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Spalletti, alias il migliore degli allenatori possibili

di Mattia Zangari

"Secondo me è un'Inter fortissima". Galeotta fu la frase pronunciata nella sala conferenze di San Siro da Luciano Spalletti, la notte dello scorso 26 febbraio, dopo il 3-1 con cui la sua Roma regolò un avversario che all'epoca arrivava da nove vittorie in dieci partite. L'unico stop della banda Stefano Pioli arrivò allo Stadium contro quella Juve con cui il tecnico di Certaldo, prendendo il comando di Appiano Gentile, vorrebbe battagliare ad armi pari nella prossima stagione per l'alloro. E, a giudicare da quella dichiarazione, la strada per colmare il gap dalla Vecchia Signora non appare così ampio: "I nerazzurri sono una grandissima squadra, basti vedere i giocatori che hanno. Giocano bene e sono una squadra vincente, hanno fatto vedere che cercano la mentalità vincente”, le altre usate a suffragio della tesi da parte dell'ex Zenit.

La love story sportiva si è letteralmente infiammata lunedì scorso, in conseguenza di una riunione fiume di tre ore tra Steven Zhang, Walter Sabatini e Piero Ausilio nella quale si è deciso di puntare forte sul profilo di Lucio. Un summit andato in scena in mattinata e che è rimasto tutt'altro che top secret, tanto che già nel pomeriggio il club si è preoccupato di avvertire gli addetti ai lavori del balzo in pole position di Luciano con annesso sorpasso a Conte. Tattica mediaticamente inappuntabile, perché dà un colpo un cerchio e un altro alla botte per quanto concerne la questione della panchina: se Spalletti sarà effettivamente il nuovo condottiero, questi non verrà percepito come scelta di seconda mano dall'ambiente ma come quello che ha voluto sposare il progetto sportivo di Suning a differenza dell'esitante Conte. Se, invece, al contrario, il fresco campione della Premier League dovesse clamorosamente divorziare da Abramovich per tentare di rovesciare la monarchia juventina in Italia, a quel punto si dirà che la strategia della dirigenza di mettergli fretta 'usando' l'esca Spalletti è stata esemplare.

In ogni caso, vada come vada, l'Inter cadrà in piedi, sia a livello di immagine che a livello puramente di campo: posto che Conte, oltre ad essere più di una suggestione di mercato, è quell'uomo che più si avvicina allo splendido demiurgo che costruisce vittorie maneggiando schegge e macerie, con Spalletti si avrebbe comunque la sensazione positiva di "vivere nel migliore dei mondi possibili". L'ottimista Luciano, rivisitazione in chiave calcistica del "Candido" di Voltaire, è il miglior tecnico su piazza desiderabile dopo il terremoto di Milano. Nessuna ode al pessimismo nella decisione eventuale di dare le chiavi in mano all'ex Empoli anziché alla trinità Conte-Simeone-Pochettino, ma la presa di coscienza dell'esistenza del Male nel pianeta nerazzurro che può essere curato solo attraverso il lavoro di campo. Nel quale lo stesso Spalletti ha sempre dimostrato di saper portare a casa il risultato, deliziando anche i palati dei più fini in materia di gioco proposto. Ora, però, è giunto il tempo di non accontentarsi del piazzamento, anche se di questi tempi Zhang ne sarebbe ben lieto, bisogna puntare al massimo, alla consacrazione. Già di per sé complessa in condizione standard, impresa impareggiabile se si considerano le premesse di questo annus horribilis che, per il suo sviluppo schizofrenico, forse induce a trarre conclusioni fin troppo disfattiste.

Sempre cavalcando la metafora del racconto del padre dell'illuminismo, è facile fare l'associazione Pangloss-Sabatini, il filosofo che dovrà essere bravo nell'opera di persuasione del suo discepolo convincendolo che attorno a lui l'ambiente non è poi così male. E che tutti i personaggi che popolano la Beneamata hanno ragione di esistere per il fatto stesso che esistono. Che, poi, pensandoci bene, il vero traguardo sarebbe quello di permettere all'allenatore di turno di pensare unicamente alle scelte tecnico-tattiche, senza dover sbattere la testa in questioni che spettano ai piani alti. Insomma, per citare proprio il diretto interessato, le cose che non ineriscono al rettangolo verde se le devono 'puppare' la proprietà e la dirigenza, alleati perfetti per un uomo che lo scorso 22 maggio (data simbolo, sarà un caso?) ha ricevuto la benedizione di tutto lo Stato Maggiore. Fatto raro tra le mura di Corso Vittorio Emanuele II negli ultimi tempi.  


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