Scontro salvezza al Meazza
Scontro salvezza al Meazza. Domenica 26 maggio, alle 20.30, l'Inter scende in campo davanti ai propri tifosi per evitare la retrocessione in Europa League contro un Empoli che vuole disperatamente restare aggrappato alla Serie A. La solita notte di passione per i colori nerazzurri, a un anno di distanza da quella dell'Olimpico diventata magica grazie al pazzo epilogo firmato Icardi-Vecino. Rispetto a quel giorno, che ha fatto svoltare la storia recente della Beneamata, però, sono cambiate le prospettive: con la Lazio, infatti, la vittoria – unico risultato disponibile per la squadra di Luciano Spalletti – veniva vissuta come un premio straordinario dopo lo sforzo profuso anche oltre i propri limiti da una rosa assortita a malapena per resistere 38 partite senza Coppe. In più, attorno alla squadra si respirava quel moderato ottimismo figlio di una possibilità extra inattesa regalata da un grande ex come Walter Zenga, che nel turno precedente con il suo Crotone riuscì ad annullare incredibilmente il match point Champions posizionato sulla racchetta di Simone Inzaghi. All'epoca, inoltre, aveva senso parlare di spareggio, vista la particolarità del calendario che proponeva sul traguardo il duello definitivo per determinare l'ultima rappresentante italiana nell'Europa che conta. Il cammino leggermente migliore della Lazio fino alla 37esima perse la sua ragion d'essere nella gara secca, anche di fronte all'arrivo a pari punti in classifica.
Un discorso di questo tipo è impossibile farlo 371 giorni dopo: sotto la bandiera a scacchi che verrà sventolata alla Scala del Calcio, l'Inter troverà al massimo la redenzione. Troppe le colpe di varia natura di cui si è macchiata la squadra nell'arco di un'annata che doveva essere una scalata al Purgatorio verso il Paradiso e che invece si è trasformata in una pericolosa caduta vicino alla porta d'uscita dell'Inferno. A poche ore da un déjà-vu che nessuno osava pronosticare neanche un mese fa, il significato di 'riveder le stelle' dantesco si è capovolto pericolosamente. Il viaggio a ritroso ha portato il Biscione esattamente nel punto in cui era partito, che è anche quello da cui si ha la prospettiva più chiara sul futuro. Un tuffo azzardato nel passato, laddove si torna a guardare in faccia la dannazione e si vedono alzarsi le fiamme dell'Europa League che bruciano molti dei propositi di Suning. Non esistono vantaggi in questa passeggiata all'indietro nel tempo, anche perché la paura di perdere l'obiettivo – a differenza del 20 maggio – è diventata concreta solo domenica scorsa. L'Inter quest'anno non ha mai convissuto con il timore del fallimento. Una novità assoluta che rende il contesto della sfida decisiva completamente diverso e quindi difficilmente decifrabile rispetto all'esperienza pregressa di un anno fa. Ciò che cambia, inoltre, è l'avversario: l'Empoli, guardando al valore assoluto, è nettamente inferiore alla Lazio 2018, ma ha lo spirito della squadra neopromossa che si è forgiato nella sofferenza di un campionato vissuto da condannata alla Serie B sin dai nastri di partenza. Nella guerra della disperazione, insomma, non c'è partita: vince a mani basse Aurelio Andreazzoli.
Ecco perché all'Inter servirà la giusta lucidità a livello di interpretazione della gara in sé ma anche della situazione che si verrà a creare attorno: la contemporaneità con le gare di Milan, Atalanta e Roma rende la squadra nerazzurra influenzabile da fattori esterni che nulla hanno a che vedere con la missione di portare a casa i tre punti senza fare calcoli. Il precedente di Inter-Psv nella sera di Barcellona-Tottenham è una ferita ancora aperta, anche se non è detto che la storia debba ripetersi per forza. Per scongiurare la seconda eliminazione dalla Champions in cinque mesi, i nerazzurri devono accantonare il passato per evitare di compromettere il futuro. Pensando che conta solo il presente, conta solo Inter-Empoli, una partita a cui dare il giusto significato. Non di una finale, né tantomeno di uno spareggio, è l'ultima di 38 gare che ha il difetto di essere diventata decisiva per colpa di una gestione scellerata di un vantaggio una volta consistente. Novanta minuti e spiccioli in cui l'Inter sfiderà la quartultima in classifica con l'obbligo tecnico e morale di dimostrarsi superiore. Per meritarsi la salvezza contro un avversario che va cercandola dalla prima giornata. Come l'anno scorso l'obiettivo massimo è coincidente a quello dell'ultimo antagonista, non necessariamente una nota di merito in questa circostanza. E lo si capirà in caso di risultato acquisito: più che un urlo di gioia, al triplice fischio il pubblico di San Siro tirerà un sospirone di sollievo. Pregando di non rivivere il terzo remake mal riuscito anche nel 2020.