This is football
Nonostante siano trascorse più di 24 ore dalla sconfitta col Liverpool, i tifosi interisti continuano a masticare amaro dopo lo 0-2 con i Reds. Ci sta, lo capisco perfettamente. Ma la partita da vincere a ogni costo, quella che può valere una stagione, era, e resta, quella di domenica contro il Sassuolo. Mi spiego meglio. Che la squadra di Klopp fosse favorita e superiore lo si sapeva, come lo saranno i nerazzurri contro i neroverdi. Adesso però, dopo una sconfitta interna europea che compromette il cammino in Champions, serve una pronta reazione in campionato, dove l’obiettivo di conquistare la seconda stella consecutivo è reale e concreto, non un sogno da inseguire come il Santo Graal nel Vecchio Continente.
Torniamo però per un secondo alla sfida di mercoledì. È vero che l’Inter ha giocato alla pari, se non meglio, contro una delle migliori compagini d’Europa per gran parte del match, ma è altrettanto vero che le partite durano 90 minuti. Come il fatto che se non tiri in porta, è impossibile che tu possa vincere. E basta per favore con la storia della fortuna o della sfortuna. Quella se volete la si può collegare alla traversa di Calhanoglu, che per pochi centimetri non ha trovato la rete dell’1-0. Ma non al risultato finale, né a un Liverpool di fatto quasi praticamente qualificato. Se il miglior attacco della Serie A fa il solletico, o quasi, a un avversario forte, ma comunque non imbattibile, i motivi possono essere molteplici. Ma se poi analizziamo anche le sconfitte col Real Madrid (soprattutto quella di San Siro) o altre gare con rivali temibili, emerge comunque il dato incontrovertibile che l’Inter sia poco cinica. Fatto 30 insomma si fa fatica ad arrivare a 31.
Inzaghi merita non uno, ma cento attestati di merito. Se la squadra gioca un bel calcio, a prescindere dall’avversario e da dove si disputi il match, il suo lavoro deve essere riconosciuto. Ma per onestà intellettuale si deve pure ammettere che nell’undici titolare la Beneamata se la può giocare con chiunque, ma la rosa non è di certo così profonda (e ovviamente Simone non ha nemmeno lo 0,1% di colpa). Il calendario asimmetrico non solo non ha aiutato poi i nerazzurri, ma è un fatto che giocare solo partite di un certo livello, una in fila all’altra, senza poter gestire le energie, come successo ai rivali in A o ai Reds in Champions, ha certamente inciso (e inciderà) su questo periodo (e su quello che sarà). Attenzione: non deve essere una scusante, ma un dato oggettivo su cui riflettere, dato che può influire davvero sull’esito di una stagione.
Adesso viene il difficile. Soprattutto a livello mentale. Se da un lato si deve ammettere la superiorità degli avversari in Europa, dall’altro non ci si deve abbattere pensando di essere diventati di colpo scarsi. Ma guai ad essere contenti per quanto successo col Liverpool. Sarebbe da provinciali e da mediocri. Non da un club riconosciuto a livello internazionale che per storia e possibilità può, anzi deve, cercare di essere competitivo in tutte le competizioni che disputa. Si deve imparare la lezione. Lavorare di più. Capire dove intervenire (per il prossimo anno) sul mercato. Guai inoltre a ritenere un buon risultato quello di non essere stati asfaltati da Salah e compagni. Non scherziamo. E soprattutto non ragioniamo come quelli felici di uscire a testa alta.
Lo 0-2 contro i Reds è un risultato severo, ma giusto, semplicemente perché se tu segni e gli altri non tirano manco in porta, cosa pretendi? This is football. L’essere una grande squadra è anche questo. Per un percorso che l’Inter deve ancora completare, almeno a livello internazionale. E con lo Scudetto e la Coppa Italia, dopo aver già vinto una Supercoppa, si velocizzerebbe. E gli applausi sarebbero davvero scroscianti.