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Tim Cup? Non m'interessa. Tanti infortuni, ecco perché. Tosel come Brass, ma preferisco la Cagnotto

di Alessandro Cavasinni

Giornate grigie per chi ama l'Inter. Tetre, oserei dire. Da anni non si viveva un biennio come questo, infarcito di errori, infortuni, polemiche. E pochi punti in classifica. Ma se l'anno scorso le percentuali erano sbilanciate nettamente dalla parte del dolo societario e tecnico, quest'anno più fattori hanno inciso su un campionato deludente.

Ho scritto più volte delle responsabilità di Moratti, di Branca, di Ausilio, di Stramaccioni, dei giocatori. Di tutti, fino ai raccattapalle. Come lo stesso ds ha ammesso prima di Cagliari-Inter, errori ne sono stati commessi, lo sanno pure loro e lo sanno bene. Una presa di coscienza importante se si vuole far tesoro dei passi falsi e ripartire da ciò che si è indovinato veramente. E, credetemi, non è poco. Parallelamente a questo discorso, però, la cronaca ci impone di evidenziare la pesante responsabilità anche del settore arbitrale. Troppo scarsi, dico io. Non in buonafede, ha asserito Moratti. La sostanza resta: Inter penalizzata. Non mi vedrete qui fare il calcolo dei punti che mancano all'appello per il semplice fatto che, come detto, nel calcio 2+2 non per forza fa 4. Però è evidente che, per puro esercizio statistico, la cifra nella casella 'P' della classifica va valutata per difetto.

L'ultima perla la firma Celi di Bari (fu di Campobasso). Soprassiede su Dessena (ma il giallo per simulazione?), si tiene su Ibarbo (ma il giallo per simulazione?) e poi crolla fragorosamente su Pinilla. Un carpiato degno dell'azzurra Tania Cagnotto, zero dubbi. Impossibile fare peggio? No, perché arriva il giudice sportivo e salva il cileno dalla squalifica. La giustificazione? Eccola: “Dall’esame della ripresa televisiva disponibile, può dedursi che effettivamente tra i due calciatori si verificò un contatto che interessò la gamba sinistra di entrambi, all’altezza del ginocchio. Un contatto di dubbia regolarità e di lieve entità, i cui effetti vennero accentuati dal Pinilla secondo un costume (rectius, malcostume), che annovera settimanalmente vari praticanti. Un condotta censurabile, quindi, ma non riconducibile a quell’evidente simulazione sanzionabile ex artt. 35, n.1.3 e 19, n. 4 lettera a) CGS, in quanto la platealità della caduta al suolo del Pinilla era pur sempre correlata ad un contatto fisico con l’antagonista, i cui reali effetti sull’equilibrio dell’avversario in movimento non sono a posteriori valutabili con certezza, nell’esclusione di ogni ragionevole dubbio".
Ora, detto che in realtà i due a malapena si sfiorano, qui si arriva a sublimare il concetto di antisportività per antonomasia giustificandolo in parte. Vomitevole. Perché se anche ci fosse stato il contatto citato da Tosel (e non c'è, chiariamo), è evidente che la responsabilità sarebbe comunque di Pinilla, che plana verso Silvestre. L'unica colpa dell'argentino è quella di rappresentare un corpo solido. Un Tosel in stile Tinto Brass, potremmo dire. “Così fan tutte(i)”, il nuovo adesivo da apporre sulle divise a partire dalla stagione 2013-14.

Altra nota dolente: gli infortuni. A catena. E tutti a dare addosso allo staff medico. Lungi da me fare il difensore d'ufficio di Combi e compagnia, va detto però che, tolti i problemi da trauma diretto, gli infortuni muscolari sono stati fino al match di Genova in un numero piuttosto limitato, sia per il calcio moderno sia in relazione alle scorse stagioni nerazzurre. Sul ko da trauma, poco da incolpare: quando saltano i legamenti, il medico c'entra poco o nulla. Tutte le squadre hanno fuori 3 o 4 giocatori a settimana per fastidi muscolari e l'Inter, nel finale di stagione, sta patendo clamorosamente lo sforzo accumulato in tutti questi mesi. Al fatto di essere stato il club a giocare più partite di tutti, poi, bisogna aggiungere il sovraccarico per alcuni causato dall'assenza di compagni di reparto. Per esempio, Palacio e Cassano pagano chiaramente sia l'assenza di Milito che il mancato apporto di Rocchi (arrivato in condizioni pietose dalla Lazio) e Sneijder (per i motivi che sappiamo). Un mancato ricambio che pesa enormemente.
E va fatta chiarezza su Nagatomo. Si sente e si legge di 'ricaduta' per Yuto, ma non è così. Il giapponese aveva accusato un fastidio al menisco durante il derby. Problema valutato con attenzione e la strada scelta assieme al giocatore fu quella della terapia conservativa. Per farla semplice: terapie, lavoro personalizzato e vediamo come reagisce l'articolazione. Ma il menisco non è un muscolo, una lesione (per quanto piccola) non passa con il riposo. E non può esserci mai una ricaduta come erroneamente detto da qualcuno. Se c'è una rottura, quella rimane: bisogna solo capire se si può giocare sul dolore o meno. Il rischio di un peggioramento esisteva, l'operazione di pulizia sarebbe in ogni caso stata obbligatoria, prima o dopo. Si è provato a far finire la stagione a Nagatomo e poi ricorrere alla chirurgia a fine campionato. Purtroppo, però, a Trieste l'articolazione ha ceduto e lì si è capito che bisogna intervenire subito. Dunque, nessun caso: soltanto scelte che risultano sbagliate a posteriori, quando è troppo facile e tanto sbagliato giudicare.

Ora, dopo il ko col Cagliari, all'Inter non resta che la Tim Cup. Stasera il ritorno con la Roma, con Stramaccioni che ha i giocatori contati sia in attacco che sulle fasce, poiché mancheranno anche Guarin e Pereira squalificati. Arrivare in finale sarebbe un miracolo e allora dico che non m'interessa nulla della Tim Cup. O meglio: viste le contingenze, sarebbe sbagliatissimo valutare il lavoro di Strama e di tutti in relazione alla partita di stasera. Occorre lucidità. Servirà andare oltre i risultati stagionali per inquadrare correttamente l'annata. Prendere in considerazione tutte le variabili, positive e negative. Solo dopo questa attenta analisi, andranno dati gli opportuni giudizi.

Spesso si cambia tutto per non cambiare nulla. Male che vada, potremmo comunque seguire il consiglio indiretto di Tosel e cambiare direttamente sport. Iscriverci a nuoto. E vorrei anche sottolineare che a Ibarbo, Dessena e Pinilla io continuo a preferire la Cagnotto. Sia chiaro: lo affermo “nell’esclusione di ogni ragionevole dubbio”.


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