Tanti scandali, una sola conclusione: il sistema calcio italiano va rifondato
Manovre stipendi, bilanci gonfiati ed alterati, plusvalenze fittizie. Ma anche scritture private, carte segrete, accuse di falso in bilancio. Tutto bypassato con qualche punto di penalizzazione e un’ammenda in nome della ‘tutela del brand’. Nuovo giro, nuova corsa. Adesso è il turno di un altro scandalo e di altre parole chiave da cercare su Google ed altri motori di ricerca: scommesse, calcioscommesse, Giustizia Sportiva, omessa denuncia.
Dal Totonero a Scommessopoli, senza dimenticare Calciopoli: l’Italia è quel Paese in cui passa il tempo, ma non i problemi. Sempre gli stessi e quasi sempre 'risolti' (si fa per dire…) con l’immancabile jolly del patteggiamento. L’ultimo ad usufruirne è stato Nicolò Fagioli: il centrocampista della Juventus, dopo essersi autodenunciato ed aver collaborato attivamente con i pm, ha trovato un accordo che gli permetterà di tornare in campo tra sette mesi, dopo aver scontato una meritata squalifica (12 mesi in totale, 5 dei quali commutati in prescrizioni alternative). Il ragazzo (e non è l’unico, come raccontano i fatti di cronaca) ha ammesso di aver sbagliato e di aver commesso un illecito, violando l’articolo 24 del Codice di Giustizia Sportiva che parla esplicitamente di “divieto di scommesse e obbligo di denuncia”. In sostanza, “l’ordinamento federale fa espresso divieto ai calciatori ed ai tesserati in genere di effettuare qualsiasi tipo di scommessa al fine di trarne profitto. Questo anche in una prospettiva di garanzia del regolare svolgimento delle gare e dei campionati”. Che di regolare, in Italia, sembrano avere ben poco visti gli scandali che continuano ad investire ciclicamente il nostro calcio, sbattuto sulle prime pagine dei quotidiani internazionali in balìa del disprezzo generale.
Il caso - o caos, se preferite invertire qualche lettera - scommesse è solo l’ultimo campanello d’allarme che continua a suonare, ormai di continuo, dentro il pallone che rotola dal Nord al Sud del Belpaese. Un grido d'aiuto che deve essere sentito - o meglio, ascoltato - da chi dovrebbe garantire un sistema pulito, trasparente, senza quelle macchie di sporco che via via stanno diventando indelebili. Un compito che spetta al presidente della FIGC Gabriele Gravina, al numero uno della Lega Serie A Lorenzo Casini, al ministro per lo sport Andrea Abodi, che in questi ultimi mesi hanno oggettivamente toppato nella missione, confermando indirettamente una tesi: il sistema calcio italiano va completamente rifondato. O la sua credibilità continuerà ad essere pari allo zero.