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Strama, l'uomo che ha portato il giallorosso a Milano: i retroscena

di Mario Garau

Esistono treni che passano soltanto una volta nella vita. Non ha perso neanche il tempo per fare il biglietto Andrea Stramaccioni, che si è subito fiondato sulla carrozza a tinte nerazzurre e si è preso in mano l’Inter. Adesso è l’uomo del momento, quello che più viene imitato, in campo e fuori. “Una persona semplice e simpatica”, lo definisce Vito Vilella, suo presidente ai tempi della Romulea. Perché il modo di approcciarsi alla squadra e ai media dell’allenatore nerazzurro ha creato una nuova ottica di vedere il calcio in Italia. Stramaccioni, 37 anni nato a Roma, rappresenta ogni persona normale che con impegno e perseveranza vive un sogno. E lo vive rendendo partecipi tutti, dal presidente al giornalista, dal terzino sottotono al tifoso. Il bello è che lo fa in una maniera assolutamente normale. Normale e speciale.

Con Vito Vilella ho ripercorso le tappe della sua crescita. Stramaccioni lega alla Romulea i suoi ricordi più intensi. Ne ha fatto parte da giocatore, da allenatore e poi da amico-collaboratore. Il numero uno del club giallorosso (“colori che porta nel cuore sempre”) ci rivela proprio i dettagli dell’accordo tra l’Inter e la Romulea. Un accordo voluto in prima persona da Stramaccioni, appoggiato da Roberto Samaden – responsabile del settore giovanile nerazzurro – e Beppe Giavardi – responsabile delle scuole calcio Inter -. “Andrea ci ha tenuto a renderci una Scuola Calcio Inter a tutti gli effetti. Grazie a lui siamo l’unica realtà nerazzurra del Lazio.”, racconta. “Abbiamo già participato a un paio di raduni tecnici, mio figlio Nicola (direttore sportivo della Romulea) è anche salito in sede”. Stramaccioni continua a fare tappa fissa, ogni volta che scende a Roma ai campi della Romulea: “Ci viene sempre a trovare, per una chiacchiera per un caffè. Ancora oggi lo sento, mi manda messaggi, dice che è pieno di lavoro e che sa di dover continuare così. Inoltre mi sprona sempre ad andare avanti con la Romulea, a non mollare”.

“Un personaggio lo è diventato”, a detta di Vilella. “Chi non lo farebbe con tutte quelle luci addosso? Forse prima non cercava sempre la battuta, come magari fa ora. Era molto più cicciottello e low profile con una tendenza ad ingrassare. Ma ha sempre fondamentalmente pensato solo al lavoro”. Ho provato a stimolare tatticamente il caro Vilella, che di difesa a tre, tridente senza punti di riferimento ed esterni pendolini non ne vuole proprio sentir parlare: “Quando Stramaccioni allenava la Romulea non si facevano troppi tatticismi, anche per la categoria giovanile. Si puntava molto sulla fame incredibile dei ragazzini, una cosa che a mio avviso gli è rimasta. E’ un soggetto parecchio stimolante che ti spinge sempre a dare il massimo”. Anche se a quella panchina giallorossa, Stramaccioni lega alcuni suoi grandi rimpianti. “Nel suo anno qui fu parecchio sfortunato. Perse la finale della categoria giovanissimi, non riuscì a realizzare il sogno di portare a casa uno dei trofei più ambiti del panorama giovanili”.

Qualche retroscena anche sul passaggio all’Inter: “Mi parlava spesso di quest’opportunità, se la sentiva. Mi presentò anche Samaden. E’ una persona molto decisa nelle scelte, anche quando è volato a Milano si è preso la moglie ed è partito. Permaloso? No, ha semplicemente carattere. Fa parte della sua impostazione”. Vilella ha un desiderio: “Spero di vedere mio figlio un giorno al suo fianco, hanno un grande rapporto e ne sarei molto orgoglioso. Per me Andrea è come un terzo figlio”.

Insomma, quello che possiamo trarre da questa chiacchierata è l’ennesima conferma della grande tenacia di Stramaccioni. Una tenacia che lo ha portato ad insediare quella parte giallorossa di sé nel mondo Inter. Un abbinamento che stona col nerazzurro, ma che colora tutta la voglia con cui Stramaccioni ha sposato in toto il progetto.


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