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Riecco la stitichezza sotto porta. Arnautovic solo come quarto. Lazar, chiudiamola: firma o resta a Udine

di Fabio Costantino

Si è chiuso ieri sera a Ferrara, contro l'Egnatia, il pre-campionato dell'Inter. E si è chiuso con un'altra vittoria, a una settimana esatta dal kick-off del campionato, a Milano contro il Monza. Dal Mazza al Meazza c'è ancora qualche giorno di lavoro e probabilmente di nuovi innesti e qualche uscita, comunque poco tempo per sistemare i bug evidenziati di fronte ai volenterosi albanesi. C'è ancora qualcuno in ritardo di condizione, altri poco lucidi e la preoccupante, quanto abitudinale, stitichezza sotto porta. Al di là della serata di gloria di Sherri, portiere finora sconosciuto ai più che si è fatto una clamorosa pubblicità dal punto di vista professionale, i nerazzurri hanno faticato troppo a trovare la rete. Tanti, troppi errori, troppe imprecisioni soprattutto in area di rigore che rappresentano un piccolo ma rumoroso allarme in vista dell'apertura ufficiale della stagione. Già sabato prossimo il Monza difficilmente concederà cotante opportunità ed essere più cinici sarebbe cconsiglioabile quanto doveroso. Di buono c'è però che i codici creati da Inzaghi sono ancora funzionanti, nonostante l'uscita di scena di giocatori di un certo calibro. Costruzione dal basso, apertura sulle fasce, tagli continui e giro palla mai fine a sé stesso. Avversario ampiamente alla portata, certo, ma questo tipo di gioco si è visto anche in Champions League, non certo nel cortile di casa. Bisogna crescere, ma si sarebbe detto anche dopo un 10-0 perché il 13 agosto nessuna squadra gira già al massimo. E i margini per migliorare ci sono.

Capitolo attaccante: Marko Arnautovic returns, ci siamo. Buon giocatore, ci mancherebbe, ma a 34 anni compiuti e con poco più di una ventina di partite disputate la scorsa stagione a causa di infortuni e dissapori con Thiago Motta, considerarlo la prima alternativa al duo Lautaro-Thuram lascia parecchio perplessi. Nessuno vuole discutere le qualità dell'austriaco, bensì la sua affidabilità nel lungo periodo, visto che è ampiamente dimostrato come Inzaghi coinvolga con frequenza tutto il reparto offensivo e se rimanesse el Tucu Correa gli inaffidabili diventerebbero due. Un rischio che l'Inter non può permettersi. Per questa ragione con Arnautovic in entrata (da quarta punta è un grande sì) è logico aspettarsi un nuovo innesto, con l'argentino in uscita. La dirigenza trovi l'equilibrio finanziario ma non rimanga con questo quartetto, il manifesto dei downgrade per un club che a parole continua a puntare sullo scudetto. E, se possibile, nel frattempo chiuda in modo definitivo la vicenda Samardzic, che sta diventando stucchevole al di là di vittime e carnefici. Il ragazzo (talento straordinario) vuole vestirsi di nerazzurro? Prenda una penna e firmi, perché certi treni passano una sola volta e per pochi spiccioli rimanere a piedi sarebbe da ingenui. Se poi prima dell'Inter tra le sue priorità (o di chi lo consiglia) c'è il denaro, è più che legittimo: ma lo dica apertamente e rimanga a Udine senza farsi più vedere, che in Viale della Liberazione hanno altre urgenze di cui occuparsi.

Ultima riflessione sulle dimissioni di Roberto Mancini da CT della Nazionale. Al di là dei reali motivi che lo hanno portato a farlo, sarebbe corretto che dopo di lui salutasse anche il presidente della FIGC Gabriele Gravina, la cui gestione finora è stata a dir poco fallimentare a parte la parentesi dell'Europeo vinto in modo totalmente inatteso. Il calcio italiano sta lentamente morendo ma lui finora si è ben guardato da prendersi qualsivoglia responsabilità. E ora che il suo stendardo ha deciso di uscire di scena, il prossimo a doverlo fare è lui. Prima possibile.


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