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Tutta colpa di... ah, no

di Egle Patanè

Sarà colpa del whisky o sarà colpa del caffé? Nel dubbio è colpa dell'Inter. Quantomeno per Gasperini che, di solito, trova sempre il modo, il tempo e il luogo per affibbiare alla Beneamata qualche delitto del presente o qualche dose di colpevolezza come retaggio di un passato mai riuscito a mandar giù. Che poi, di ragioni per il dente avvelenato Gasp ne ha qualcuna, se non fosse che traggono origine da uno 'sgarro' tanto vecchio da passare quasi nell'oblio sportivo. Una sorta di residuo finito su un fondo di bottiglia tanto profondo da non scrostarsi neppure più e non apparire persino neppure visibile: cosa resta dunque? Liquida frustrazione lasciata sgorgare ogniqualvolta è concesso farlo per il semplice gusto di farlo. Il risultato però è un triste, a tratti patetico, giochino del piangina che non fa neppure più notizia e quel che ne resta è un misero piagnisteo di dubbia tolleranza. Non questa volta. Non ieri l'altro.

La gara di San Siro dello scorso venerdì non ha lasciato grande spazio ad alibi, lacrime e recriminazioni varie e il buon Gasp si è ritrovato a dover fare spallucce, accollare alla sua squadra (e accollarsi) le responsabilità di una partita che non ha mai visto una storia diversa da quanto raccontato dall’epilogo. E nulla ha potuto la commovente narrazione di Davide stritolato accidentalmente dal terribile e cattivo Golia, troppo astuto per permettere alla morale ellenica di trionfare, già pronta in bozze. Questa volta Golia ha giganteggiato sì, ma Davide non si è mai presentato all’appuntamento e l’assenteismo non è giustificabile dal mercato delle altre, fatto di giocatori nuovi e big “al sicuro” al fronte dei debiti da 300 milioni. Eh no. Non stavolta. 

Con una buona percentuale di giocatori non al top della forma, un Lautaro ancora lontano dalla smagliante prestanza della scorsa stagione, una quadra ancora da solidificare e qualche defezione da assorbire del tutto, l’Inter di Inzaghi sembra non essere mai andata in vacanza e quella vista a San Siro contro la Dea sembrava essere la 41esima giornata di una stagione mai conclusa. I campioni d’Italia, che di tasselli ne hanno cambiati davvero pochissimi, si son presentati al primo big match della stagione con una nonchalance da imbarazzo… per le avversarie. E a far per prima le spese è proprio la malcapitata Atalanta, protagonista della sessione di mercato appena conclusa e tra le più indicate rivali dei campioni in carica: e finisce così? 

A quanto pare sì. Un risultato frutto sì, di gravi mancanze degli orobici, ma anche e soprattutto di un’Inter prorompente, roboante e a tratti devastante che sembra persino più matura e completa dello scorso anno. Corale, solida, cinica, organizzata, agile, brillante e divertente, la squadra di Inzaghi non teme aspettative e pressioni e sebbene questo sia solo l’inizio, per Gasperini e per tutti gli altri il messaggio è chiaro: il libro delle polemiche va rinnovato in fretta, non c’è spazio per fantasia e marcature, gli uomini di Simone sono indemoniati persino più dello scorso anno.


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