pallone. A scoprire che qui da noi a momenti è vietato anche andare in bagno a fare pipì una volta di troppo se no il giorno dopo magari qualcuno scrive che hai la prostata debole. Insomma, per farla breve, calati in un universo completamente diverso rispetto a quello a cui erano abituati. Questa non vuole e non deve essere una scusa, sia chiaro; ma una semplice constatazione. Perché da noi diventare grandi calcisticamente non è facile. Perché la critica un giorno ti porta su un palmo di mano ed il giorno dopo ti taccia di incapacità. Ma questo capita da che mondo e mondo, quindi quando ascolto o legge certe verità assolute mi limito a sorridere e passo oltre, un po’ come Virgilio suggerisce a Dante nel terzo canto dell’Inferno. E non scordiamocelo, mai: non godiamo di buona stampa. Da sempre. Si sa, è molto più facile sparare addosso all’Inter piuttosto che colpire, non in maniera indiscriminata ma quando è giusto è giusto, le altre cosiddette “grandi” del pallone italiota. Retaggio di un passato fatto da gole profonde, da chiacchiericci inutili, da “si dice” senza smentita; insomma, ci siamo aiutati e non poco a farci martellare tafazzianamente ora da destra ora da sinistra.

Il bello della cosa è che continuiamo a farlo. Adesso impazza il “Cholismo” tra i tifosi nerazzurri. E la domanda sorge spontanea: avete mai visto tre partite tre di fila dell’Atletico Madrid? Perché qualche piccolo dubbio inizia ad instillarsi nella mia mente. Cioè, spiegatemi bene: Mancini è stato criticato in maniera violentissima per il non gioco (o gioco brutto, scegliete pure voi) quando si vinceva per uno a zero con ottime parate di Samir (forse sabato la sua ultima al Meazza) e rapide ripartenze letali, Simeone (che adoro, sia scritto sulla pietra) invece è un innovatore, lo scopritore della difesa e contropiede? Senza soffermarci poi sul valore intrinseco della rosa; l’Inter attuale, eccezion fatta per 3/4 elementi sopra la media, è formata da buoni pedatori. Alcuni presentabili, altri meno. E questo al di là dell’impegno che i succitati ci mettono, lungi da me il pensare che non ci sia volontà; ma a calcio o sei bravo o no, c’è poco da fare. Sommiamo anche l’età dei calciatori; la media dei nerazzurri è molto ma molto più bassa; e da qui anche i balbettii, le incertezze, quella incapacità di gestire le situazioni più complicate. L’inesperienza, la giovane età, nel calcio non è un plus; soprattutto se vesti una maglia pesante come quella coi colori del cielo e della notte.

Avete provato ad andare al Meazza qualche volta? No, la domanda non è retorica. La pongo nuovamente; avete provato ad andare al Meazza qualche volta? Perché allo stadio, luogo dove si respira l’aria che tira, esistono due mondi: quello di chi canta a squarciagola dal primo minuto al novantesimo, smoccolando ma tifando, e quello di chi fischia al secondo errore, o orrore, vedete voi. E non è semplice cercare di formare un gruppo dal nulla, dalle macerie trovate da Roberto Mancini, perché di macerie dobbiamo parlare, altro sarebbe un insulto al calcio ed alla sua essenza. Cercare di trasmettere carattere, grinta e cattiveria agonistica a gente che veniva dal nulla cosmico, da un quinto posto salutato come un enorme successo, da paure ataviche di scendere in campo in uno stadio come il Meazza non è un gioco da ragazzi. 

Mancio ci ha provato. Sbagliando molto, sia detto e ridetto; i continui cambi di formazione, l’ostinazione nel voler perseguire quel 4231 col quale si sono persi collegamenti e punti, le sostituzioni tardive. Esente da colpe nemmeno lui. Però, sono ripetitivo, questa è la strada per formare un nucleo che possa ambire a traguardi ambiziosi; cambiare ancora avrebbe ben poco senso.

Per intanto metto in valigia pinne, fucile ed occhiali. Che a fine agosto si riparte.
Amatela. Sempre.
E buon inizio settimana a Voi!


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