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Suerte, Mateo: era chiaro da due giorni. Ma adesso affezioniamoci all'altro

di Fabio Costantino

Se l'Inter voleva spostare l'attenzione dall'amichevole contro l'Aek Atene ad Ancona, onde evitare ulteriori commenti sgradevoli sullo stato dei lavori in corso della squadra, ha centrato perfettamente l'obiettivo. E, vista la prestazione, ha fatto anche bene. Ovviamente si tratta solo di una casualità, però la trattativa che porterà Mateo Kovacic al Real Madrid ha letteralmente fagocitato ogni altro argomento di casa nerazzurra. Un fulmine a ciel sereno, un'operazione lampo, una grandinata improvvisa. Insomma, il meteo instabile l'ha fatta da padrone in tutti i sensi in questo 16 agosto dei tifosi interisti. Un coupe de théâtre in piena regola, inutile girarci intorno, anche se i sentori di qualcosa nell'aria c'erano, almeno per gli acuti osservatori. Alzi la mano chi non ha notato, due giorni fa, l'uscita di questa presunta offerta del Milan all'Inter per il suo numero 10, 30 milioni rifiutati con fermezza. Una sorta di antipasto del piatto forte, che sarebbe arrivato in tavola nelle ore successive, quasi fosse già scritto nel menu.

La dirigenza nerazzurra, che ha protetto il suo talento dalle voci di mercato a lungo, alla fine ha ceduto alla ragion di stato, che imponeva la necessità di ricavare fondi per terminare la costruzione della nuova squadra. E in questo caso tornano alla mente le parole di Roberto Mancini, che già mesi fa a domanda diretta circa una possibile cessione illustre tutto faceva tranne che trincerarsi: "Magari se ne parte uno bravo ne arrivano due altrettanto bravi". E allora completiamola questa campagna acquisti, visto che il dente, con un certo dolore, è stato tolto. Perché il Mancio, che viene considerato 'in confusione' sia da certi organi di informazione (che, mi si consenta, dovrebbero essere competenti e obiettivi) sia da molti tifosi interisti (alcuni lo hanno persino invitato a dimettersi...), le idee le ha chiarissime al di là degli esperimenti tattici che finora hanno privato la squadra di una sua identità a pochi giorni dall'inizio del campionato.

Tempo fa scrissi un editoriale in cui auspicavo la cessione di Mateo, interpretando a modo mio l'ormai famoso #savekovacic, hashtag caduto in disgrazia nelle ultime ore. Sottolineavo come la vendita del croato, anche a cifre più basse (all'epoca si parlava di 25 milioni dal Liverpool, figuriamoci come se ne possono rifiutare 40...), fosse necessaria non solo per la ricostruzione dell'Inter, quanto per la crescita del giovane talento di Linz, a mio dire inadatto a un calcio italiano troppo tattico. E i tentativi (vani) di trovargli un ruolo in questo pre-campionato hanno confermato la sua idiosincrasia a certi paletti, che ne fustigano la creatività. Mancini ha tentato di trasformarlo in un regista, lo ha anche spostato prima sulla mezzala, poi addirittura sull'esterno, con risultati poco edificanti.

Kovacic è in Italia dal gennaio 2013, in due anni e mezzo ha rapito letteralmente il cuore della stragrande maggioranza dei tifosi interisti, che in lui vedevano il simbolo del rilancio. Ma, a onor del vero, al di là di alcune prestazioni di alto livello e qualche gol da applausi, l'evoluzione tattica non lo ha neanche sfiorato. Non è un problema di buona volontà, lui ne ha messa sempre tanta. Ma un creativo non riesce a rimanere dentro certi schemi, è una questione di indole, di natura personale. E a 21 anni il croato ha ampiamente dimostrato di esserlo e, di conseguenza, di trovarsi nel posto sbagliato. Non l'Inter, che nella sua storia vanta artisti di prim'ordine. Bensì l'Italia, dove anche se mandi in porta tutti i tuoi compagni, se ti manca la fase difensiva resti in panchina a guardare. A meno che tu non sia un top player, e non è (ancora) questo il caso.

L'esempio di Coutinho è emblematico: andando via dall'Italia ha potuto coltivare il suo talento in un torneo, la Premier League, che privilegia agonismo (beh, obviously) e piedi buoni al tatticismo e, soprattutto, ha il denaro sufficiente per permetterselo. Fosse rimasto, ma non avremo mai la controprova, probabilmente sarebbe lentamente sparito, tra una panchina e l'altra e qualche ingresso a gara in corso per provare a dare la svolta a una situazione compromessa. Di storie come queste abbondano gli almanacchi del nostro calcio. Ben venga il Real Madrid, dunque, per Mateo. Sarà la  sua grande occasione per mostrare le proprie qualità senza dover inseguire l'avversario fino alla propria area di rigore (Bertolacci docet). Potrà confrontarsi con un torneo a lui più congeniale, circondato da campioni che non gli chiederanno di risolvere da solo le contese, ma solo di integrarsi. E la presenza di Modric in rosa lo aiuterà.

Sono contento per lui, anche se adesso sarà più complicato consegnargli il Pallone d'Oro Nerazzurro, che i tifosi gli hanno assegnato a testimonianza del loro affetto. So bene che in questo momento il malcontento sia ai massimi livelli, perché a un pre-campionato balbettante si è aggiunto questo addio inaspettato e doloroso. Per molti interisti non è solo la cessione di un giocatore di talento ancora tutto da scoprire, è il saluto definitivo a colui che incarnava le aspettative di rinascita dell'Inter, al numero 10 che con un po' di pazienza sarebbe diventato un fuoriclasse. Ma questa Inter non poteva continuare ad aspettarlo, le priorità sono altre.

Aggiungo che, paradossalmente, la cessione di Kovacic, oltre alla posta in palio, sia stata incoraggiata dalla piacevole scoperta di Assane Gnoukouri (non esaltante ad Ancona), assai più a suo agio nel ruolo che Mancini stava cercando di costruire per l'ex Dinamo Zagabria. Alla faccia dei due anni di differenza, l'ivoriano  ha dimostrato di essere meno dotato tecnicamente e meno creativo, ma più inquadrato tatticamente. Un lusso per un 19enne, una manna dal cielo per qualsiasi allenatore in Italia. Ecco, a prescindere dalle strategie immediate per l'ex Primavera (di questi tempi a escludere un'ipotesi si fa peccato), la mia sensazione è che l'Inter abbia scelto Gnoukouri come suo golden boy, liberando da questa etichetta il classe '94 di Linz. Non sarà facile, ma a questo punto mi auguro che i sostenitori del #savekovacic se ne facciano una ragione e si leghino ancora di più a questo ragazzo nato in Africa. Perché c'è bisogno di credere in un futuro migliore, a prescindere da plusvalenze e tatticismi. #adioskovacic


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