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Severo ma Justus

di Fabio Costantino
Il peso di un'eredità pesante, un inizio in sordina e quell'intervento su Alex Sandro punito severamente che gli hanno fatto perdere la fiducia di una parte della tifoseria, troppo esigente nei suoi confronti. Per Denzel Justus Morris Dumfries non è stato un impatto agevole con il mondo Inter, al punto che nella prima fase di stagione Simone Inzaghi gli ha preferito l'affidabile Matteo Darmian sulla corsia di destra. Decisione che per qualcuno, troppo tranchant, aveva il sapore di bocciatura, una delle tante che avvengono nel calcio a certi livelli. Invece il tecnico piacentino, che in totale sintonia con la dirigenza aveva scelto l'olandese come priorità per il posto lasciato vacante da Achraf Hakimi (e senza la cessione di Romelu Lukaku non sarebbe mai sbarcato a Milano), ha fatto la cosa giusta: lo ha protetto, gli ha dato tempo, lo ha anche coccolato. E come Inzaghi, anche i compagni di squadra, che gli si sono stretti ancora più intorno dopo il pareggio contro la Juventus. Esattamente ciò che succede nelle famiglie, quelle unite. Una carezza virtuale che oggi sta ripagando: tre gol (uno decisivo vs. Torino) e cinque assist (l'ultimo, fondamentale, vs. Venezia) sono uno score di tutto rispetto nell'ambito di prestazioni sempre in crescita.

Dumfries è arrivato all'Inter a una cifra piuttosto bassa considerando quelle che circolano: una quindicina di milioni tutto compreso. Un affare, considerando che si trattava del capitano del PSV, Nazionale titolare olandese e appena 25enne. Su tutto ha pesato la sua decisione di lasciare le Lampadine, consapevole della necessità di fare un nuovo step professionale. Proprio come accadde quando sgambettava in campo ad Aruba e capì che il suo destino era altrove, in Olanda, a indossare la maglia Oranjie. Ecco, Dumfries non è il classico calciatore baciato dalla dea del pallone, con qualità tecniche sopra la media. Anzi, rientra nella categoria di chi ha dovuto lavorare sodo per raggiungere una posizione in questo ambiente, di chi non avendo piedi delicati (che poi, certi cross non sono da tutti...) ha sputato sangue in allenamento, con ferrea forza di volontà, per andare oltre i propri limiti. Oggi DD2 veste la maglia nerazzurra grazie alla sua esplosività ma soprattutto a un'etica del lavoro non semplice da rilevare tra i professionisti. Esempio di come il talento non sia sufficiente se non accompagnato dalla testa.

Un ragazzo che può serenamente essere preso a esempio da qualsiasi allenatore o formatore e che oggi i tifosi dell'Inter, anche i più scettici, hanno imparato ad apprezzare non solo per le prestazioni, ma anche per l'atteggiamento, la serietà, l'impegno profuso, l'indispensabilità di 'sudare' la maglia per 5 o per 95 minuti. Dettagli che spesso valgono più della semplice giocata. Basta leggere la sua intervista alla Gazzetta per approfondire meglio un carattere particolare, quasi raro. Un ragazzo che ammette le proprie difficoltà iniziali e dispensa ringraziamenti a chiunque, perché per natura sa che il concetto di gruppo vale più delle imprese personali. Un ragazzo che, e le foto che lo ritraggono sparse sul web lo confermano, ha sempre uno sguardo, serio, severo, tendente all'incattivito. Ma è solo la mimica della concentrazione, di chi non vuole sbagliare nulla e vuole apprendere tutto il possibile per migliorare, trainato dal senso di responsabilità che la realtà nerazzurra gli ha trasmesso. Però, quando sorride, tradisce tutta la sua semplicità e l'emozione per ciò che sta facendo, come un bambino che intravede l'ingresso del Luna Park. E oggi che ha imparato ad arare la fascia del Meazza, lui è il primo a divertirsi.
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