Serve attenzione. E anche... voyeurismo
Quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due… eppure a Reggio Emilia i gatti erano poco, poco meno, la metà per l’esattezza. Il Gatti uno soltanto e 4 i gol… quantomeno quelli incassati dalla Juventus di Max in versione tutt’altro che Allegra, ma anche tutt’altro che cinica, concentrata e umile. Soprattutto umile. Una sorte diversa rispetto ai cugini (dell’Inter) milanisti, che al contrario dei bianconeri, nel match apripista della quinta giornata faticano, rischiano più di qualcosina, ma riescono alla fine ad imporsi per 1-0 sul Verona, portando comunque a casa un risultato che deve il suo grazie più grande ad uno Sportiello super su un paio di interventi, ma soprattutto ad un Hellas che si sveglia troppo tardi per tentare davvero l’affondo letale per i padroni di casa.
Risultati differenti che però trovano un’analogia che sembra non sussistere ma solo guardando al tabellino e che, al contrario, esiste e come. A Reggio Emilia, come a San Siro, Juventus e Milan si complicano una vita, già pressoché difficile, per vari e differenti motivi; il tutto sulle note di un leitmotiv che trova definizione sulle pagine di dizionario che recitano le parole: arroganza e superbia. E, da che mondo è mondo, il calcio lo insegna: sottovalutare l’avversario può nascondere insidie imputabili solo a sé stessi.
Mai detto fu più giusto del famoso “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. E così sia. E per quanto goliardicamente soddisfacente sia il 4-2 di Raggio Emilia quanto appurare che il Milan abbia vinto più per demeriti dell’avversario che per meriti di sé stesso, guardare in casa d’altri serve solo a chi non è capace di pensare a come far valere sé stessi. Eppure le prestazioni di Juventus, Milan e Lazio, reduce da un fortunosissimo 1-1 con il Monza (colpevole solo di aver segnato due su tre reti in offside), mandano un messaggio alle rivali, inequivocabile pure dalle parti di Empoli, dove l’Inter è già in ritiro pre-gara: la supremazia la decreta il campo, mai la carta.
Concetto ben chiaro, o almeno così si auspica, tra le file dei vice-campioni d’Europa che, proprio in Europa, hanno commesso il primo scivolone stagionale. Contro la Real Sociedad, infatti, la squadra di Inzaghi ha approcciato male e gestito altrettanto coerentemente la gara, rischiando un esordio continentale da incubo e salvato da un’anima, fortunatamente, più audace che razionale che ha messo in luce un atteggiamento poco ortodosso. Superficialità, boria ed eccessiva self-confidence che hanno trovato immediatamente ridimensionamento nello scontro con un avversario che dal basso della modestia dell’outsider ha saputo miscelare a perfezione gambe, testa, anima e trame di gioco al punto da mandare all’aria sin dalle prime battute una squadra che soli quattro giorni prima aveva dato modo di parlare di se come la più accreditata a tornare sul trono d’Italia. Un’uscita che di certo non ne ha sovvertito i giudizi ma che, altrettanto sicuramente potrebbe, alla lunga, guastarli in caso di mancata autocritica o non approfondita autoanalisi preventiva di ciò che va evitato come la peste.
E se è vero che in tanti casi la ricetta del “non ti curar di loro ma guarda e passa” ha ragion d’essere, oggi un po’ di sano voyeurismo non guasta: getta e come un occhio ai fatti di Reggio Emilia, San Siro e Roma. Curati di loro, guarda e fatti furba.
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