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Sbirciando nella scollatura del problema

di Giorgio Ravaioli

Sono andato allo stadio una sola volta quest'anno. E la partita l'ho scelta proprio col lanternino, Inter-Siena. Ospite di amici i quali hanno voluto che per una volta fossi parte del salotto buono di San Siro, stretto a metà tra le autorità ed il settore riservato a congiunti, sodali, nonchè manipoli di portoghesi, profesionisti del biglietto omaggio e imbucati sotto l'etichetta di entourage dei calciatori nerazzurri.

Ciarliera e visibilmente introdotta nell'ambiente "de li mejo posti", si è ad un certo punto profilata innanzi a me donna Yolanthe che conoscevo di vista per via della costrizione a cui siamo andati soggetti un po' tutti in questi anni, ovvero quella di barcamenarci tra il pubblico ed il privato di una coppia molto in vista e, detto epidermicamente, molto affiatata. Due particolari mi hanno colpito in quel battibaleno di mondanità di cui la signora mi ha reso involontario e distaccato partecipe, connessi inevitabilmente a due domande implicitamente correlate. Perché una donna tanto avvenente, seppur non altissima, così, tanto per spaccare il capello in quattro- ricorre ad un trucco tanto pesante di cui visivamente non avrebbe bisogno e per di più per andare alla partita? E, soprattutto, perché ha invitato allo stadio anche il cane, un chihuahua, probabilmente cucciolo, tanto piccolo da essere ospitato  nella scollatura tra maglietta e giubbotto?

D'acchito ho arguito che entrambe le domande convergevano verso un'unica risposta. Wesley Sneijder è l'unico e ultimo grandissimo top player di questa squadra orbata di tanti campioni, accasatisi altrove per via ordinaria o perché esodati, sulla spinta ineluttabile del ridimensionamento che, proprio perché ineluttabile, noi aficionados, sommessamente,abbiamo imparato ad accettare. Sicché quell'eccentrismo pronunciato non poteva essere altro che il tributo di una first lady che una qualsiasi affiliata al vip deve prima al ruolo e alla situazione che a alla propria specifica visibilità e vanità. Una coppia di vip, quindi, da conservare come vasi cinesi capaci di valorizzarsi simmetricamente e, da cui, come vale per i vasi cinesi, non può essere pretesa alcuna forma di buon gusto. E mannaggia al bacchettone sono! Un tutto compreso, invece, perfettamente allineato nelle logiche dello star system insomma, prendere o lasciare.

Si, ma compreso cosa? Questo mi sono chiesto in seguito e a seguito al pessimo esito dell' incontro a cui avevo assistito al termine di un travaglio di 90 minuti, durante i quale il maschio dei due divi di tutto si era curato tranne che di fare l'ostetrica, ovvvero almeno di tentare di far partorire un risultato diverso. Dov'è l'arrosto promesso dal tanto fumo diffuso in tribuna dalla curvacea Yolanthe e da tempo su rotocalchi e tv tra sfondi gastro-sentimenali? Per due anni e mezzo anche dalla sede da cui è regolarmente partito il  bonifico scacciapensieri mensile, destinato a rallegrare il soggiorno milanese dei coniugi Sneijder, ci si è interrogati con una curiosità trasformatasi  in sbigottita mortificazione sul medesimo tema. Un tempo dilatato, molecolare ed indistinto, segnato dalle peripezie extraprofessionali che ha finito per convincere il finanziatore del buonumore del nucleo familiare- cane compreso- che lemme lemme si sarebbe arrivati di conserva a perpetuare un rapporto sbilanciato ed equivoco, bisognoso quindi di una brusca soluzione di continuità.

Con qualche passo falso rimediato faticosamente con artifici dialettici a regolare il traffico delle parole, tra il nuovo Moratti che non ti aspetti, un pacchetto di mischia che ha in Branca ed Ausilio i propri piloni ed un mediano d'aperura come Andrea Stramaccioni rapido nel prendere l'argomento al volo e scaraventarlo in touche nonostante le braccia protese dei giornalisti. Anche brandire un contratto come una durlindana corrisponde, al termine dell'anno del signore 2012 e alla luce di quanto malinconicamente riportato (ed oggettivamente riscontrabile), un artificio in cui entra pesantemente in gioco la dignità dell'olandese, ovvero quello spicciolo patrimonio di credibilità su cui un protagonista strapagato ha l'obbligo di mostrare una minima tenuta, nel confronto con la propria società di appartenenza, dell'ambiente di riferimento e della pubblica opinione. Ma in questo stallo fatto di artifici e tatticismi, la sensazione che prende sempre più la forma di  certezza è che a rimetterci maggiormente sia il progetto Inter nei suoi equilibri resi più fragili da una vicenda che rischia di logorare tutti invece che - la sociologia e l'esperienza insegnano che per i gruppi chiusi la formazione di un capro espiatorio normalmente genera un surplus saldezza interna - responsabilizzare e motivare ulteriormente chi di questo stesso progetto lo sente proprio e, come tale, da difendere. 

Tutti, vale la pena ripeterlo, e in particolare un uomo di buona volontà come  il giovane allenatore nerazzurro su cui pesa in parte difficilmente sostenibile un gravame di pressioni e ricadute, innanzitutto mediatiche ma non solo, impari alla sua esperienza. Per di più in un programma di impegni severi alle porte e con una distanza dalla vetta che rischia di dilatarsi. Per lui e anche per noi tutto cio è, a questo punto, un gioco duro, una partita dolorosa che non avremmo mai voluto affrontare sapendo che,  proprio al punto in cui si era arrivati, è un bicchiere di veleno da ingurgitare alla goccia. Per altri è un trionfo di ulteriore vanità, consacrata dal voluttuoso tramite di quella moderna e patinata telescrivente rappresentata dai social network, Un piacere, titillato dalla sua apparente funzione difensiva, di fronte al quale nessuna multa può agire da deterrente minimamente funzionale. E per fortuna che, per il momento, nessuno ha ancora insegnato a cliccare il cancelletto sulla tastiera all'unico che sulla vicenda non ha ancora rilasciato dichiarazioni. Il cagnetto, naturalmente. 

 


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