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Su Kovacic, Ausilio, il Milan e altre ossessioni

di Alessandro Cavasinni

Lo dico? Lo dico. Questo modo di intendere il calciomercato è nauseante. Già il solo fatto che si parli di mercato 365 giorni l'anno lo trovo deprimente. Ridurre poi il giornalismo che riguarda il pallone solo a indiscrezioni sui trasferimenti, che per gran parte delle volte si rivelano infondate o marginali, lo considero anche deprecabile. Ne va della credibilità stessa della professione di giornalista: ormai l'importante è solo avere un'informazione in più su una probabile trattativa, e chissenefrega se si sa poco di tattica, quasi zero di calcio estero o si pecca in storia del football.

Un'autocritica che ci torna utile per analizzare il fenomeno ossessivo-compulsivo che vede i tifosi protagonisti sì, ma come carne da macello. Chiaro che alla base ci sia anche l'ignoranza e la superficialità di chi legge, ma è evidente pure il dolo di chi scrive e/o parla. Ci viene raccontato che il calciomercato è la fetta che più è amata dagli utenti calciofili perché “fa sognare il tifoso”, ma in realtà, spesso, questo continuo martellamento si trasforma in un'ossessione. Proprio come diceva qualcuno che qualcosa ha vinto dalle parti di Appiano Gentile: la differenza tra sogno e ossessione.

Nasce da qui il coinvolgimento quasi maniacale per l'addio probabile o presunto di Mateo Kovacic. Ragazzo splendido, calciatore di qualità, ma ancora inespresso. D'altronde parliamo di un classe 1994. Venderlo per 25 milioni? “Eresia!”, “Tragedia!”. La verità è alquanto banale: se cedere il giovane talento croato vorrà dire rinforzare la squadra (e rinforzarla seriamente), allora sia. Altrimenti, tanto vale tenerlo e scommettere davvero sulla sua fioritura definitiva. Anche perché, nel caso, allora sì che arriverebbero bei soldini.

E qui apriamo una parentesi: è chiarissimo come la dirigenza nerazzurra negli ultimi quattro anni non abbia guadagnato con le varie sessioni di mercato la fiducia della propria gente. Inutile nasconderlo: errori di valutazione e non solo hanno accompagnato il post-Triplete. Anche volendo storicizzare, è arduo accettare tante spese spropositate e tante cessioni maldestre. Chiusa parentesi.

Si diceva di Kovacic. Il buon Mateo ha dalla sua l'età, il talento e un modo di essere più unico che raro in questo mondo patinato: come volergli male? Come non sperare che diventi un fenomeno in casacca nerazzurra? Ma da qui a pensare di stracciare il proprio tifo ce ne passa. Per carità, ognuno è liberissimo di fare ciò che meglio crede nei confini della legalità, ma l'ossessione e l'esagerazione sono tangibili.

Su questo solco è possibile rintracciare anche i patimenti per il mercato altrui. Il giochino di metà giugno è quello di mettere a confronto i movimenti di Galliani con quelli di Ausilio. “Il Milan ha preso Martinez, l'Inter prende tempo”, si legge in sostanza un po' ovunque. Spernacchiando, come solo verso l'Inter è consentito fare. Bene. Ammesso e non concesso che il Milan prenda davvero il mondo intero, qualche quesito mi sovviene: da quando il calcio si è trasformato in una corsa a chi compra di più? Non ridevate dietro a Moratti proprio perché vinceva i cosiddetti “scudetti d'agosto”, con campagne acquisto faraoniche, per poi peccare all'esame del campo? E inoltre: in Serie A giocano solo le milanesi? Perché questo sembra. Il Milan fa sfracelli? Ottimo. Ma le altre? Juve a parte, non mi par di vedere alcun movimento clamoroso da parte di Napoli, Roma, Lazio o Fiorentina. Con questo non si negano le difficoltà nerazzurre di reperire gli uomini chiesti da Mancini, che come tutti gli allenatori vorrebbe la squadra fatta e finita per l'inizio del ritiro. Ma Sneijder, per dire, arrivò a fine agosto. E fu Triplete. Paragone improponibile nella sostanza, non nella forma.

Poi magari sbaglierò, ma il mercato termina ai primi di settembre. Come dite? Ah, giusto. Il calciomercato non finisce mai. Evviva! Evviva!


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