Rogne da capolista. Riparliamone
Era attesa al varco, l’Inter. La 18esima giornata del massimo campionato sembrava scritta per privare i nerazzurri del primato in classifica, dopo l’autolesionismo contro una Lazio eufemisticamente normale, fermata ieri in casa dal Carpi. Alla riapertura delle danze gli scenari preventivabili erano semplicemente due: conferma di una fase calante o ripresa del discorso pre-laziale. La trasferta al ‘Castellani’ alla vigilia invitava al pessimismo, considerando le quattro vittorie da cui la splendida realtà di Giampaolo era reduce, nonché la qualità del gioco espresso dai toscani posti nella fattispecie al cospetto di un avversario più dotato tecnicamente e fisicamente ma votato al pragmatismo.
In tanti, ovviamente, hanno auspicato un secondo scivolone dei nerazzurri a vantaggio delle numerose inseguitrici. Me ne sono accorto persino leggendo i giornali la mattina stessa, una voce comune che spingeva per una svolta al vertice, neanche fosse un'Epifania attesa. Mai come ieri sera l’Empoli ha goduto delle simpatie dell’Italia pallonara. E in tutta risposta, si è rivista l’Inter che golletto dopo golletto ha costruito un primato in classifica granitico, con il nono 1-0 su 12 successi e il 12esimo clean sheet, come gli amanti delle statistiche amano definire la porta inviolata. Dopo la pausa di fine anno, con fuochi d’artificio anticipati nello spogliatoio nerazzurro dove forse qualcuno si attendeva un brindisi a seguito di un deludente k.o. interno, il marchio di fabbrica di Mancini torna a farsi sentire. Con grande delusione di chi aveva previsto un cambio in vetta alla classifica dentro la calza del 6 gennaio.
Tengo a complimentarmi con Giampaolo e il suo Empoli per il cammino svolto finora, condito da un bel calcio e tanti spunti apprezzabili. Temevo anch’io che sarebbe stata dura spuntarla, memore soprattutto della peggior prestazione nel 2015 dell’Inter manciniana e consapevole della crescita dei toscani nonostante l’addio di Sarri. Invece ho rivisto la solita Inter, quella che sa soffrire, quella a cui basta una rete per impacchettare i 3 punti, quella che è tornata ad affidarsi a Mauro Icardi, l’uomo delle reti pesanti. Ma anche quella che ha riscoperto Ivan Perisic, bollato troppo frettolosamente come strapagato e che ieri, anticipandolo con l’ormai tradizionale doppio passo, ha servito l’assist che ogni attaccante sogna di ricevere. Ammetto di non aver gradito l’atteggiamento dal 65’ in poi, quando la squadra ha quasi rinunciato ad attaccare e si è abbassata, restituendo speranza e vivacità all’avversario. Sarà stato un calo fisico, non me lo spiego altrimenti.
Non essendo un patito del bel gioco quanto piuttosto dei 3 punti, non mi preoccupo neanche della limitata tendenza a cercare la porta di Skorupski, quasi inoperoso rispetto al collega di reparto Handanovic (che celebra il rinnovo alla sua maniera, rimanendo immacolato). Al 'Castellani' si divertiranno pure, ma avendo maturato quasi un masochistico piacere alla sofferenza mi godo esclusivamente l’ennesima vittoria. Soprattutto in barba (con la b minuscola, non il difensore empolese) agli illusi che già pregustavano il ratto dello scettro. Ne riparliamo domenica, quando il Sassuolo all’ora di pranzo sarà la squadra più tifata in questo Paese. Rogne da capolista, sempre graditissime.