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Secondi in Europa, primi tra gli umani. Un sentito grazie a tutti

di Fabio Costantino

Grazie lo stesso. Bisogna partire da qui per commentare una finale persa di misura, con il classico episodio che ha sorriso a una delle due contendenti ignorando ogni aspetto contestuale, la cabala, la sfida sugli spalti, il valore economico delle rose e lo stato di forma. Un episodio nato dal nulla che ha punito la buonissima prestazione dell'Inter, neanche troppo fortunata nei tentativi di reazione in cui Ederson ha dimostrato di essere uno dei migliori portieri al mondo. Evidentemente doveva andare così, una medaglia d'argento che in molti davano per scontata alla vigilia ma che sul rettangolo di gioco non lo è stata affatto. E fa bene Guardiola a piangere di gioia, perché a un certo punto tutte le sue certezze rischiavano di sgretolarsi. Poi, l'episodio, un pallone che arriva casualmente a Rodri, che a sua volta lo fa passare dalla cruna di un ago. E dall'altra parte la traversa di Dimarco e la reattività dell'estremo difensore brasiliano fanno il resto.

C'est la vie, o come direbbe Matic: this is football. Non sempre le favole hanno un lieto fine, anche se poi ognuno ritiene di viverne una e probabilmente i Citizens la pensano diversamente. L'Inter comunque ha ben poco da rimproverarsi, perché Inzaghi prepara bene tatticamente la gara anche se davanti forse si sarebbe aspettato maggior coraggio. Poi, se alcuni dei tuoi migliori giocatori non riescono a fare la differenza, è difficile avere la meglio di un avversario talmente forte qualitativamente, costruito negli anni e a suon di milioni per vincere questa coppa. La differenza però si è vista poco, bisogna essere onesti. I nerazzurri hanno disputato questa finale alla pari degli alieni che si ritrovavano di fronte, gli episodi sono stati la chiave come spesso accade nelle finali. C'è rammarico, certo, ma anche la consapevolezza di aver fatto un percorso straordinario, di aver vissuto tutti insieme, squadra e tifosi, un'esperienza indimenticabile nonostante il finale. E non è un caso se a Milano, in barba alla delusione, la gente interista alla fine abbia comunque intonato cori per la propria squadra e sparatoi nel cielo fuochi d'artificio. Neanche avesse vinto. Ma i tifosi nerazzurri sono così, sanno rendere merito ai propri beniamini anche di fronte alla sconfitta. Sono incorreggibili romantici. Ed è un messaggio meraviglioso che invita a essere ottimisti per il futuro.

Ora ha poco senso commentare le prestazioni dei singoli, piuttosto bisogna fare qualche passo indietro e valutare il tutto, l'intera stagione che ha sì proposto più di un passo falso in campionato, ma ha anche portato in dote due coppe e una finale di Champions League. E il bilancio non può che essere positivo, anzi soddisfacente. E quando Zhang dice che l'Inter non è inferiore a nessuno, non lo fa per captatio benevolentiae, ma perché la squadra l'ha davvero dimostrato. Nessuno infatti l'ha mai messa sotto in queste 57 partite dal punto di vista del gioco o della prestazione, neanche i mostri del Manchester City. Neanche il Barcellona o il Bayern Monaco. Neanche il Napoli campione d'Italia. Ed è merito di chi ha lavorato per costruire questo gruppo che è forte tecnicamente ma soprattutto mentalmente. E bisogna tenerne conto quando verrà costruita la rosa del prossimo anno: con ritocchi migliorativi, forse non si tornerà in finale di Champions ma si potrà continuare a vincere in Italia mantenendo una poltrona d'onore in Europa. 

Per adesso, a questi ragazzi, a Inzaghi e a chi ha lavorato per l'Inter in questa stagione va detto solo grazie per le emozioni trasmesse ai tifosi. Da ieri sera siamo la seconda migliore squadra del continente, ma la prima tra gli umani. E gli Oasis sono sopravvalutati.


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